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Cultura e spettacoli | 16 novembre 2020, 10:15

Nel nuovo "Fahrenheit", attori e pubblico salvano i libri dall'oblio: "Creiamo memoria di comunità"

Ispirato al romanzo di Bradbury, il progetto della compagnia Il Mulino di Amleto si concluderà a dicembre. 32 i titoli finora selezionati, da Dostoevskij a Melville. Sei diventeranno delle performance

Foto di Alessandro Salvatore

Foto di Alessandro Salvatore

Bruciare sempre, bruciare tutto. Il fuoco splende e il fuoco pulisce”. Così scriveva Ray Bradbury nel 1953, in quel fantascientifico capolavoro iconico che è Farheneit 451, inno alla custodia della cultura e della memoria in un tempo distopico e dispotico, dove la lettura è proibita. Una storia ben nota, anche grazie all’indimenticabile trasposizione cinematografica di François Truffaut. Il protagonista, Guy Montag, è un pompiere, appartenente alla cosiddetta “milizia del fuoco”, come suo padre e suo nonno prima di lui. Il suo compito è di appiccare roghi alle case di coloro che hanno violato la legge, nascondendo libri. L’incontro con un’isolata comunità di sovversivi, fuggiti dalla società, gli aprirà una finestra di ritrovata speranza sul futuro della trasmissione orale del sapere umano. 

Proprio a quest’immagine si aggancia il progetto “Farheneit” della compagnia torinese Il Mulino di Amleto, percorso artistico per spettatori teatrali e interpreti, avviato nel mese di ottobre e diretto da Marco Lorenzi e Alba Maria Porto, con gli attori Roberta Calia, Yuri D’Agostino, Francesco Gargiulo, Barbara Mazzi, Raffaele Musella e Angelo Maria Tronca. Ancora in corso fino a dicembre, vede il sostegno del Bando Tap – Torino Arti Performative 2020 della Città di Torino, in collaborazione con Fertili Terreni Teatro e ACTI Teatri Indipendenti.

“Tutto è cominciato nel cuore del primo lockdown - spiega il regista Lorenzi -. Avvertivamo un fortissimo senso di smarrimento rispetto a quello che stavamo vivendo. Ci siamo chiesti: in un tempo sospeso, dove tutto è stato bruscamente interrotto, noi a cosa serviamo, qual è la posizione dell’artista all’interno della comunità? Dopo una serie di riunioni a distanza, su Zoom, con tutti i collaboratori della compagnia, il libro di Bradbury ci è venuto in aiuto. Il protagonista incontri degli esuli, che vivono nascosti, e ognuno di loro ha imparato a memoria un grande libro della storia. Gli dicono: se ti chiederanno cosa facciamo, tu risponderai: noi ricordiamo. Ecco, in un momento come questo, dove i luoghi della cultura sono stati i primi a essere chiusi, il fatto che sia così semplice fermare tutto, giudicando cinema, teatri e sale concerto come materie non essenziali, beni non di prima necessità, quel tipo di messaggio ci è sembrato particolarmente toccante e infuocato”.

Da lì, la scelta di selezionare ciascuno un romanzo, interrogandosi sul perché non dovrebbe essere bruciato, e sviluppare quindi un nuovo concetto di performance. “Ogni artista - continua Lorenzi - ha compito di dare vita a un processo creativo nella forma di monologo, ma non solo. Il mese scorso, prima dell’entrata in vigore dell’ultimo Dpcm, abbiamo aperto i nostri incontri e le prove al pubblico, invitando, nella sala di San Pietro in Vincoli, un numero contingentato di spettatori ad assistere e portare, a loro volta, alcune pagine di libri per loro significativi. Questo perché l’operazione di memoria non avrebbe ragion d’essere se non ci fosse l’altro, il destinatario, proprio come il teatro è lo spazio connettore di due grandi anime che lo riempiono, l’artista e chi lo guarda”.

“Negli incontri che siamo riusciti a fare in presenza, la discussione sul materiale raccolto è stata molto vivace e costruttiva - racconta Lorenzi -. Dalla pagina del romanzo si passava piano piano alla rappresentazione, lo spettatore era attivo e partecipe. Per noi era fondamentale capire se quello che l’attore stava esplorando funzionasse. E ci è servito molto. Stiamo raccogliendo una gigantesca biblioteca ideale con tutti i libri che gli spettatori stanno continuando a proporci. Dietro ciascuno, c’è la storia di un essere umano”.

Tra i tanti titoli scelti dai lettori, “Nessuno è come qualcun altro”, di Amy  Hempel, "Antichi Maestri”, di Thomas Bernard, "Il figlio di Noé”, di Éric-Emmanuel Schmitt, “Siddharta”, di Herman Hesse, "Notre-Dame Paris”, di Victor Hugo, i “Racconti”, di Edgar Allan Poe e “Memorie delle mie puttane tristi”, di Gabriel Garcia Marquez.

Protagonisti delle performance del Mulino di Amleto, sono, invece, “Orlando Furioso”, di Ludovico Aristo, “Saltatempo” di Stefano Benni, “L’altro mondo”, di H. S. Cyrano de Bergerac, una doppietta firmata Fëdor Dostoevskji, con “Il Grande Inquisitore”, tratto da “I fratelli Karamazov”, e “Delitto e castigo”, e “Moby Dick” di Herman Melville

Ora, annullati gli incontri con gli spettatori dal vivo, l’ensemble artistica ha deciso di portare avanti online, almeno in parte, il contatto con il pubblico partecipante. “Fahrenheit - sottolinea ancora Lorenzi -  si fonda su quattro pilastri fondamentali: comunità, diffusione culturale, costruzione di una grammatica per gli spettatori e restituzione della performance. È chiaro che tutti richiedano la presenza fisica. Delegare al lavoro in remoto un processo così fondamentale è stridente e rischioso. Ma abbiamo comunque scelto di organizzare alcuni appuntamenti digitali, una finestra di mezz’ora, massimo un’ora, in cui accogliere i nostri ospiti per aggiornarli sull’avanzamento del lavoro e continuare a parlare dei romanzi”.

Inserito nel cartellone di Fertili Terreni Teatro, il progetto avrebbe dovuto debuttare sul palco di San Pietro in Vincoli il 12 e 13 dicembre, con una grande due-giorni di lavoro aperta al pubblico, una performance dietro l’altra. “Questo non sarà possibile - conclude Lorenzi -, quindi, realisticamente, stiamo ipotizzando comunque di mettere in scena una restituzione, in quei giorni. Non dovrà essere un semplice spettacolo in remoto, ma una sorta di spin off di Fahrenheit. Più che un esito, sarà quindi una tappa intermedia di un lavoro ancora in progress”. 

Manuela Marascio

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