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Economia e lavoro | 05 aprile 2021, 07:30

Scrivilo sui vetri: la sofferenza dei negozi si legge nero su bianco. E continua la "fuga" dal centro (ma non solo)

La storia di questa crisi pandemica e poi economica rimane impressa nelle comunicazioni che i commercianti lasciano sulle saracinesche abbassate. E sono sempre di più i locali in vendita, in affitto o che si sono trasferiti. L'esperto: "Pesa un anno abbondante di pandemia sui costi di gestione"

Cartelli sulle vetrine dei negozi

Alcuni dei cartelli affissi sulle vetrine dei negozi del centro in questo periodo di stop forzato

Più delle statistiche, sono le parole - scritte nero su bianco - a raccontare la sofferenza dei commercianti di Torino. Soprattutto quelli del centro o delle zone immediatamente vicine al salotto buono: l'area della città che, ormai da un anno abbondante, si è letteralmente svuotata, tra lockdown e smartworking. Le pause pranzo (o anche solo quelle per un caffè) sono diventate un miraggio, anche fuori dalla zona rossa.

E le parole sono quelle tracciate sui cartelli con cui i negozianti fissano l'estremo dialogo con la clientela. I messaggi affissi sulle vetrine, spesso chiuse da saracinesche e serrande. Alcuni invitano a procedere con l'acquisto online (unico canale di vendita e fonte di ossigeno dal 2020 a oggi), altri ribadiscono che lo stop è imposto dalla crisi pandemia in atto. Altri ancora, seppure con un retrogusto di malinconia, affermano la volontà di ripartire. Quando si potrà. "Questo locale riaprirà. Non si sa quando, ma riaprirà", è la promessa che fanno i titolari, prima a se stessi e poi alle persone che di solito lo frequentano.

Ma il mesto giro delle vie del centro, in questi giorni di Pasqua (la seconda, con l'obbligo di stare chiusi in casa), regala anche un'altra immagine piuttosto triste, sempre legata alla presenza di cartelli sulle saracinesche. Sono quelli di "vendesi", di "affittasi", che dimostrano come l'attività che un tempo si muoveva tra quelle quattro mura ha mollato la presa. Tante anche le comunicazioni di cambio di sede: "ci siamo trasferiti in". Segno che, evidentemente, in questo momento di difficoltà si è scelta una sistemazione diversa, magari più economica e quindi più abbordabile. 

"Nel centro questo fenomeno è piuttosto visibile, ma accomuna anche zone più periferiche di Torino - assicura Marco Bernabei, consulente di rete per Tecnocasa - In alcuni casi è stata la necessità di adeguarsi alle norme anti Covid a richiedere spazi superiori e dunque uno spostamento dei punti vendita, soprattutto per le grandi catene, ma è innegabile che è soprattutto il sintomo di oltre un anno di difficoltà da pandemia".

"Se alcuni cambiano per seguire i gusti e le mode, spostandosi da una via all'altra del salotto della città, la maggior parte non è più in grado di sostenere le locazioni del centro, decisamente più alte rispetto agli altri quartieri. E quindi preferiscono chiudere. Magari perché hanno raggiunto i requisiti per la pensione, oppure per limitare le spese e quindi accorpando due o tre punti vendita in uno solo".

"Ripeto - conclude - riguarda il centro, ma anche gli altri quartieri stanno vivendo le stesse difficoltà, a livello di locali commerciali".

Massimiliano Sciullo

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