Quando la filosofia zen viene applicata al tiro con l'arco. Daniel Petronzi ha 32 anni ed è un istruttore di tiro con l’arco nella società sportiva del CH4 Sporting Club.
Ai suoi allievi non insegna solo come vincere gare, tornei o competizioni, bensì come provare a raggiungere il benessere personale. Per praticare il tiro con l’arco, secondo Daniel, serve una determinata impostazione mentale che si rivela utile anche nella vita di tutti i giorni per fronteggiare lo stress, i problemi e migliorare la concentrazione.
Cosa significa applicare lo zen al tiro con l’arco?
"È impossibile scindere le due cose. Nel tiro con l’arco serve una determinata impostazione mentale, come nelle arti marziali. L’idea deriva da un manuale di Eugen Herrigel, “Lo zen e il tiro con l’arco”. Il libro è un diario delle esperienze di un uomo occidentale che per comprendere meglio il concetto di zen decide di approcciarsi al tiro con l’arco. L’autore prova ad esprimere il concetto di arte senz’arte pur non potendolo interpretare in toto in quanto uomo occidentale.
Lo zen mira ad apprendere una cosa al punto tale da diventarne maestro, per compiere i gesti senza nemmeno pensarci. Nel mio caso insegno agli arcieri il distacco all’interno dello sport, il punto di partenza è scindere la vita personale dallo sport. Uso la metafora del prendere i problemi come un sacco a spalle e lasciarli fuori dal circolo sportivo, che è un luogo dove staccare la testa e rilassarsi".
Quindi è l’opposto del vedere lo sport come uno sfogo?
"In parte sì, ma non del tutto. Chi va a meditare ripete un mantra, gli arcieri escono dall’allenamento e riescono a gestire meglio lo stress della vita rispetto a chi va in palestra e invece esce più carico di prima. È un vero e proprio centramento, l’obiettivo è trovare il proprio baricentro, punto focale per andare a riequilibrare la propria condizione psicofisica dato che siamo attorniati da mille fonti di stress".
Cosa impara chi affronta in tiro con l’arco in questo modo?
"Gli adulti beneficiano della capacità di imparare a gestire il proprio stato d’animo. L’obiettivo è garantire un luogo dove staccare dalla quotidianità e avere più lucidità nell’affrontare i problemi quotidiani.
Per i bambini, invece, l’arco aiuta a migliorare il tempo di concentrazione. È uno sport in cui serve molto tempo di preparazione e la buona riuscita del tiro deriva da una mente sgombra. L’arceria richiede di entrare in uno stato di focus immediato e serve pazienza, allenarsi migliora la capacità di entrare velocemente in uno stato di concentrazione. Il buon maestro insegna ad essere un buon arciere nella quotidianità, ad essere in grado di applicare questi principi nella vita di tutti i giorni".
È comune questa concezione in Italia?
"No, le scuole di tiro con l’arco non lavorano sulla parte psicologica ma solo sulla ripetizione del gesto. In Italia c’è una concezione più agonistica e lo sport non è sostenuto da una disciplina psicologica, introspettiva. In altri paesi come gli Stati Uniti investono molto sulla formazione sportiva, in Italia siamo in ritardo di anni nella psicologia dello sport".