Raphael Bianco, l’emergenza Coronavirus è scoppiata poco dopo il compimento dei primi vent’anni di attività della Compagnia EgriBiancoDanza. Come state vivendo questo periodo di “stasi”, all’interno di una stagione molto intensa?
Sicuramente per noi è stata una doccia fredda: eravamo avviati molto bene, con spettacoli di grande successo, da “Leonardo” a “Lo Schiacchianoci”, ben lanciati su tutto il territorio. Il Coronavirus ci ha bloccato trasmettendoci molta incertezza, dato che il comparto dello spettacolo dal vivo è stato quello principalmente colpito fin dall’inizio. Il sentimento generale era di profonda inquietudine, soprattutto non avendo alcuna idea dei sostegni che l’intero nostro comparto avrebbe potuto ricevere dal governo. Tuttavia non abbiamo mai mollato, avvertendo l’esigenza costante di allenarci e mantenere prospettive future e idee artistiche, oltre al training giornaliero. Quindi ci siamo organizzati online per allenarci vicendevolmente e sfruttare i social: questa è stata la prassi finora.
Per mantenere un contatto con il vostro pubblico, avete deciso di avviare sul web l’appuntamento #IPUNTIHOME, una selezione di video delle vostre migliori creazioni presentate in stagione. Qual è il riscontro di chi vi segue da casa?
È stato sorprendente, nel senso che, al di là del nostro pubblico abituale, abbiamo riscontrato anche una grande partecipazione di nuovi spettatori, intercettati proprio grazie agli spettacoli fruibili online. Spesso la danza fa difficoltà ad arrivare a pubblici allargati, quindi ci ha fatto molto piacere notare un’inversione di tendenza. Fin dall’avvio di IPUNTIDANZA, la stagione della nostra Fondazione diffusa su tutto il territorio, è sempre stato per me entusiasmante e fonte di orgoglio conoscere e avvicinare esperti, appassionati o semplici amatori, creando collaborare con chi condivide con noi la vita culturale della nostra Regione. Siamo stati quindi felici di aver riproposto alcuni dei lavori più apprezzati.
Frutto interessante del vostro periodo di quarantena è #HOMESWEETHOME, una coreografia nata sfruttando unicamente lo spazio domestico. Come avete lavorato per realizzarlo e cosa significa ridisegnare un appartamento con la potenza comunicativa della danza?
La tecnologia usata era molto rudimentale, ognuno di noi ha utilizzato semplicemente il proprio telefono cellulare. I danzatori si riprendevano in casa, nei vari punti concordati, mi mandavano via Whatsapp i video e io segnalavo cosa andasse bene e cosa no. Poi il nostro videomaker, Fabio Melotti, ha assemblato tutto questo materiale. L’idea era di riabitare in qualche modo quegli spazi domestici che risultavano a noi, come a tutti i cittadini, particolarmente costrittivi, in questo periodo. La danza ci ha permesso di farlo grazie alla sua valenza evocativa, che consente di esplorare con il proprio corpo anfratti di un’abitazione generalmente dati per scontati. Questa era l’idea. Vedere come cucine, letti, bagni, porte, finestre e divani potessero assumere un altro valore raccontandoci chi siamo. Negli oggetti comuni sono impresse le nostre tracce, sono specchio della nostra anima. Il risultato finale ha trasmesso messaggi di solitudine, dati dalla frustrazione per l’emergenza in corso, ma anche di speranza, rivitalizzando spazi prima percepiti come prigione.
Si sta riflettendo molto sul futuro dell’arte e dello spettacolo dal vivo, passata la crisi sanitaria. Una delle peculiarità della vostra Compagnia è sicuramente quella di non possedere un teatro proprio, ma strutturare eventi “itineranti” su tutto il territorio piemontese. State quindi anche voi ragionando sugli scenari possibili, magari incrementando l’utilizzo di spazi non convenzionali?
In questo momento è in cantiere quello che potrà essere a livello teorico lo scenario da settembre in avanti. Al di là del fatto che la danza ci piace naturalmente farla in teatro, ci sono tuttavia moltissimi altri luoghi non deputati, ma che noi abbiamo già utilizzato nel corso degli anni, come posteggi, cortili, musei. Quindi, in accordo con gli enti e le direzioni dei vari comparti, cercheremo di strutturarci al meglio per ospitare il pubblico in piena sicurezza e ideare dei lavori magari più costrittivi, perché anche gli artisti avranno dei limiti e dovranno stare attenti tra loro, ma questo aspetto sarà essere un ottimo stimolo per creare sulla distanza e da lì ripartire.
Intanto la Giornata mondiale della danza, il 29 aprile, sarà celebrata in modo virtuale. Cos’ha in serbo la Compagnia EgriBiancoDanza?
Avevamo già in programma il consuetò Gala del 26 aprile coordinato con altre istituzioni, principalmente la Fondazione Piemonte Dal Vivo. Quest’anno lo faremo virtualmente. Per tre giorni, a partire da domani, offriremo al pubblico una parata danzante virtuale, con il coinvolgimento di altre compagnie: Balletto Teatro di Torino, ZeroGrammi e l’associazione COORPI. Ognuno, da professionista, porterà il proprio lavoro online, anche attraverso lavori nuovi, con un margine di dieci minuti in cui presentarlo. Noi avremo “Giorni”, un progetto non concreto come HOMESWEETHOME, ma contenente un messaggio astratto di speranza. E sarà veicolata allo stesso tempo anche la nostra inquietudine attraverso il corpo danzate, facendo scaturire da esso emozioni da trasmettere al pubblico, pensando in particolare agli artisti che vivono questo momento drammatico di stasi.