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Politica | 11 dicembre 2020, 20:04

Verso Torino 2021, il centrosinistra guarda alle primarie: intervista a Enzo Lavolta [VIDEO]

Il candidato del Partito Democratico: “Abbiamo bisogno di affrontare con determinazione la transizione ecologica del nostro territorio. Dobbiamo trattenere i giovani, l’ossessione che ho è quella di creare nuove opportunità di lavoro”. Sulla mobilità: “Basta demonizzare l’automobile, la città dovrebbe far salire il cittadino a bordo di una nuova strategia di mobilità sostenibile”

Verso Torino 2021, il centrosinistra guarda alle primarie: intervista a Enzo Lavolta [VIDEO]

Torino si avvia verso le elezioni amministrative del 2021 e nel centrosinistra il percorso che tramite le primarie, Covid permettendo, porterà alla scelta del candidato sindaco. Tra le figure che hanno fatto un passo avanti, dichiarando la propria disponibilità a concorrere per diventare la figura di riferimento della colazione, vi è Enzo Lavolta

Ex assessore all’Ambiente della Città di Torino, consigliere del Partito Democratico e vice presidente del Consiglio comunale, Lavolta ha dedicato più di metà della sua vita alla politica. Mettendo in cima alla sua agenda ambiente e la valorizzazione del capitale umano, l’esponente democratico ha rivelato quella che è la sua idea di Torino che sarà, una città che dovrà per forza affrontare con idee e programmazione la crisi post-Covid.

- Lei si è candidato alle primarie del centrosinistra: che progetto ha in mente di avviare per Torino? Quali sono i punti cardine della sua candidatura? 

Io vorrei una Torino robusta, laboriosa e innovativa. Una città nella quale vale la pena vivere e far crescere i propri figli. C’è bisogno di irrobustire le politiche industriali, di ribadire che Torino è una capitale industriale e che qui albergano competenze. Questa è una capitale dell’Innovazione, abbiamo bisogno di dire che vogliamo che il distretto dell’aerospazio continui ad essere un punto di riferimento nazionale e internazionale. Lo stesso vale per l’automotive, Mirafiori deve continuare a essere riconosciuta come quello straordinario spazio in cui confluiscono le competenze. C’è bisogno di investire in un futuro coerente con l’agenda che ci suggerisce l’Europa. Torino deve puntare su una transizione ecologica e su una transizione digitale. La città torni a essere una capitale in grado di alzare il livello di ambizioni e si rende riconoscibile in termini di attrattività. Dobbiamo far venire voglia di fermarsi in questa nostra città, di investire in questo territorio: serve rendersi riconoscibili agli occhi dei più come un luogo in cui la cultura è centrale, nelle corde e nell’opinione dei torinesi il punto di riferimento per aggregare e qualificare i nostri momenti liberi.

- Torino è una città che attira giovani grazie agli Atenei, ma poi non riesce a trattenerli. Come si inverte questo trend? 

Io dico basta. Non ci ripetiamo più che Torino è una città universitaria, lo sappiamo: sono più di 100.000 gli studenti universitari che ogni anno studiano all’Università e al Politecnico di Torino. Ma non basta. C’è bisogno che a quei giovani vengano date concrete opportunità perché l’investimento in capitale umano che il sistema pubblico fa, insieme alle loro famiglie, garantisca in questo territorio delle ricadute concrete. Allora la Città deve favorire che quei giovani decidano di fermarsi, magari mettendo a disposizione delle risorse per incentivare l’affitto per una casa o l’affitto per una prima casa. Un’altra idea potrebbe essere quella di garantire la gratuità del trasporto pubblico per almeno 3 anni agli studenti più meritevoli, a quelli che conseguono la laurea con i migliori voti. Dobbiamo metterci nelle condizioni perché si creino nuove opportunità di lavoro. L’ossessione che ho io in questa fase è quella di creare nuove opportunità di lavoro.

- Il sindaco di una grande città non potrà non toccare il tema ambientale: come si affronta questa sfida?

Questo è il tema che mi sta più a cuore, per tanti motivi. Credo che rappresenti il centro e il fulcro della prossima agenda urbana di Torino e di tutte le città o capitali europee. Abbiamo bisogno di affrontare con serietà e determinazione la nuova transizione ecologia del nostro territorio. Dobbiamo farlo dando il buon esempio con il nostro patrimonio pubblico: sono contento di aver finito in queste ore un lavoro importante su quello che dovrebbe accadere sugli edifici della città di Torino. Abbiamo 830 immobili che possono essere oggetto di efficientemento energetico, questo consentirà di recuperare risorse, ridurre l’impatto ambientale. Abbiamo competenze che dobbiamo riconoscere e coinvolgere, a Torino ci sono centri di ricerca che rappresentano un’eccellenza ad esempio nel campo dell’idrogeno e bisogna far si che la città sia riconoscibile da questo punto di vista. Queste competenze straordinarie possono caratterizzare lo sviluppo delle nostre società partecipate e favorire che questa transizione ecologica diventi anche un’opportunità occupazionale per tanti giovani, competenze e protagonisti del futuro della nostra Torino.

