Quando, poco più di un anno fa, è stato scelto come nuovo sovrintendente del Regio, il francese Mathieu Jouvin, 45 anni, ha subito capito ciò che la Fondazione voleva da lui: far rinascere e rilanciare il teatro lirico cittadino, dandogli una dimensione più europea.
Lei è passato da Parigi, dove era vicedirettore del Théâtre des Champs-Elysées, a Torino. Quale è stato l'impatto con la nostra città e cosa rappresenta per lei oggi?
Avevo sempre desiderato un’esperienza all’estero per respirare aria di libertà, a Bruxelles però non era andata così bene. A Torino invece mi sento a casa: qui c'è una vibrazione speciale. Non so se c’entra l'architettura, il patrimonio, la cultura o la gentilezza delle persone, ma sono stato benissimo dal primo giorno. Ancora oggi il mio legame con la città è fortissimo. La mia vita torinese gira innegabilmente intorno al Regio, che è diventato molto caro al mio cuore. Ma non posso nemmeno fare a meno dei Caffè come Mulassano o Baratti&Milano e dei bistrò come la Farmacia del Cambio. Mi piace passeggiare per tutto il centro, da via Lagrange a via Cavour. Adoro poi esplorare i mercati come quello di Santa Giulia, vicino a casa mia, o quello dei contadini a Porta Palazzo. Come è noto sono un grande amante del cibo, frequento ristoranti come il Magazzino52 o anche il Vitel Etonné ma ad attirarmi è tutta la cucina piemontese. Non è un caso se cerco di fare più sport possibile...qui il cibo è troppo buono e devo cercare di smaltirlo… (ride, ndr). Battute a parte, in questa città si sente molto la connessione con il Piemonte, con la campagna e con il territorio, basta pensare ai vini delle Langhe e del Monferrato.
E' vero che ha imparato l'italiano leggendo i libretti delle opere? Davvero è la lingua della musica?
Sì è vero che l'ho imparato cosí, ma ero avvantaggiato: l’italiano e il francese hanno le stesse radici. E poi avevo fatto molte vacanze in Italia. Però è innegabile: le migliori lezioni di lingua me le hanno date le Opere. Dopo un anno qui comunque lo parlo molto meglio, no? Per quanto riguarda la musicalità, non c’è dubbio che ci sia una connessione molto forte tra l'italiano e la musica. L’opera è l'arte italiana per eccellenza: questa è la verità. Dopodiché ci sono dei grandi esempi di lirica anche in Francia, Repubblica Ceca, Russia. In Italia, certo, c’è qualcosa di speciale.
Cosa sapeva del Teatro Regio prima di venire a Torino? E cosa l'ha invece stupita?
Il Regio ha sempre avuto una reputazione molto alta in Europa, di grande qualità artistica. Due cose mi hanno stupito: la prima è che qui in Italia si sente una forte tradizione nelle competenze, che è davvero molto evidente. Si vede che la gente sa fare il teatro, sia per quanto riguarda la parte tecnica che per quella artistica, il coro e l'orchestra. La seconda è l'architettura stessa del teatro, unica nel suo genere. L’edificio è incredibile, originale per il pubblico e per gli artisti, perfetto dal punto vista acustico: dà esso stesso un gran valore al Regio.
Quanto è difficile il suo lavoro e quali sono i suoi obiettivi?
Un elemento importante per il nostro Teatro è il rapporto con i torinesi. Sento in questa città l'orgoglio e l'onore di avere il Regio. Questo mi rende molto felice, ma allo stesso tempo mi richiede di essere all’altezza di quelle aspettative. Il Regio ha sofferto molto gli ultimi anni e necessita di grandi attenzioni e tante cose da riorganizzare, per questo il mio lavoro è molto impegnativo, 24 ore su 24. Se non ci fosse la passione, sarebbe davvero proibitivo. Il teatro è un organismo vivo, che va seguito giorno per giorno.
Lei ha spesso parlato di un teatro "a porte aperte" e iniziative come le anteprime giovani aiutano sicuramente a far venire in platea un pubblico nuovo. Quindi non è vero che la lirica è di nicchia, con un pubblico di soli anziani...
La Lirica? Per niente! So di questo pregiudizio, ma la verità è che la lirica è per tutti, la musica può toccare qualsiasi persona, a prescindere dall’età, dal ceto sociale, dalla sua cultura. La musica tocca i sentimenti e, messa insieme al teatro, è la cosa che può dare in assoluto le maggiori emozioni. Può piacere a qualsiasi persona. Il teatro, poi, ha un ruolo sociale: un tempo era il luogo dove le persone si incontravano e ancora oggi è così, ci si va con gli amici, con il partner, per una serata aziendale… Si tratta di persone che condividono uno spettacolo, ma anche un'esperienza. Dovrebbe diventare un'abitudine, pur restando una cosa eccezionale.
