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Economia e lavoro | 16 febbraio 2021, 14:30

Commercio a Torino, un 2020 da incubo tra chiusure, pochi ristori e l'alba delle imprese "zombie"

Molte realtà non chiudono perché non possono permetterselo, mentre l'occupazione potrebbe pagare un conto salato. Giudizi severi sul governo Conte, ne esce meglio la giunta Cirio. Coppa (Ascom): "Draghi ora mostri più rispetto"

La targa di Ascom Torino

Situazione di estrema difficoltà per il mondo del commercio torinese

Un 2020 pessimo. Non serviva un indovino a immaginarlo. E nemmeno una Cassandra, visto che le difficoltà sono state costantemente sotto gli occhi di tutti. Dodici mesi da incubo riassunti nell'analisi congiunturale di Ascom Torino e provincia. E le prospettive per il futuro - vista 2021 - non sono certo rassicuranti.

Un disastro in cifre: l'alba delle imprese "zombie"

Calano innanzitutto le imprese (circa 350 in meno, per un -18% sul 2019) e chi non chiude non lo fa per l'apporto dei ristori, ma anche per i costi necessari comunque anche quando si abbassa una saracinesca. Il dato è in linea con quello piemontese (-20%), ma anche con Lombardia (-18%) e Liguria (-22%).

A spaventare, però, sono proprio le "imprese zombie" quelle che non sono più di fatto operative, ma non si sono ancora cancellate: potrebbero essere 4800: 3500 del commercio, 500 turismo e 800 nei servizi.

Il crollo dei consumi - dato dall'incertezza, ma senza dimenticare zone di tanti colori, aperture e chiusure - ha lasciato il segno nella provincia di Torino: l’indicatore dei ricavi mostra perdite di oltre 20 punti dallo scoppio della crisi e per ora è troppo poco intenso il recupero in vista dei primi mesi del 2021.

Preoccupa anche il mercato del lavoro: nel 2020 le nuove assunzioni nel terziario nella provincia di Torino sono calate del -37% sul 2019. Da 126mila si è scesi a 80mila assunzioni soltanto all'ombra della Mole. Il blocco dei licenziamenti ha gravato sui costi delle imprese, ma la sospensione dalla prossima primavera rischia di rappresentare un colpo senza precedenti: nel 2021 gli organici delle imprese potrebbero ridursi del -18%.
A pagare il conto più salato potrebbero essere soprattutto ristorazione (-26%), turismo (-33%) e servizi alle persone (-23%). Sono già in atto confronti tra parte datoriale e sindacati per poter ammortizzare questo tipo di effetto.

Sul fronte credito, 4 aziende su 10 si sono rivolte alla banca per chiedere una mano e il 63% dei casi hanno avuto esito positivo.

Parlando di "pagelle", il 54% dei commercianti valuta positivamente le scelte sul versante sanitario, ma solo il 18% approva le misure economiche. Negativo per il 44% quanto deciso proprio nei confronti del terziario: in particolare le restrizioni, per esempio quelle del decreto Natale, quando si sarebbero attese misure meno restrittive. In particolare la ristorazione (67%) e la ricezione turistica (64%). D'altra parte, su 90 giorni (da novembre a gennaio), sono stati solo 18 i giorni "gialli", mentre il resto è stato suddiviso tra "arancione" e "rosso".

Ma un altro grande timore riguarda soprattutto quello che potrebbe accadere con lo "sblocco" delle scadenze fiscali - oggi congelate - al termine di un periodo difficilissimo proprio per il Coronavirus.

Uno scenario che si modifica leggermente se i voti invece riguardano le scelte della Regione: i soddisfatti dal 29% salgono al 48%.

Coppa: "Giudizio molto duro sulla gestione del governo Conte, Draghi agisca"

"E' la fotografia di un ultimo trimestre - dice Maria Luisa Coppa, presidente di Ascom Torino e provincia - in cui il governo era diverso, ma i numeri del 2021 potrebbero essere ancora peggiori se non ci saranno interventi nazionali importanti per far continuare a lavorare le nostre imprese, ma anche i loro collaboratori, dunque tutela dei posti di lavoro".

"La fiducia a inizio anno era ai minimi storici - prosegue - poi il terzo trimestre aveva restituito qualche speranza, ma con la fine dell'anno siamo crollati nelle difficoltà. Una cornice all'interno della quale il giudizio sulla gestione della crisi pandemica è molto severo, a livello nazionale, mentre a livello regionale le cose sono sembrate andare meglio. I ristori sono stati pochi e inadeguati, così come è chiaro a tutti quello che è successo con la cassa integrazione".

Un 2021 che spaventa: "Basta bonus, servono indennizzi"

"Per il 2021 le attese sono preoccupanti: si fanno tante parole, ma le prospettive sono negative - dice ancora Coppa -. Gli imprenditori restano a guardare gli effetti del vaccino e della bella stagione. Ma chiudere o tenere aperto dipende anche dalle risorse che si hanno. O che non si hanno. Spesso chi non chiude lo fa a denti stretti perché non può permetterselo, anche solo a livello di costi".

"Non è meno preoccupante il ruolo della criminalità, che punta a inserire denaro sporco in circolo e che finirebbe per creare condizioni di concorrenza ancora più difficile per le imprese serie e oneste - dice ancora Coppa -. Ma negli ultimi periodi ci sono altri elementi di disturbo: vetri rotti, saracinesche scardinate e imprese lasciate a se stesse dopo il coprifuoco. Dopo un anno così terribile, ci manca solo che dobbiamo subire furti e danneggiamenti".

"E' ora di dire basta con la parola bonus, come se fosse una regalia. Si ragioni sui reali cali di fatturato e arrivino gli indennizzi: l'ultimo esempio del mondo della neve è lampante. Non può essere che abbiano fermato tutto il giorno prima. Mi auguro sia l'ultimo scivolone di un vecchio modo di fare, mentre speriamo che l'epoca Draghi possa essere più rispettosa verso le piccole e medie imprese".

Massimiliano Sciullo

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