"Conoscevo Torino in maniera superficiale, la sto scoprendo ed è straordinaria. Bella, abitabile, vivibile”. Sono parole al miele quelle che Paolo Mazzoleni, assessore all’Urbanistica del Comune di Torino, riserva alla città che l’ha accolto da sei mesi, da quando Stefano Lo Russo gli ha affidato un compito tanto difficile quanto ambizioso: cambiare volto a Torino, esaltandone i pregi e intervenendo sui difetti.
Una sfida ardua, perché le armi per vincerla sono piuttosto “datate”. Un piano regolatore vecchio, tante aree dismesse e abbandonate. Eppure, tra fondi pubblici in arrivo, bonus e potenzialità inespresse, l’assessore arrivato da Milano, città in cui è nato e insegna (al Politecnico ndr), sogna di riconsegnare una città trasformata: “Non dobbiamo disegnare una Torino diversa da quella che è, ma una città che torna a credere nei suoi mezzi. Che torna a esprimere completamente il suo potenziale: una Torino ancora più Torino di adesso”.
- Paolo Mazzoleni, assessore da circa sei mesi: ci può fare un primo bilancio del lavoro svolto e c’è un dossier che non la fa dormire la notte?
E’ presto per fare un primo bilancio, per ora stiamo lavorando per costruire tutte le linee di lavoro. A non farmi dormire la notte è l’impegno che abbiamo preso, non un dossier in particolare.
- La sfida che la società contemporanea sembra voler lanciare è quella di ridurre il consumo di suolo: come la si vince?
Assolutamente si, una città consolidata come Torino deve andare oltre il fatto di non consumare suolo e deve iniziare a liberarlo attraverso le trasformazioni che fa. La si vince giorno per giorno, le trasformazioni della città spesso sono lunghe nel tempo. Alle volte ereditiamo delle decisioni che non coerenti con questo obiettivo e noi con molta pazienza e determinazione dobbiamo cercare di andare in quella direzione.
- Il piano regolatore di Torino è datato e molte imprese ne chiedono a gran voce una revisione: a che punto siamo? Non rischiamo di rimanere "fermi" senza un nuovo piano?
Il piano regolatore di Torino è datato ma straordinario. Era forse il piano migliore della sua generazione, ma questo non toglie nulla al fatto che sia effettivamente datato. E’ già stata avviata dagli uffici la sua revisione: un po’ di lavoro è già stato fatto ma molto ancora ne manca. Lo faremo con grande determinazione, ma senza dubbio dobbiamo anche trovare degli strumenti per gestire la parte “intermedia”, questo interregno tra il piano attuale e futuro. Questo è importantissimo.
- Ecobonus: in città si apre più di un cantiere al giorno. Abbiamo garanzie legate alla sicurezza e non c’è il rischio che in un maggio ricco di eventi i turisti si trovino una Torino “impacchettata”?
Sicuramente sono due rischi reali, quello della Torino impacchettata lo vedete ogni giorno, girando per la città. La sicurezza dei cantieri è invece una delle grandi sfide dell’ecobonus e di tutto il Paese. Cercheremo di gestire al meglio entrambi i fronti. Ma pensiamo al ritorno importante: Torino potrà avere in tutte le sue parti, tanto in centro quanto nelle periferie, uno straordinario miglioramento grazie a questa misura.
- Manifattura Tabacchi, Trincerone, Scalo Vanchiglia: Torino Nord ha enormi potenzialità inespresse, come riuscirete a cambiare volto a quell'area di Torino?
Credo che per cambiare aree così critiche, ma con potenzialità così straordinarie, serva una grande concordia istituzionale e un lavoro collettivo delle istituzioni con i privati. Ci sono tante cose: la metropolitana, che significa spostare le persone sotto terra ma anche opere in superficie. Il Trincerone si può riprogettare, la Manifattura Tabacchi con il Demanio che si è fatto promotore di un tavolo allargato agli enti perché possa tornare in vita. Ci sono poi altre aree come l’ex Gondrand, il capolinea della metropolitana e moltissime aree private che potrebbero giovarsi dell’inizio di queste trasformazioni. In cambio potremmo avere una nuova vita per una parte cruciale della città.
- Usciamo dall'universo della politica: chi è l'assessore Paolo Mazzoleni? Come trascorre il suo tempo libero, quali passioni ha?
Paolo Mazzoleni è un architetto, un progettista con uno studio di architettura a Milano. Sono stato presidente dell’ordine degli architetti della mia città, insegno al Politecnico di Milano. Ho accettato questa sfida per cui passo il tempo libero a scoprire una nuova città che non era la mia e lo sta diventando giorno dopo giorno.
- Da quando è iniziata questa sua parentesi di vita torinese, c'è un quartiere che l'ha colpita particolarmente, sorprendendola?
Intanto la città nel suo complesso, mi ha colpito molto. Conoscevo Torino in maniera superficiale, la sto scoprendo ed è straordinaria. Bella, abitabile, vivibile. E’ molto al di sotto delle sue potenzialità, questa è una sfida per noi. Per ragioni istituzionali vivo tantissimo il centro, che frequento a piedi tutti i giorni. E’ stata una scoperta, un luogo meraviglioso e vero. Sto scoprendo i quartieri di volta in volta, piano piano. La mia prima attrazione, vi devo confessare, è stata verso Aurora. Il primo quartiere che non conoscevo e ho scoperto: moltiplica le potenzialità che Torino ha.
- Spazziamo via le rivalità tra Milano e Torino: cosa deve “importare“ il capoluogo piemontese a quello meneghino e quale modello o abitudine può invece "esportare"?
Importare ed esportare non lo so, non si possono replicare dei modelli direttamente ma si può imparare osservando gli altri. Questo sicuramente. Milano ha una grande determinazione e convinzione nei propri mezzi che Torino potrebbe coltivare. Di contro, a Torino ho trovato una qualità della vita straordinaria e questo, forse ancor di più dopo la pandemia, è diventato un elemento importante nella vita delle persone, e una serie di potenzialità da far crescere con maggiori libertà rispetto a una città che ormai vive ritmi europei, ma compressi, come Milano.
- Che Torino sogna di lasciare tra 5 anni, a fine mandato?
E’ molto impegnativo pensarci. Spero che sapremo dare corso a questa grande potenzialità di cui ho detto. Non dobbiamo disegnare una Torino diversa da quella che è, ma una città che torna a credere nei suoi mezzi. Che torna a esprimere completamente il suo potenziale: una Torino ancora più Torino di adesso.