Si sta delineando l’ordine di invio a Kiev dei carri armati da combattimento da parte dei Paesi NATO. I tank non arriveranno subito e non saranno molti, ma Zelensky non potrà dire di non aver avuto quello che chiedeva. Anche se sarà solo qualche decina di mezzi, si tratta pur sempre di armamenti pesanti aventi determinate implicazioni. Ora, il significato che gli attribuisce l’Occidente non è il medesimo di quello che intende la Russia. Quest’ultima vede nella fornitura crescente e costante di armi offensive e difensive il coinvolgimento diretto dell’Alleanza Atlantica nel conflitto. E invece Bruxelles e Washington gettano il sasso e nascondono la mano. Come riferisce il sito Strumenti Politici, al recente World Economic Forum il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha dichiarato che “le armi sono la via della pace”. Ammette anche che tale affermazione può sembrare paradossale, ma spiega che aumentando la potenza militare dell’Ucraina si potrà arrivare a una soluzione negoziale della guerra. Quindi secondo lui mandare sempre più armi e sempre più distruttive è la maniera giusta per porre fine al conflitto. Gli si potrebbe obiettare che dopo quasi dieci anni in cui l’Occidente fornisce armi e addestramento a Kiev, un conflitto alla fine è scoppiato. Ma della bontà dell’invio di tank e missili è convinta pure la premier della Finlandia, che tra l’altro non è ancora entrata nella NATO e che vanta una lunghissima tradizione di neutralità e pacifismo. A Davos, Sanna Marin ha detto di non sapere quando finirà la guerra, ma solo di dover fare in modo che l’Ucraina vinca. Secondo lei, infatti, “non vi è altra scelta”. I russi invece non pensano che l’unica pace possibile coincida con la vittoria di Kiev, anzi dicono apertamente che per loro mandare armi a Zelensky vuol dire entrare di fatto in guerra con Mosca.
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