Dopo il successo di Come out! Stonewall Revolution di Margherita Mauro e Michele Rho, andato in scena al Teatro Astra di Torino dal 13 al 15 ottobre, la venticinquesima edizione del Festival delle Colline Torinesi, proposto in forma estesa e diffusa fino ad aprile 2021, prosegue la programmazione di ottobre con due titoli di altissimo rilievo.
Il 20 ottobre il pubblico dell'Astra potrà assistere, in prima nazionale, a Una vera tragedia, spettacolo vincitore del premio Scenario 2019, produzione LAC Lugano Arte e Cultura in coproduzione con Teatro i. Sul palco, Alessandro Bandini, Flavio Capuzzo Dolcetta, Alfonso De Vreese, Marta Malvestiti, la regia è firmata da Alessandro Bandini e Riccardo Favaro, che ha anche scritto il testo.
Una coppia attende, nella sala della propria casa, l’arrivo di un Figlio che immediatamente si rivela essere un altro Ragazzo. Così come Padre e Madre, nel corso della serata, non restano i genitori ma cambiano funzione e ruolo, cercando di costruire un passato comune che non può esistere se non attraverso l’esplorazione di relazioni sempre più compromettenti. Uno schermo, sul fondo, proietta il testo dello spettacolo che avanza indipendentemente da quanto accade in scena, commentando e sottolineando musiche ed effetti sonori, fino a coprire i silenzi che si creano quando gli stessi interpreti non riescono più ad assecondare il meccanismo. E al termine della notte la polizia irrompe in casa dopo aver ritrovato il cadavere di un giovane. Così l’unico modo per interrompere la tortura della rappresentazione è tornare indietro: tutto quello che segue è la ricostruzione della scomparsa del vero Figlio, del suo ritorno a casa, di tutto ciò che è successo prima.
Dal 23 al 25 ottobre, invece, il palco di via Rosolino Pilo 6 ospiterà, in prima assoluta, Nel lago del cor di e con Danio Manfredini, con musiche composte ed eseguite dal vivo da Francesco Pini e disegni dello stesso Manfredini.
Lo spettacolo viene prodotto da La Corte Ospitale. Il titolo fa riferimento a un verso di Dante Alighieri nel Canto primo dell’Inferno: indica il luogo più intimo, profondo del sentire umano. Il progetto artistico nasce da una visita di Manfredini ad Auschwitz e da documenti fotografici e cinematografici sui campi di concentramento da lui trasformati in magnifici disegni prima che in materia drammaturgica.
Ci sono echi di Primo Levi, di Hannah Arendt, di Zalmen Gradowki, memorie di filmati d’epoca, di film, di fotografie. Ed è la musica ad accompagnare la discesa in quell’inferno, la ricognizione nel più grande scandalo della storia del ventesimo secolo.
"Il sonno - spiega lo stesso Manfredini - è abitato dai fantasmi che tornano, un uscire dal lager per rientrarci continuamente in un incubo ricorrente, quando di notte il presente del sonno e il passato si condensano nel sogno in una dimensione fatta di miseria, morte, pioggia, neve, freddo, paura. Il deportato appare come un fantasma, figura onirica, il giovane che era nel lager. Un soldato liberatore del lager appare nel sogno con le sembianze di un angelo accompagnatore per rientrare in quell’inferno: con la musica, il canto, la presenza, rende più sopportabile l’entrata in un mondo duro che contempla in continuazione la vita come la morte. Il deportato cade lì, in quel varco della coscienza, un buco nero che ha accompagnato l’esperienza di molti sopravvissuti ai lager, segnati in seguito da quella che fu definita sindrome da campo di concentramento".
Per informazioni: www.festivaldellecolline.it