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Cultura e spettacoli | 24 giugno 2021, 16:25

"Alla ricerca della Vita": sei mummie per sei storie al Museo Egizio, inaugurata la nuova mostra [FOTO e VIDEO]

Il Museo Egizio amplia i propri spazi espositivi con una nuova sala permanente dedicata alla vita nell’antico Egitto attraverso lo studio dei resti umani

"Alla ricerca della Vita": sei mummie per sei storie al Museo Egizio, inaugurata la nuova mostra [FOTO e VIDEO]

Sei mummie, sei storie diverse e un unico obiettivo: la ricerca della vita. Il tutto ospitato nella nuova sala con cui il Museo Egizio amplia il suo percorso di visita, conducendo il pubblico in un autentico itinerario a ritroso “Alla ricerca della vita” - nome con cui è stato battezzato il nuovo spazio articolato su due piani.

La nuova sala all'Egizio

L'allestimento, partendo dai resti umani, dalle mummie, racconta tracce di storie intime, frammenti di esistenze lontane nel tempo, che riaffiorano dal passato per raccontare la vita nell’Antico Egitto. Pur essendo storie differenti, il comune denominatore è unico: i sei individui (il più piccolo è un feto, la più anziana una donna 50enne) che hanno cessato il proprio cammino terreno a età diverse fra loro, hanno proseguito il proprio percorso per l’aldilà affidando il proprio corpo al rito della mummificazione.  
 
A costituire il fulcro dell’esposizione è una teca allestita per contenere 91 mummie che fanno parte della collezione del Museo: grazie a una speciale pellicola sei di queste mummie sono svelate al pubblico, a rappresentare le tappe fondamentali della vita. La speciale teca assolve alla doppia funzione di vetrina e deposito, ed è stata quindi progettata per garantire i massimi standard conservativi per resti umani ed organici estremamente fragili.
Realizzata con l’importante sostegno della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino, la sala “Alla ricerca della vita”, collocata al primo piano del Museo, esplora e approfondisce quindi il tema della vita nell’antico Egitto, il rapporto della cultura nilotica con la mummificazione e il concetto di aldilà, partendo dallo studio dei resti umani e dei corredi che in alcuni casi li accompagnano.

Greco, Christillin e Marsiaj raccontano l'allestimento

“Questo progetto nasce da un’esigenza conservativa ma, in linea con la volontà di rendere i magazzini del museo accessibili ai visitatori, intende fornire un “affaccio” sui reperti qui custoditi e sulle ricerche condotte su di essi, ripercorrendo una vita ideale dalla nascita all’età avanzata. Gli spazi di ‘Alla ricerca della vita’ rappresentano non solo un nuovo spazio a disposizione dei visitatori, ma inaugurano un nuovo capitolo della riflessione del Museo sullo studio e l’esposizione dei resti umani della nostra collezione, anche in dialogo con il pubblico, chi accederà alla sala potrà infatti farci conoscere il proprio punto di vista sul tema compilando il questionario, che abbiamo creato ad hoc, compilabile in tempo reale da smartphone attraverso un QR Code dedicato" racconta Christian Greco, direttore del Museo Egizio. Entusiasta anche Evelina Christillin, presidente Museo Egizio: “Poter aprire al pubblico queste nuove sale permanenti è per noi una grande gioia, e in particolare poterlo fare in questo giorno di festa. L’inaugurazione odierna è inoltre segno di come il Museo abbia saputo affrontare i mesi difficili della pandemia senza mai rinunciare ai progetti propri di un’istituzione museale, ossia, oltre alla ricerca, il rinnovamento espositivo".Presente poi Giorgio Marsiaj, presidente Consulta di Torino: "Le aziende e gli enti Soci della Consulta da 34 anni si prendono cura del patrimonio storico-artistico del territorio, preziosa risorsa per comprendere il presente e costruire il futuro"."Abbiamo cercato di rispondere a un'esigenza che il museo aveva: creare un nuovo deposito tecnologico per la conservazione ottimale dei resti umani. Una seconda esigenza era quella di avere una sala espositiva dedicata ai resti umani: abbiamo deciso di farlo raccontando storie di vita appartenute a questi individui", spiega Paolo Del Vesco, curatore del Museo Egizio.  

Le storie di vita

Il primo reperto esposto è una scatola di legno risalente alla fine del Secondo Periodo Intermedio (1550-1450 a.C.) contenente i resti scheletrici di un feto: una testimonianza di quanto la gravidanza fosse non solo una fase delicata della vita, ma anche legata a precisi rituali, come dimostrano diversi papiri medici e formule magiche del medesimo periodo.
 
