Da lunedì Anffas Torino riapre i centri diurni disabili, chiusi a seguito del lockdown, in via Fiesole e via De Santis. “Ormai -spiega il presidente Giancarlo D’Errico - la vita pubblica è ritornata alla normalità: è tempo che succeda, seppur con le giuste precauzioni, anche per la vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie”.
“L’ASL – prosegue - sta facendo, in tempi congrui e con notevole disponibilità, i tamponi a tutti gli operatori e gli utenti: alcuni lo hanno già fatto, altri sono ancora in attesa di essere chiamati, considerando che non tutti i ragazzi con disabilità sopportano un test così invasivo, per cui in determinati casi bisognerà ricorrere al test sierologico”.
La riapertura dei centri sarà comunque progressiva. La normativa prevede che ogni stanza ospiti al massimo cinque persone tra personale e utenti; con disabili gravi e gravissimi, il rapporto non può che essere di due operatori per tre utenti (mentre normalmente, in spazi comuni, il rapporto è di un operatore per tre utenti). Nel caso specifico di quelli gestiti da Anffas, in via Fiesole ci sono 21 persone accreditate ma solo tre stanze, per quanto grandi, quindi possono rientrare al massimo 9 utenti al giorno; in via De Santis invece sono accreditati 14 utenti e le stanze sono cinque, per cui possono rientrare tutti gli utenti, ma si crea un problema di personale.
“Intanto riapriamo e diamo sollievo alle famiglie - spiega il presidente Anffas Torino -, tra chi vuole rientrare e ha già i risultati dei tamponi, organizzeremo una rotazione, è l’unica scelta possibile per dare a tutte le famiglie le stesse opportunità. A luglio e agosto, ce la caveremo con i turni, ma per settembre serve un piano preciso e servono le risorse giuste per attuarlo. Su questo aspetto dobbiamo essere chiari: l’obiettivo deve essere quello di ripristinare al 100% i servizi attivi prima della pandemia. Non è pensabile sostituire il centro diurno con l’assistenza domiciliare, che pure va sostenuta in questa fase transitoria, perché non è la stessa cosa né per la persona con disabilità, né per le famiglie”.
Un altro discorso aperto riguarda i centri residenziali, come quello di via Fiesole: “Ci sono ragazzi che non riabbracciano i loro genitori da quattro mesi, vista l’impossibilità di ricevere visite: abbiamo mandato in ASL un protocollo per regolare le visite dei parenti nel rispetto delle normative di sicurezza, con le mascherine e il distanziamento sociale non sarà il massimo, ma è già qualcosa. Più difficilmente risolvibile è invece il problema delle cosiddette “tregue”, ovvero i ragazzi del residenziale che tornavano a casa per il week end e, al contrario, di dei centri diurni che si fermavano per qualche giorno nel residenziale, proprio per alleggerire le famiglie. Con la normativa vigente, al rientro dovrebbero fare il tampone e stare due settimane in isolamento. Sono protocolli ospedalieri, ma nei nostri centri non è possibile applicarli, sia per una questione di spazi che di logica. Adesso che vedranno ragazzi che entrano ed escono nel centro diurno ospitato nella stessa struttura di via Fiesole, come possiamo spiegare a quelli del residenziale che loro invece non possono?”.