Non volevano lasciare le loro abitazioni e la loro terra, ma quando la guerra si è fatta sempre più minacciosa hanno scelto di venire in Italia, anche se il loro desiderio è che arrivi la pace per poter “tornare a casa”.
Nadia Lunina, 65 anni, ha raggiunto la figlia Anja che vive ad Appendini, frazione di Buriasco, assieme a lei è arrivato anche l’amico 63enne Yurij Borisenko. Entrambi provengono da Zaporižžja, nella parte sud-ovest dell’Ucraina. “Da tempo dicevo a mia madre di venire qua, poi, quando la situazione è peggiorata, ha deciso di raggiungermi, anche perché l’ha accompagnata nel viaggio il suo amico. Non se la sentiva di farlo da sola” rivela Anja.
Sono scappati il 13 marzo con una borsa e hanno preso il treno per uscire dal confine, poi li ha accompagnati un volontario in macchina fino a Torino, dove Anja e suo marito Ivano Pairotto sono andati a prenderli.
Loro vivevano nel centro di Zaporižžja: “I soldati ucraini hanno messo delle mine attorno alla città per impedire l’avanzata dei russi – raccontano –. Non abbiamo assistito direttamente a combattimenti, ma abbiamo sentito spari, esplosioni e le case che si muovevano”.
Quando suonavano le sirene, che avvertivano di un possibile attacco aereo, la popolazione che vive nei palazzi o scappava dove poteva, “in teatri, scuole…”, oppure “si gettava in terra con una coperta indosso, sperando che tutto passasse presto”. Un’altra preoccupazione è stato l’attacco alla centrale nucleare della città, che è finita in mano russa. L’impianto conta 6 reattori e un’esplosione avrebbe significato un disastro senza precedenti.
Nessuno di loro due, prima del 24 febbraio, pensava che sarebbe scoppiata una guerra, malgrado le tensioni che ci sono da anni tra Russia e Ucraina: “Alcuni conoscenti della città russa di Belgorod ci hanno chiamato parlandoci di colonne di mezzi da battaglia in viaggio verso la nostra nazione, ma Putin parlava di ‘un’esercitazione’”.
Quanto accaduto ha scosso la popolazione: “Ci sono persone che hanno vissuto la seconda guerra mondiale e dicono che non era come adesso” sottolinea Anja.
I racconti parlano di razzie nelle case, di violenze e torture, su tutti, dai bimbi piccoli agli anziani, e mine nelle abitazioni abbandonate dai russi. Per difendersi, “le donne ucraine, costrette a cucinare dai soldati russi, mettono del veleno nei cibi” spiega Anja.
Sua madre e il suo amico non sono stati gli unici ospiti, per un mese ha ospitato anche un’amica, con una figlia di 9 anni: “Lo scorso fine settimana è potuta tornare in Ucraina, in una zona non toccata dalla guerra”. Lei ha fatto per 18 anni il capotreno, poi è diventata agente immobiliare: “Ha un fratello che vive a Mosca e sostiene che in Ucraina non c’è la guerra. Non si parlano più” rivela Anja.
Nadia e Yurij sono stati accolti benissimo dai vicini e dalla comunità di Buriasco: “Ci hanno dato una grossa mano e degli aiuti – è grata Anja –. Loro però sono abituati a una vita diversa e non vedono l’ora di poter tornare a casa”.