A parlarci dell’infanzia nell’antico Egitto sono poi le informazioni che emergono dal corredo funebre e dalla mummia di un bambino di circa 4 - 5 anni, vissuto in epoca Tolemaica e probabilmente di sesso maschile.
L’accurata mummificazione e il sudario riccamente decorato suggeriscono l'appartenenza del fanciullo a una famiglia di alto rango e, di conseguenza, il suo probabile avvio ai primi rudimenti dell’istruzione, benché resti l’elemento del gioco quello che più caratterizzava questa fase della vita.
 
Dall’infanzia all’adolescenza - periodo che per durata e dinamiche si differenzia molto dal concetto contemporaneo - si passa a Meres, una ragazza di circa 13 anni e perciò prossima all’ingresso nella vita adulta. Testimonianze risalenti allo stesso periodo testimoniano la presenza, seppur in rari casi, di donne che sapevano leggere e scrivere e che dovevano quindi aver ricevuto un’istruzione da scriba, tipicamente riservata agli uomini: vista la sua età ed il livello sociale medio-alto, anche Meres avrebbe potuto accedere, magari in famiglia, ai primi rudimenti della scrittura oppure essere avviata ad una professione più tipicamente femminile, come quella di balia, governante, oppure tessitrice, mugnaia o sacerdotessa. La mummia risale al 2100 a.C. circa ed è adagiata sul fianco sinistro, com’era usanza all’epoca, adornata da una maschera funeraria in cartonnage. A protezione della giovane e del suo viaggio nell’aldilà erano state sicuramente predisposte delle formule scritte sulla cassa lignea che doveva ospitare il corpo e che non è però purtroppo giunta fino a noi, ma anche un amuleto, individuato al di sotto delle bende grazie alle analisi condotte con l’ausilio della TAC.
 
Appartiene invece già all’età adulta, seppur nelle sue prime fasi, la quarta vita raccontata nella sala: è quella di una sedicenne, il cui sarcofago faceva parte della collezione acquistata da Bernardino Drovetti nel 1824. La datazione al carbonio 14 e studi stilistici hanno però messo in luce come i due elementi appartengano a periodi che distano circa 300 anni l’uno dall’altro, ossia il V secolo a.C. nel caso del sarcofago, che indica il nome di Menrekhmut, e il II secolo a.C. nel caso della giovane donna anonima: ci troviamo dunque di fronte alla testimonianza di vita di due donne diverse. La mummia, in particolare, reca i segni di una imbalsamazione molto accurata, comprendente anche l’asportazione degli organi ad eccezione del cuore, considerato sede dell’intelletto e dello spirito del defunto.
 
Tra le mummie di età adulta conservate al Museo Egizio, alcune appartengono a personaggi con ruoli di particolare importanza: è il caso di Imhotep, alto funzionario della corte del faraone Thutmosi I, di cui sono esposti i resti e il corredo funebre. La tomba di Imhotep, in vita alto poco più di un metro e sessanta centimetri e deceduto a circa 40 anni, fu ritrovata nella Valle delle Regine dall’allora direttore del Museo Egizio, Ernesto Schiaparelli, insieme a Francesco Ballerini, nei primi mesi del 1904. Come è evidente dalle condizioni del corredo funerario e dallo stato di conservazione del defunto, la tomba fu saccheggiata. L’importanza del ruolo di Imhotep, che nelle iscrizioni del sarcofago viene indicato come “visir” (secondo, cioè, solo al faraone), è confermata dal fatto che circa 200 anni dopo la sua morte il sacerdote Userhat I lo farà ritrarre, insieme al padre e al figlio, all’interno della propria tomba.
 
Seppur basata su parametri anagrafici assai differenti rispetto a quelli dei giorni nostri, l’età avanzata godeva di grande considerazione all’interno della società e nei nuclei familiari dell'antico Egitto: era così per la donna di circa 50 anni che va a chiudere l’esposizione della sala “Alla ricerca della vita”, appartenuta quasi certamente a un’alta classe sociale ma della quale non conosciamo né il nome né la provenienza. La datazione al carbonio 14 ci permette tuttavia di farla risalire alla XXII Dinastia, durante il Terzo Periodo Intermedio (945-712 a.C. circa) e, dal confronto con altri reperti della medesima epoca, possiamo supporre che provenisse dall’area di Tebe. La maturità corrispondeva per i più alla fine dell’attività lavorativa, col conseguente intervento dei figli per il sostentamento.

Andrea Parisotto

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