Un "modello Draghi" per Torino. E' questa la suggestione proposta dall'onorevole Silvia Fregolent, deputata di Italia Viva, che anima il dibattito all'ombra della Mole: "Lancio l'idea di un modello Draghi per la guida della città: una coalizione che raccolga tutte le componenti migliori locali; dalle associazioni di categoria ai settori produttivi, dal mondo della cultura alle forze sociali e politiche: con l’unico obiettivo comune di far rinascere Torino".
La domanda è semplice: è possibile unire le componenti migliori di Torino, al fine di garantire una guida stabile alla città e guidare il capoluogo piemontese fuori dalla crisi post-pandemia? La risposta non è altrettanto scontata, anzi. Un'alleanza tra le forze politiche territoriali appare complessa, ai limiti del possibile.
Se il centrodestra, a livello locale, viaggia per le sue direttrici, un modello Draghi a Torino prevedrebbe l'attuale coalizione del centrosinistra convergere in un'alleanza con il Movimento 5 Stelle. Un'opzione non scartata a priori da Enzo Lavolta: “Si avvii un confronto sin da subito, le posizioni non devono essere oggetto di scambio di poltrone o assessorati. Penso che tra tutte le forze politiche al di fuori del perimetro, il M5s è il partito con cui vi sarebbe una percentuale più alta per potenziali alleanze nel secondo turno”.
Fronte Cinque Stelle, in tanti smentiscono ma appaiono possibilisti Marco Chessa e Andrea Russi. "Io non sono contrario a prescindere. Ovviamente ci deve essere una ampia convergenza sui programmi e una cosa del genere dovrebbe essere legittimata dai nostri iscritti, è giusto che la base abbia voce in capitolo su una cosa così importante, esattamente come è stato per il governo Draghi" spiega Russi. Il consigliere pentastellato, però, specifica: "Io sono contrario a un eventuale accordo in sede di ballottaggio, quello sì".
Pur ribadendo la massima concentrazione sul portare a termine l'ultima parte di mandato, Chessa precisa: "Spero che le forze politiche mettano al centro delle proprie agende i reali bisogni della cittadinanza, a partire dal lavoro, e lavorino ad un piano strategico per il rilancio della Città nella fase post Covid. Per quanto riguarda le formazioni e i moduli non credo che il mio parere possa essere determinante, anche se è una opzione che credo meriti di essere quantomeno valutata e analizzata". In sintesi, se le parti dovessero trovare un accordo, questo dovrà arrivare già al primo turno e non al ballottaggio.
Rimane la difficoltà di un accordo tra il centrodestra e il centrosinistra: i partiti sono distanti e Paolo Damilano, candidato civico, è già partito con la campagna elettorale. In realtà l'imprenditore si è sempre detto disponibile ad accogliere i voti provenienti anche da sinistra, ma una convergenza sulla sua figura tanto supportata dalla Lega appare improbabile. Ecco perché Silvio Magliano (capogruppo dei Moderati) indica la via al centrosinistra: "Si parli all'elettorato centrista. Quei torinesi che potrebbero valutare di dare la loro preferenza a una coalizione ampia e competente". Insomma, porte chiuse ai partiti.
Il modello Draghi, soluzione scelta per gestire la crisi a livello nazionale, difficilmente potrà trovare un'emulazione a Torino, se non nella fantapolitica.