Quest'anno si festeggiano i 50 anni del Regio. Come si celebra una ricorrenza così importante?
Abbiamo già realizzato due iniziative: due giorni aperti gratuiti e i “Vespri siciliani” in formato di concerto a luglio. La prossima, a metà ottobre, sarà la mostra su Carlo Mollino, l’architetto che ha creato nostro magnifico edificio. Vorrei poi permettere a tutti – anche a chi di solito non lo fa - di entrare all’interno del teatro, per scoprire cosa c’è. Per questo, realizzeremo un’installazione artistica esterna con foto degli interni.
La nuova stagione è intitolata Amour Toujours. Un tributo a Gigi D'Agostino, altra eccellenza torinese? Ma immagino che sia anche un tributo all'amore, è corretto?
Sì. Diciamo che il desiderio di base era di realizzare una stagione intorno alla figura e alle Opere di Puccini, nel centenario della sua morte. Il legame tra Puccini e Torino è infatti fortissimo: in questa città sono stati scritti capolavori come “Bohème” e “Manon Lescaut”. E Puccini ha sempre parlato d'amore. Il titolo di questo successo di Gigi d'Agostino è molto bello e quindi abbiamo scelto questa citazione.
In cartellone per il 2023/2024 tanti titoli interessanti, forse non tutti conosciutissimi dal grande pubblico. Come mai questa scelta?
Questa è la vera sfida. Sappiamo bene che se proponiamo un gran titolo, la gente viene. Allo stesso tempo ci accorgiamo che spesso il pubblico non prende il rischio davanti a un titolo che non conosce. Speriamo invece di convincerlo a darci fiducia attraverso la qualità delle proposte. Mi lasci citare il ritorno di Riccardo Muti, che dirigerà una delle opere forse non di primo piano di Verdi, “Un ballo in maschera”. La conferma del Maestro è un segno di stima nei confronti del Regio, ma soprattutto vuol dire molto sulla qualità del nostro teatro, dei professionisti, del coro e dell'orchestra. E quando c’è qualità, il pubblico se ne accorge e a teatro arriva, anche solo grazie al passaparola. Questo vale anche per altri titoli straordinari, come “La Juive”, che aprirà la stagione. Un'Opera preverdiana, con una dimensione politica ma anche un aspetto romantico. La musica è molto forte e molto bella: chi si prenderà il rischio di venire a vederla uscirà dicendo “wow”. E cosa dire della “Rondine” di Puccini? È un po' Boheme e un po' Traviata: per me un titolo stupendo, non capisco perché sia conosciuto meno di altri. Spero proprio che il pubblico andrà oltre i suoi pregiudizi e si incuriosirà di queste novità. Io sono convinto che uscirà dal teatro sempre soddisfatto.
Ci dia un consiglio: quando si va a vedere un'opera, meglio conoscerla già nei dettagli o meglio la sorpresa?
Secondo me la scoperta è sempre interessante, ma è anche vero che la conoscenza può dare emozioni sempre nuove. Se fossi io, verrei la prima volta a teatro per poi tornare. Se volete fare il percorso più emozionante andate a teatro e godetevi l’Opera, poi comprate il cd e riascoltatelo a casa, leggete il libretto. A quel punto tornate a teatro: le vostre emozioni, le sensazioni, saranno diverse e più sorprendenti.
Chi pensa al Regio, molto spesso pensa alla Lirica, ma in realtà c'è molto altro: dal Balletto ai concerti...
Il Balletto è una componente fondamentale del programma del Regio, in particolare per il mese di dicembre. Quest’anno ospiteremo le compagnie di Praga e Kiev, più ci sarà l’appuntamento con Roberto Bolle a inizio gennaio. Anche i Concerti saranno molto importanti e di qualità, in collaborazione con la Filarmonica. Per il pubblico sarà un piacere e un’opportunità poter vedere e ascoltare la nostra eccezionale orchestra anche fuori dal contesto delle Opere liriche.
Convinca un giovane a fare per la prima volta l'abbonamento al Regio. E poi convinca uno storico abbonato a rinnovarlo.
Al giovane dico di concedere a se stesso l’opportunità di innamorarsi di questa emozione. L’Opera gli darà nuovi punti di vista per affrontare la sua vita. Ha cambiato la mia, sono sicuro che potrà cambiare anche la sua. Al vecchio abbonato vorrei soltanto ricordare che questo sarà l’anno di rinascita del Regio. E che il rapporto del nostro pubblico con il nostro teatro è come quello di una coppia: l’amore va rinnovato ogni giorno, nel nostro caso ogni anno. E noi siamo sempre pronti a regalare nuove emozioni.