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Scuola e formazione | 22 gennaio 2021, 20:35

“Dad è difficoltà al doppio”. I problemi della didattica a distanza raccontati dalla professoressa di un liceo torinese

Alessandra Vai, docente di chimica che insegna da vent’anni allo scientifico Cattaneo: “Fare un’ora in presenza, poi due a distanza, poi di nuovo in presenza crea difficoltà agli insegnanti. E con la dad si rischia di veder aumentata la forbice tra i più bravi e quelli più fragili. Scuola al pomeriggio? Non siamo strutturati per fare lezioni fino alle 16, mancano spazi e strutture per una vera pausa pranzo”

Alessandra Vai

le difficoltà della didattica a distanza raccontate da una professoressa di chimica

“Più che didattica a distanza è difficoltà al doppio. Sicuramente per gli insegnanti, ma anche per molti allievi”. Parla così della dad, nella settimana che ha visto il ritorno in presenza anche degli studenti delle scuole superiori, la professoressa Alessandra Vai, docente di chimica con trent’anni di insegnamento alle spalle, da venti al liceo Scientifico Cattaneo di Torino. “Non la voglio demonizzare, ma non mi si venga a dire che questo è un modo che può sostituire l‘insegnamento in presenza. Si fa così perché non si può diversamente”.

Cosa significa fare lezione a distanza?

“Io posso già ritenermi fortunata, perché sono in un liceo, dove gli studenti sono mediamente più selezionati e preparati, ma so di molti insegnanti degli istituti tecnici o dei professionali che hanno problemi ancora superiori. Ormai ci stiamo abituando a fare i consigli di classe ed anche i colloqui con i genitori a distanza, ormai è quasi un anno che ci siamo dovuti adeguare. Ma non è solo un dicorso generale, ma anche particolare, della quotidianità di ogni giorno”.

Cosa intende dire?

“Mi spiego meglio. Parlo di difficoltà al doppio nel fare la dad perché adesso, con le classi al 50% in presenza, mi trovo un giorno a fare un’ora di lezione in presenza con una prima, poi due ore a distanza prima con una terza e poi con una seconda, poi di nuovo un’ora in presenza con un’altra prima. Non è facile mi creda. Perché il Cattaneo ha scelto di far entrare alcune classi il lunedì, il mercoledì e il venerdì, altre il martedì e il giovedì, invertendo poi i turni la settimana successiva. Ma non è solo questo: durante l’insegnamento in presenza magari mi trovo anche due studenti collegati da casa, perché in attesa del tampone o anche solo alle prese con l’influenza”.

Ha avuto paura di non tornare a scuola a gennaio?

“A settembre sapevo che si sarebbe ripartiti, magari c’erano dei dubbi se tutto avrebbe funzionato o quanto tempo le scuole sarebbero state aperte, ma all’inizio del 2021 fino all’ultimo ho avuto paura che sltasse fuori qualcosa che faceva rimandare ancora, magari fino al 1° febbraio. E io, da insegnante, mi sento di dire che le scuole, vista anche la riduzione dei tempi di attesa con i tamponi rapidi e il numero dei contagi che ci sono stati sono sicuramente più sicure di altre situazioni. Il problema sono i trasporti, ma non penso di dire io qualcosa che non sia già emerso da tempo”.

La maggiore sicurezza deriva anche dall’obbligo delle mascherine?

“All’inizio dell’anno era una cosa facoltativa, adesso sono diventate obbligatorie ed è meglio così. Perché c’erano anche insegnanti che non le indossavano, non solo gli studenti, se rispettavano una certa distanza. Ora si possono togliere solo per bere o per mangiare qualcosa, ma si tratta di qualche secondo o al massimo di un minuto. E poi ogni ora facciamo il cambio d’aria, aprendo le finestre: lo so, a gennaio fa freddo e non è come a settembre, ci sono i ragazzi che si lamentano, ma d’altra parte bisogna sapersi adeguare”.

Come si comportano i ragazzi durante le lezioni o negli intervalli?

“Complessivamente bene, il vero problema è all’esterno della scuola, dove si possono formare degli assembramenti. Perché la tendenza è di stare vicini, magari di parlarsi all’orecchio, i ragazzi sono animali sociali, è normale. Poi noi insegnanti cerchiamo di spoiegfare loro l’importanza di certi comportamenti, di mantenere sempre le distanze, di fare attenzione. Ci trasformiamo un po’ tutti in insegnanti di educazione civica, è importante che questa materia sia tornata d’attualità. Comunque, è evidente che la battaglia contro il virus la si potrà vincere solo con il vaccino, per questo almeno fino alla fine dell’anno dovremo adattarci a questa situazione”.

Ritiene gli gli insegnanti siano una categoria che dovrebbe essere tra le prime ad essere vaccinata, quando terminerà la fase dedicata agli operatori sanitari e alle Rsa?

“Per carità, se si sono fatte delle classificazioni non sarò certo io a discutere e a dire che gli insegnanti devono arrivare prima di altri. Ci tengo solo a smentire una sorta di luogo comune o di pensiero diffuso in parte della popolazione: non è che se gli insegnanti stanno a casa e fanno la didattica a distanza lavorano meno, anzi la fatica è molta di più. I miei colleghi più giovani forse hanno avuto e hanno meno problemi, ma quando parlo di difficoltà doppia mi creda che non esagero. Ormai io non ho più un’ora al giorno che non sia dedicata all’insegnamento o al guardare il pc o a fare qualcosa per i miei studenti. Speriamo di tornare tutti in presenza e al 100% da settembre”.

Ma se la battaglia col virus dovesse durare più a lungo? Anni di didattica a distanza rischiano alla lunga di creare generazioni di studenti meno preparati?

“Io penso che la dad stia ampliando la forbice tra quelli più bravi e più studiosi e quegli studenti più fragili, che già prima avevano maggiori difficoltà. Vedere ragazzi che intervengono poco o quasi mai durante la lezione fa temere che non abbiano capito e abbiano più problemi. Noi cerchiamo di coinvolgere tutti, ma è ovvio che non sempre si riesce, per questo tornare quanto prima in presenza sarà fondamentale, anche se è indubbio che mediamente i ragazzi siano più scafati e tecnologici degli insegnanti, ma poi si tratta di acquisire le competenze necessarie”.

Come vede l’idea di ingressi scaglionati, con lezioni anche al pomeriggio?

“La scuola italiana non è preparata a questa soluzione. Gli istituti non hanno gli spazi per potertenere una classe dalle 10 alle 16. Un conto è una breve pausa per mangiare un panino o bere una bibita, ma se si sta a scuola anche al pomeriggio come si fa a far mangiare centinaia di studenti? Farlo all’aperto d’inverno sarebbe un grosso rischio, all’interno si rischierebbero gli assembramenti. Personalmente sono contraria a questa soluzione”.

Per una insegnante di chimica quanto è complicato dover insegnare a distanza una materia così particolare?

“Io non voglio neanche parlare della mia, dove pure ci sarebbe da affrontare il tema dei laboratori e di certi esercizi che fatti non in presenza… Un docente di latino piuttosto che di matematica non può neanche pensare di stravolgere il programma per poter far stare tutti al passo, un professore di latino non può insegnare la seconda declinazione invece della prima, certi argomenti nella matematica sono consequenziali uno all’altro. Un ulteriore problema da affrontare. Per questo, mi auguro che questa fase termini il prima possibile”.

Massimo De Marzi

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