- Dalla Gondrand alle Poste di via Monteverdi, passando per la Manifattura Tabacchi: in città le aree dismesse, potenzialmente luogo di rilancio, sono abbandonate al degrado. Qual è la sua idea per recuperarle e ridarle nuova vita?

Dalla crisi industriale a oggi abbiamo assistito a una riconversione di buona parte di questi edifici. Alcuni luoghi sono diventati luoghi di incubazione, di idee, di innovazione sociale. Questo però negli ultimi anni non è più avvenuto, anzi. La poca attrattività del nostro territorio ha fatto si che molti di questi edifici siano oggetto di bando pubblico, ma nessuno li acquista. Nessuno offre opportunità e risorse. Quello straordinario patrimonio della città di Torino e quegli edifici dismessi, memoria della Torino industriale che non c’è più, devono essere messi a disposizione del futuro. L’amministrazione, piuttosto che tenerli così abbandonati e degradati, o aspettare che arrivi un’offerta non coerente con il valore di quelle aree, dovrebbe favorire dei contratti di inserimento: dovrebbe mettere nelle disponibilità degli interlocutori non solo l’idea di accompagnare delle idee di investimento utili alla città, ma favorirne l’atterraggio sul territorio, magari riducendo l’imposizione fiscale e l’aggravio in termini di tributi.

- Il prossimo sindaco si ritroverà ad amministrare una città in ginocchio a causa della pandemia. Come si affronta la tematica sociale? Come si risana quella frattura che rischia di lasciare indietro una grande fetta i popolazione?

Io penso che la crisi derivante dall’emergenza sanitaria abbia aggravato però una difficoltà che c’era già. Una crisi economica e sociale che caratterizzava la nostra città: negli ultimi anni, nel cercare di riorientamento la spesa pubblica, sono state ridotte le risorse a disposizione del Welfare. Una scelta che non condivido. Ma non è solo una questione di risorse economiche, è anche una questione di non saper riconoscere il valore delle tante reti che garantivano un presidio territoriale in città. L’obiettivo della prossima amministrazione sarà quello di ritornare a ricostruire e riconoscere il valore sociale di quelle reti, degli interlocutori. Mi auguro che si possa riconoscere il vero valore della prossimità: la capacità di avere un’amministrazione diffusa nei territori, con presidi riconoscibili, punti di riferimento che non solo sappiano intercettare i bisogni ma sappiano anche dare risposte concrete.

- Circoscrizioni. Un valore aggiunto o un ente da riformare?

L’amministrazione centrale ha ingaggiato un tenzone con le Circoscrizioni, immaginando che queste fossero spazi politici non sufficientemente capaci di dare risposti ai cittadini. Lo ha fatto con una strumentalità esagerata e dannosa. Le Circoscrizioni nascono come un momento di prossimità, un Governo del territorio decentrato, luoghi di partecipazione e spazi in cui far convergere istanze e bisogni concreti, puntali. Negli ultimi anni le Circoscrizioni non lo sono più state perché il Governo centrale non ne ha riconosciuto il valore e ha ridotto i trasferimenti, tagliando gli strumenti a loro disposizione. La riforma appena approvata dal Consiglio comunale sul riassetto delle Circoscrizioni credo sia però un primo segnale positivo, bisogna garantire quelle risorse affinché il cittadini che voglia rivolgersi al presidente della Circoscrizione sappia effettivamente quali sono poteri e competenze che questi ha. Deve essere messo nelle condizioni di poter interloquire con un soggetto capace di guardarlo negli occhi dicendogli che può risolvere il suo problema. Se non ci sarà questo, se non ci sarà un adeguato riconoscimento economico del valore delle Circoscrizioni e un personale politico adeguato e all’altezza di questa importante sfida, io ho paura che il valore del decentramento sarà ulteriormente impoverito a Torino. E’ particolarmente grave in una città che ha fatto scuola dal punto di vista del diritto e della partecipazione. 

- Questione trasporti e mobilità: tra ciclabili, pedonalizzazioni e disincentivo all’utilizzo dell’auto, Torino ha intrapreso una strada “giusta”? Qual è la sua visione in termini di mobilità e viabilità?

La Città di Torino ha già degli strumenti di pianificazione importante: penso al Piano Urbano della Mobilità Sostenibile o al Biciplan. Questi non debbono essere strumenti da agitare per demonizzare l’automobile, per dire che l’automobilista è brutto e cattivo. Anzi. La città dovrebbe far salire il cittadino a bordo di una nuova strategia di mobilità sostenibile i tanti cittadini che non sono oggi da questa persuasi. Per farlo però bisogna potenziare il trasporto pubblico, non indebolirlo. Non bisogna sopprimere le fermate, bisogna aumentare. Non bisogna ridurre il dialogo con i sindaci della prima cintura, bisogna rafforzare politiche di mobilità sovra comunali. Mi dispiace che in questi anni il dialogo con i Comuni sia stato mortificato dalla Città di Torino e che nel 2020 non si sia ancora in grado di dire quando ci sarà la seconda linea della metropolitana.

Andrea Parisotto

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