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Economia e lavoro | 02 febbraio 2021, 11:50

Auto e non solo, a Torino è crisi senza fine: "In 12 anni bruciati 370 aziende e 32mila posti di lavoro" [VIDEO]

L'allarme in una ricerca della Fiom CGIL. Lazzi: "Il numero di vetture prodotte è ormai irrisorio e c'è da temere quando si potrà licenziare. E senza automotive, anche gli altri settori subiscono"

Edi Lazzi, segretario Fiom Torino

Edi Lazzi, segretario Fiom Torino

 

"Attraverso i dati degli ultimi dodici anni emerge il profilo di una città devastata, a causa della crisi dell'auto e del suo indotto. Ma vogliamo provare a fermare questo declino". Così Edi Lazzi, segretario di Fiom Torino, presenta la ricerca che i metalmeccanici CGIL hanno condotto sul tessuto economico manifatturiero metropolitano dal 2008 a oggi.

Sono stati persi 32mila posti di lavoro, su 119mila totali, per un calo pari al 27%. A farla da padrone è l'automotive, che cala di quasi il 30%, "ma quasi tutti i settori hanno perso - dice Lazzi -: dall'edilizia alla siderurgia all'informatica e le telecomunicazioni. Solo la logistica si salva, ma si tratta di poche unità (+30 per un totale di 713, ndr)".

Ancora più impressionante parlare di aziende: da 999 sono diventate 579. Sono sparite 370 aziende in 12 anni, per un calo del 39%. Conti alla mano, su 100 posti persi in totale, 57 sono nell'auto e per ogni 100 di automotive, 83 sono nell'indotto.

Tutti i settori sono legati tra loro, in qualche maniera. E dal calo dell'auto è derivato il calo anche dell'edilizia (manutenzioni e non solo), ma anche l'informatica o chi si occupa della contabilità e buste paga insieme ad altri servizi. "Se diminuiscono le aziende, calano anche coloro che lavorano con quelle aziende".

"Si parla tanto di andare oltre l'industria novecentesca dell'auto. E posso anche essere d'accordo, ma deve esserci un'alternativa - continua Lazzi -. Il settore non è maturo, ma evolve e quindi bisogna seguire questo cambiamento. Se sparisce l'auto, non restano che le frattaglie".

Dell'universo ex Fiat è rimasto poco. "Da oltre 32mila occupati siamo scesi a 27mila. Un'altra batosta. Che riguarda FCA, ma anche CNH-Iveco su cui si addensano nuove nubi e Magneti Marelli, già ceduta, ma non solo".

E altri numeri schiaccianti sono quelli del numero di auto prodotte: "Si è passati da 218mila vetture nel 2006 ai 21.181 del 2019. Praticamente nulla. E il 2020 ha visto risalire i dati fino a 37mila ma solo per il lancio della 500 elettrica", dice il segretariato torinese di Fiom. Ma il calo non riguarda tutto il Paese. "Solo Torino o quasi, buco nero e cenerentola del settore, visto che nel resto d'Italia gli addetti sono aumentati. Ovviamente perché l'indotto segue la produzione e quindi si è spostata verso altri stabilimenti: Melfi, Cassino, Pomigliano d'arco, oppure la motor Valley in Emilia".

L'orizzonte poi non promette bene: "Quando finirà lo stop ai licenziamenti cosa succederà? Anche in FCA, dove parlavano di piena occupazione, in questi giorni i lavoratori della 500 sono in cassa e lo stesso alla Maserati di Grugliasco".

Soluzioni? "I lavoratori ci sono, sono pronti, nonostante i sacrifici fatti fin qui e che sono disposti a fare ancora, se necessario. Ma il loro timore è anche per i figli e le generazioni che verranno", di Lazzi. "Sono anche pronti a nuova formazione, per avere ulteriori competenze". Ma di mezzo devono mettersi anche le istituzioni: "Il Governo deve confrontarsi con Tavares per capire cosa possa servire per il futuro di Stellantis in Italia. E poi servono infrastrutture: tra ricariche dell'elettrico alle batterie, fino all'idrogeno".

Ma la medicina più potente di tutte resta sempre la stessa: "Servono volumi produttivi e nuovi modelli di auto. Le imprese hanno smesso di fare investimenti, non hanno più messo soldi e hanno vivacchiato mantenendo la tecnologia che avevano 20-25 anni fa. Ma ora che Fiat, il monarca, non c'è più, non si può più vivere di rendita di posizione".

Massimiliano Sciullo

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