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Economia e lavoro | 12 novembre 2020, 19:27

Personale esternalizzato delle biblioteche di Unito, mobilitazione destinata a proseguire

"L’assemblea del 10 novembre è solo un inizio di una mobilitazione di difesa del nostro reddito e della nostra salute come lavoratrici e lavoratori di un servizio pubblico che non chiedono assistenza ma il preciso riconoscimento della possibilità di svolgere il proprio lavoro in condizioni accettabil"

Personale esternalizzato delle biblioteche di Unito, mobilitazione destinata a proseguire

Il 10 novembre si è svolta una partecipatissima assemblea del personale esternalizzato delle biblioteche di Unito. Lavoratrici e lavoratori sono intervenuti ripetutamente per sottolineare le difficoltà che oggi subisce chi si trova a dover lavorare con il pubblico durante un’emergenza sanitaria che si fa ogni giorno più grave.

Nonostante il disagio sempre più forte lavoratrici e lavoratori hanno rifiutato l’alternativa che imprenditori e governo stanno ponendo a chi vive di lavoro: o lavori senza sicurezza o finisci in cassa integrazione al 40% dello stipendio. La richiesta forte venuta dall’assemblea è stata quella di continuare a lavorare nella più totale sicurezza.

In particolare ci rivolgiamo all’Università di Torino, che è stata pure formalmente
diffidata, perché ripristini le condizioni annunciate col protocollo di sicurezza varato nel momento della riapertura delle varie sedi al termine della prima ondata della pandemia.

Per lavorare in sicurezza sono necessarie:
1. Sanificazioni delle aree utilizzate dal pubblico a metà giornata;
2. controllo temperature all’ingresso;
3. posizionamento di cestini sanitari chiusi;
Purtroppo oggi queste misure base, che garantirebbero il minimo di sicurezza necessario per lo svolgimento del lavoro all’interno dei palazzi dell’Università, non vengono rispettati.

Chiediamo solamente che l’Università degli Studi di Torino applichi il protocollo varato nel maggio 2020.

Sempre sul tema della sicurezza lavoratrici e lavoratori hanno riportato il disagio ancora maggiore di chi lavora nelle strutture bibliotecarie ospedaliere e di chi è costretto all’utilizzo costante dei mezzi pubblici, categorie per le quali chiediamo un immediato investimento in D.P.I., nello specifico in mascherine ffp2 in luogo delle chirurgiche oggi utilizzate.

Inoltre i lavoratori e le lavoratrici hanno denunciato che la variazione dell’orario di chiusura dei palazzi dell’Università ha avuto come conseguenza l’impossibilità di effettuare per intero l’orario di servizio per molte/i. Richiediamo con forza all’università e alla ditta appaltatrice, la Cooperativa Culture, l’attivazione per queste colleghe e colleghi della modalità parziale del lavoro agile, permettendo così di salvaguardare così tanto il reddito delle lavoratrici e dei lavoratori, che la
continuità del servizio.

Riteniamo infine che tale modalità potrebbe risultare quella più adeguata per salvaguardare la salute di lavoratrici e lavoratori con situazioni di fragilità personale o familiare.

L’assemblea del 10 novembre è solo un inizio di una mobilitazione di difesa del nostro reddito e della nostra salute come lavoratrici e lavoratori di un servizio pubblico che non chiedono assistenza ma il preciso riconoscimento della possibilità di svolgere il proprio lavoro in condizioni accettabili che tutelino tanto noi quanto studenti, docenti e ricercatori che frequentano l’Università. Vogliamo
risposte chiare o non ci fermeremo.

comunicato stampa

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