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Cultura e spettacoli | 12 dicembre 2020, 07:40

Oggi parliamo di Libertà, tra solitudine, accettazione e paura del silenzio

Una sola parola può racchiudere diversi significati. Ma a volte il dizionario non basta. Dai filosofi ai poeti, ognuno dà il suo significato di "libertà"

Omar Saggiorato, Rinascita

Omar Saggiorato, Rinascita

Il noto cantautore Fabrizio Moro, in un suo successo del 2008, cantava: “Voglio sentirmi libero da questa onda, libero dalla convinzione che la terra è tonda, libero libero davvero non per fare il duro, libero libero dalla paura del futuro, libero perché ognuno è libero di andare, libero da una storia ch’è finita male. E da uomo libero ricominciare, perché la libertà è sacra come il pane, è sacra come il pane, è sacra come il pane”.

Sì, cari #poetrylovers, avete capito bene: oggi si parla di pane.

Scherzo! Non ci sarete cascati?!

Lascerei gli argomenti culinari per fine anno, se siete d’accordo.

Libertà. Ecco la vera protagonista.

Libertà d’espressione, libertà di scelta, libertà d’essere, libertà di professare un credo, libertà di parola, libertà sessuale… Libertà da tutte le parti.

Cominciamo col darne la definizione “ufficiale”: 1 Stato di chi è libero; condizione di chi ha la possibilità di agire senza essere soggetto all'autorità o al dominio altrui; 2 Diritto di operare le proprie scelte e di agire secondo le proprie convinzioni senza ledere gli altrui diritti e rispettando le regole di un sistema organizzato; 3 Condizione di chi è libero da vincoli, da impedimenti, da costrizioni; 4 Facoltà, potere; 5 Arbitrio, licenza (dizionario della lingua italiana Hoepli Editore, 2019).

Scegliete pure la sfumatura che più vi piace, che vi cattura per prima, che comunica; impossibile non ritrovarsi con gli esempi diligentemente riportati dai vocabolari.

Tuttavia, la mia malattia barra deformazione professionale barra maledizione, mi obbliga a ricercare con cura maniacale il senso profondo delle cose. Tutte loro. E per -cose- intendo concetti di largo consumo ma di stretta applicazione.

Quando e dove ci si può considerare liberi? Perché? Cosa lo prova? Chi decide?

Domande, domande, domande, faccio sempre un sacco di domande. Lo so. Ma non è vero che la risposta si trova spesso proprio nell’interrogarsi? Ops, mi sono appena accorta di averne posta un’ennesima.

Basta: è il momento di dare un po’ di corpo a questa meravigliosa parola, “Libertà”.

La sua stessa idea spiazza, a pensarci bene. Svuotati dai legami, dalle regole morali, dalle leggi secolari, dalla religione, dalle convenzioni sociali, dalla razionalità, restiamo solo noi.

Resta l’uomo, la donna, grezzi perché pieni di possibilità, come cellule staminali.

Siamo talmente abituati a “riempire” le nostre vite come un sacco della spesa, di “cose” appunto, da non aver lasciato spazio al coraggio di desiderare. E, ancor prima, di ascoltarsi.

Il silenzio ci fa paura; lo cacciamo, soffocandolo con il caos che altri hanno stabilito meritare la precedenza.

E neppure possiamo affidarci al quando e al dove (prima domanda): in base al periodo storico, al nostro stato d’animo e al luogo in cui si vive, infatti, il concetto di Libertà muta profondamente. Radicalmente, addirittura. Per qualcuno potrebbe essere rappresentato dal fatto di possedere una casa e disporre di cibo, per altri dall’accesso all’istruzione, ancora dalla possibilità di viaggiare, di poter uscire la sera senza temere aggressioni, da un buon libro, dall’indipendenza economica o sessuale, dal guidare un’automobile sportiva, dal comprare e fare ciò che ci va, dall’amare.

Potremmo pensare che non tutti i casi elencati abbiano la stessa importanza. Che, anzi, siano piuttosto superficiali.

Sì. E no.

Ricordate la domanda n. 4? Chi decide.

Decidi TU. Decido IO. Decide chi ha la facoltà di decidere. Non si tratta di anarchia: esiste una zona grigia, tra il rispetto verso l’altro e l’adozione di norme di comportamento necessarie a questa convivenza, in cui possiamo e dobbiamo capire cosa significhi per NOI, Libertà.

