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Attualità | 14 agosto 2023, 11:11

Dall’Afghanistan a Bricherasio “per non rinunciare ai sogni”

La giornalista e artista Kebrit è scappata dal suo Paese, assieme al marito, con l’arrivo dei talebani

Dall’Afghanistan a Bricherasio “per non rinunciare ai sogni”

È sbarcata dal volo dal Pakistan per Roma con il computer portatile stretto in una mano e dall’altra ‘Protest’, al suo fianco il marito sposato poco prima di fuggire dall’Afghanistan e dalle limitazioni ai diritti e alle liberà imposte talebani. La ventisettenne Parwana Kebrit, laureata in lingua e letteratura persiana e giornalista afghana, ora abita a Bricherasio, paese in cui ha stretto amicizia a Lilly Di Martino, presidente dell’associazione Leonardo Sciascia. Il suo olio su tela ‘Protest’, a giugno, ha vinto un concorso artistico ‘Ai miei sogni non rinuncio’ organizzato dall’associazione mosaico per i rifugiati in occasione della Conferenza Generale Dell’Ecre (Consiglio Europeo per i rifugiati e gli esiliati) svolta a Torino dal 15 al 20 giugno 2023.

L’attivismo per i diritti

Ma l’arte è solo una delle passioni di Kebrit che in Afghanistan era attiva nei movimenti per la parità dei diritti delle donne, assieme al marito, il trentunenne Jawanshah Behkoosh. “A causa dell’attivismo politico, e del lavoro come giornalista dell’agenzia Jinha, ho dovuto lasciare il mio Paese pochi giorni dopo l’arrivo dei talebani a Kabul” racconta. Era il 15 agosto del 2021; pochi giorni dopo lei e Behkoosh si sposarono e il 28 agosto si rifugiarono in Pakistan. Lui, laureato in scienze politiche, era attivo tanto quanto la moglie nel sostenere i diritti delle donne soffocati dai fondamentalismi islamici: “Non siamo molti uomini che la pensano così in Afghanistan – sorride con amarezza –. Credo appena il 5% della popolazione maschile”.

‘Protest’ è venuto alla luce proprio nei giorni vissuti da rifugiati in Pakistan, prima di raggiungere l’Italia il 23 febbraio di quest’anno, con i corridoi umanitari in cui è coinvolta la Diaconia valdese. Erano giorni di paura e scoraggiamento per Kebrit: “Il 5 agosto del 2022, giorno in cui i talebani festeggiavano la presa del potere, ho dipinto ‘Protest’. È stato mio fratello, dall’Afghanistan, a spingermi a farlo e mia sorella, per incoraggiarmi, mi ha spedito i colori”.

L’arte: tradizione di famiglia

L’arte infatti è un’abitudine diffusa in famiglia: “In casa mia tutti dipingevano, a partire da mia madre. Ma nessuno di noi ha studiato per farlo. Era piuttosto un modo per esprimere quello che sentivamo dentro” afferma.

Nonostante l’avversione dell’estremismo islamico per la raffigurazione artistica, Kebrit ha potuto coltivare la sua passione fino al 2021: “Agli Afghani piace l’arte, nonostante le preoccupazioni della quotidianità a volte sovrastino le passioni. Ci sono anche artisti conosciuti all’estero come Shamsia Hassani, giovane street artist e professoressa di scultura all’università di Kabul”.

“Quando se ne andranno, torneremo”

Quella del 2021 non è stata la prima fuga per Kebrit: “Tutta la mia famiglia si rifugiò in Pakistan già negli anni Novanta, con la prima presa del potere dei talebani. Ma in quel paese la vita per i rifugiati è dura, così i miei genitori decisero di tornare”.

Ora Kebrit coltiva a fianco del marito il sogno di un nuovo ritorno nel loro Paese: “La vita era difficile già prima dell’arrivo dei talebani a causa dei frequenti attentati ma nonostante tutto eravamo certi che saremo riusciti ad andare avanti. Con il loro arrivo abbiamo perso ogni speranza – racconta –. Tuttavia, quando se ne andranno, torneremo: là ci sono persone che hanno bisogno di noi”.

Elisa Rollino

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