Affrontare la crisi sanitaria e le difficoltà socio-economiche che ne sono seguite sarebbe stato impossibile, nei mesi scorsi, senza l’apporto sussidiario delle grandi aziende italiane. Grande è stato l’impegno di diversi grandi nomi dell’industria italiana, tra cui non poteva chiaramente mancare la TIM di Luigi Gubitosi, ora impegnata in una nuova, importante partita: lo sviluppo di una rete 5G efficiente e capillare sul territorio italiano.
Così, dopo l’importante ruolo avuto da TIM durante l’emergenza coronavirus, Luigi Gubitosi ha posto in primo piano il ruolo dell’azienda per il “grande tema” dei mesi successivi, ovvero lo sviluppo di una rete internet capillare e “inclusiva”, in grado di ricoprire un ruolo importante per la tenuta del paese in un contesto ormai sempre più avviato ad un maggiore utilizzo di smart working e, eventualmente, di didattica a distanza.
Proprio su questi temi la big italiana delle tlc deve aver sentito proprio il ruolo guida per l’innovazione del Paese e, per questo, è intervenuta soprattutto nell’assicurare l’infrastruttura necessaria a lavoratori, professori e studenti. Certo, l’essere proprietaria e il gestire il traffico di gran parte delle linee della rete veloce hanno giocato la loro parte. Nessuno meglio di TIM avrebbe potuto assicurare, infatti, la tenuta del sistema nonostante il sovraccarico delle reti internet nelle settimane di lockdown: per parafrasare una dichiarazione dell’AD dell’azienda Luigi Gubitosi, cioè, non solo l’infrastruttura italiana ha retto bene l’aumento di traffico internet generato dal telelavoro, dalla didattica a distanza, dalla fruizione online di servizi al cittadino ma, anche, dall’uso ricreativo della Rete per esempio, ma ci sarebbe stato – e c’è nei fatti tutt’ora – ancora spazio per ulteriori aumenti consistente dello stesso.
TIM e Gubitosi, non solo rete unica: dall’aiuto alle scuole alla charity, il supporto nell’emergenza
Quello che di più l’azienda ha fatto è stato, per esempio, mettere la propria expertise a disposizione di docenti e responsabili scolastici chiamati alla prova, lo scorso marzo, di un passaggio al digitale quasi forzoso. WeSchool si chiama la piattaforma TIM per la didattica a distanza che ha permesso alle scuole di creare ambienti virtuali su cui condividere materiali, dare il via a thread di conversazioni tra docenti e alunni, creare moduli di verifica. Tramite la community lascuolacontinua.it, invece, l’azienda ha creato sinergie con altri soggetti, Google in primis, che stavano fornendo supporto alle scuole alle prese con la DAD e le ha aiutate soprattutto a individuare risorse gratuite per professori e studenti. L’help desk di TIM è servito, poi, soprattutto come supporto tecnico nell’integrazione tra device , suite collaborative, strumenti per la condivisione in cloud. Questi mesi di serrata sono stati, del resto, la conferma che se esiste in Italia un digital divide, ed esiste, è un divario che non consiste tanto nella difficoltà materiale di accesso a connessioni e tecnologie in Rete, quanto nella mancanza di familiarità con esse e non solo nelle fasce più anziane o più deboli della popolazione. La sfida per il futuro più imminente, e per cui si avrà bisogno ancora della collaborazione di tutte le parti sociali, sarà investire su più e migliore cultura digitale.
Per tornare all’impegno della TIM di Gubitosi durante l’emergenza COVID-19, comunque, come per molte altre big italiane, ha preso anche la forma di charity. L’azienda ha da subito fatto donazioni ad alcuni degli ospedali in prima linea nella lotta al coronavirus (lo Spallanzani di Roma, il San Raffaele di Milano, il Pascale di Napoli) e coinvolto i propri stessi dipendenti in una raccolta fondi. Tramite l’omonima Fondazione, e come spin-off dell’Operazione Risorgimento Digitale in cui da qualche anno l’azienda è impegnata, sono stati avviati invece per il futuro una serie di progetti per l’integrazione di tecnologie avanzate e terapie mediche.