Non facciamo l’errore di confonderla con l’indipendenza. Non è mera questione di “slegarsi” da tutto il resto. A fare i fighi che non devono chiedere mai ci vuole poco, soprattutto oggi, sui social.

Libertà è conoscersi, accettarsi. Possibilmente amarsi. Trovare quel momento, quel perché, quell’azione in cui provare soddisfazione, stato di grazia, pace. Spudoratamente, con una forza che dovrebbe portarci all’orgasmo della vita stessa. Ne siamo produttori e consumatori, in base al bisogno. Sempre che ancora lo sentiamo.

Liberi come il mare, di trovare l’intimità con un mondo interiore fin troppo assopito.

Ascoltare musica e mettersi a ballare, dire quel che pensiamo, non voler dimostrare niente a nessuno, capire dove si vuole arrivare, non lasciare alla società il compito di educare e dirci cosa sarebbe “meglio” per noi. In questa corsa al divenire, non ci rendiamo conto d’alimentare uno status quo marcio, programmato, preconfezionato.

Chiaro, da alcuni step non si scappa. Che risulti più o meno facile, vanno affrontati. Ma non per questo dovremmo smettere di “cercarci”, ricordare come siamo fatti, che non per forza si raggiunge il compromesso, che a cavalcare onde senza tavola né voglia, potremmo ferirci. E perderci, definitivamente.

Libero è colui che conosce la strada, non la destinazione; è colui che cambia, afferma, colora ironico la propria voce, alza la mano se ha una domanda o non capisce la risposta. Più volte, se necessario.

Libero è chi la Libertà ce l’ha in testa, indipendentemente da tutto, dipendentemente da tutto, in equilibrio tra desiderio e realtà. E chi può stabilire cosa sia più vero?

Libero è infine chi si libera, con spirito leggero. Senza bisogno di “vendere” un’immagine di perfezione che NON ESISTE. D’altronde, le catene dei nostri limiti sono invisibili a occhio nudo.

Per carità, mia rubrica mia opinione. Ma riassumendo, credo davvero Libertà e Pace Mentale siano sorelle separate alla nascita.

Mi rendo conto che l’articolo di oggi sia una citazione continua. Ciononostante, devo obbligatoriamente chiudere questa riflessione dando voce a un altro autore, il penultimo. Godendo di una certa libertà personale in questo mio specchietto giornalistico (per restare in argomento), non me ne vogliate se mi prendo la soddisfazione di riportarlo. Soprattutto perché è d’accordo con me!

Indovinate chi sono andata a pescare?

Arthur Schopenhauer! Sì, oggi non ci facciamo mancare proprio nulla; alla faccia di chi dice che la filosofia non serva.

Una frase che, da sola, potrebbe sostituirsi all’intero articolo:

Chi non ama la solitudine non ama neppure la libertà, perché si è liberi unicamente quando si è soli”

(“in compagnia di se stessi”, per dirla altrimenti)

L’ultimo e più importante spazio al nostro ospite fisso, la Poesia. E all’autore che oggi ne prende le veci, il poeta e filosofo pratese Emanuele Martinuzzi (Di Grazia Cronica, Carmignani Editrice Poesia).


Te ne stavi

Te ne stavi inerme, come atterrita da una paura arcaica,

fredda, come arruffata da un vento morente, mimando catene.

 

Avevi socchiuso i tuoi occhi ad un buio contratto nella tristezza,

alla vertigine di un oblio, che sapeva di sangue, addii e libecci.


Nessuno poteva più distinguere se le tue mani, incancrenite negli

arcobaleni, stringessero lenzuola di cielo o sudari di speranza.


Al tuo corpo innocente si radicavano pregiudizi e macerie.

Non avevi più un’ombra sotto di te, ma gonfi silenzi.


C’era però un qualcosa sul tuo volto che resisteva al sonno eterno,

che voleva librare in fuoco disfacendo lineamenti di cenere.


E questo qualcosa aspettava soltanto che, anche un solo uomo,

sospirasse, ancora una volta, muto il tuo nome: libertà.

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Questo verso in particolare:

C’era però un qualcosa… che voleva librare in fuoco”

Quando osservate il fuoco, prevale la paura di bruciarvi o il piacere di scaldarvi?

Pensateci su.

A presto

Johanna Poetessa

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