E’ una resistenza portata avanti a colpi di creatività quella messa in campo da i commercianti del centro storico di Torino per far fronte alle difficoltà portate dalla pandemia. In via del Carmine, via dei Quartieri, via Piave e zone limitrofe, a poche ore dal lockdown, i commercianti raccontano gli sforzi profusi per andare avanti nonostante un contesto di estrema difficoltà.
Tra chi ha attivato le consegne a domicilio e chi ha stravolto gli orari, passando per i negozianti che hanno fatto di tutto per mettere in sicurezza i loro esercizi commerciali in questi mesi difficili, la voglia di mollare non è contemplata. Gli sforzi però potrebbero non bastare. Ecco perché, alla luce di una nuova imminente chiusura, anche la presidente dell’associazione commercianti Centro Storico di Torino, Antonietta Altamore, afferma: “Non vogliamo che le scadenze vengano bloccate e posticipate, serve un anno fiscale congelato”.
“Non abbiamo avuto un incremento tale da recuperare i mesi persi. Siamo stati in perdita dalla riapertura, noi ci possiamo tirare su le maniche come vogliamo, ma il fatturato è diminuito” dichiara Altamore, titolare di Conteiner Concept Store. Da queste parti, come detto, c’è chi non si è fatto prendere dallo sconforto e ha stravolto tutto pur di ritagliarsi un futuro. Un caso eclatante è quello della caffetteria-libreria “Le Altalene”: dopo aver acquistato scatolone di libri per Portici di Carta, poi saltato causa Covid, le titolari hanno aperto la domenica (giorno di chiusura) e nello spazio del dehors hanno allestito una libreria a cielo aperto, giocando con il discorso dei “portici di carta” sotto il ponteggio installato nel loro palazzo.
La cancelleria CartoDigital, invece, è passata a fare l’orario continuato e ha attivato le consegne a domicilio. Il negozio Goblin Torino, punto di riferimento per i giochi da tavolo, ha allestito un dehor per permettere ai clienti di rispettare la fila in maniera ordinata e senza creare assembramenti. La stessa Altamore, per quanto riguarda la sua attività, racconta: “Io, che ero chiusa il lunedì mattina, vado a prendere le misure a casa dei clienti, proprio per non farli venire qui fisicamente e definire insieme i mobili da comprare”.
Ci sono poi gli sforzi dei bar, dei ristoranti e dei bistrot o le enoteche: da queste parti c’è chi ha deciso di aprire a pranzo anziché la sera come il pub Taproom birrificio San Michele, chi invece come il bistrot Vicolo di Vino ha attivato l’asporto, le consegne a domicilio e aperto per colazione e chi come Le Fanfaron e La Tana si è convertita al delivery o ha modificato gli orari. Insomma, prove creative di resistenza, di resilienza contro le chiusure e lo smartworking che hanno dato una botta non indifferente al commercio. “Non demordiamo, nonostante le difficoltà” ribadisce la presidente dell’associazione commercianti Centro Storico di Torino.
La sensazione però è che l’inventiva dei commercianti non possa bastare, se non accompagnata da un deciso intervento delle istituzioni: “Siamo a poche ore da un possibile lockdown, ci troveremo in estrema difficoltà. Ci possiamo tirare su le maniche come vogliamo, ma il fatturato diminuirà radicalmente. Chiediamo da mesi, tramite le associazioni dei commercianti, sgravi fiscali. Non vogliamo che le scadenze vengano bloccate e posticipate, serve un anno fiscale congelato. Cancellato. Non mi serve che abbiamo bloccato per marzo, aprile, maggio gli F24 dei dipendenti per poi farmeli pagare a settembre. Non abbiamo avuto un incremento tale da recuperare i mesi persi. Siamo stati in perdita dall’apertura”, è il quadro delineato dalla commerciante.
“Dateci la possibilità di lavorare, non voglio un contributo: vogliamo poter lavorare in sicurezza, per me, per i nostri dipendenti e i clienti che vengono nelle nostre attività” è l’appello di Altamore, a nome dell’associazione Centro Storico di Torino di cui fan parte oltre trenta operatori del commercio. Persone che sanno bene quanto si sia investito per mettere in sicurezza la propria attività con gel, mascherine, plexiglas e sanificazioni continue. “In questo momento i posti più sicuri dove poter stare sono i negozi, le piccole attività piuttosto che i bus. Non so se chi è seduto alla poltrona ha preso i mezzi pubblici: decidere oggi per domani che la capienza dei mezzi pubblici deve essere portata al 50% non serve, la frittata è fatta ormai. Andava deciso prima, c’erano molte possibilità, Decidere a ottobre o novembre non ha senso: il vero veicolo è quello”.
La richiesta di non bloccare tutto pare destinata a cadere nel vuoto. Il Piemonte entrerà in un lockdown soft che comporterà comunque la chiusura di molte attività commerciali. Ecco perché, mai come oggi, la richiesta dei negozianti diventa ancora più importante: un anno fiscale congelato, per non vanificare i loro sforzi e la loro forza di volontà nel tenere aperti i negozi, salvaguardando il tessuto commerciale e sociale di Torino.