Un autunno che fa cadere le foglie, ma non le speranze, per il commercio torinese. Lo svela l'ultima indagine di Ascom Torino, che rivela come il terzo trimestre abbia mostrato una certa tenuta rispetto al giro di boa di giugno, mentre le speranze adesso sono affidate al periodo natalizio, quando i consumi subiscono tradizionalmente un'accelerata.
Il clima di fiducia tiene, sotto la Mole, facendo anche meglio della media nazionale. Per il 64% delle imprese il periodo luglio – settembre è stato ‘uguale’ o ‘migliore’ rispetto al trimestre precedente. E se si cerca di guardare ai prossimi mesi, si spera in un ulteriore miglioramento in vista del Natale 2023.
Speranze di Natale
"Le nostre imprese stanno affrontando le crisi in atto con grande coraggio – dice la presidente di Ascom Confcommercio Torino e provincia, Maria Luisa Coppa – e la dimostrazione è una sostanziale tenuta del settore visto nel suo complesso. Nonostante le guerre internazionali in corso, la congiuntura economica negativa e la mancanza di una politica seria a favore del settore, i nostri imprenditori tengono salda la posizione e difendono le attività costruite nel tempo, guardando con fiducia al Natale in arrivo".
Turismo e ristorazione fanno storia a sé
Ma come sempre, non è una media che valga per tutti: ci sono disparità tra i diversi comparti del terziario: se da un lato turismo e ristorazione stanno vivendo una stagione positiva, dall’altro abbigliamento e piccole attività di vendita sono in difficoltà a causa di un sistema che continua a favorire le grandi catene e i colossi dell’e-commerce, e che in questo momento si somma ad un’importante contrazione dei consumi. "È necessario invertire la rotta - dice Coppa - proprio per questo stiamo lavorando con il Comune di Torino ad un progetto di valorizzazione del commercio di prossimità e di tutela delle imprese storiche".
Numeri in tenuta
I ricavi sono giudicati sostanzialmente stabili, allineati con la media nazionale: per il 20% c’è stato un miglioramento rispetto al trimestre precedente (era il 18%), per il 55% la situazione è invariata e per il 25% è peggiorata (era il 28%). Resta preoccupante la situazione dei prezzi praticati dai fornitori alle imprese del terziario della provincia di Torino. La previsione per la fine dell’anno lascia presagire un ulteriore peggioramento.
La condizione occupazionale resta stabile rispetto al trimestre precedente per l’81% delle imprese e in miglioramento per il 9%. La previsione in vista della fine della fine dell’anno resta immutata.
"Mantenere la barra al centro è l’ordine di comando a tutte le imprese che navigano nel mare di questi mesi difficili: occorre affrontare la navigazione con tutte le accortezze e gli strumenti possibili - commenta il direttore di Ascom Confcommercio Torino e provincia, Carlo Alberto Carpignano -. Attenzione al rapporto con la banca e alle modalità di finanziamento, attenzione alla sostenibilità ambientale ed economica, occhio all’innovazione e alla digitalizzazione, senza cadere nella burocrazia o nelle maglie di norme astruse e di difficile interpretazione".
La situazione della liquidità resta stabile rispetto al trimestre precedente per il 70% delle imprese e migliora per il 7% (a giugno era il 5%). L’indice globale arriva a 37, inferiore di tre punti rispetto alla media nazionale e fortemente al di sotto nella linea del «50» che separa convenzionalmente un’area di contrazione del mercato dall’area di crescita.
In lieve calo la quota di imprese che hanno chiesto credito alle banche negli ultimi tre mesi. Il 60% di queste ha visto accogliere interamente la propria domanda. Il 70% delle imprese ha fatto richiesta di credito per esigenze di liquidità e cassa, il 26% per effettuare investimenti e il 4% per la ristrutturazione del debito.
Che 2024 sarà?
Ma quando pesa l'incertezza economica (oltre che geopolitica) sui piani futuri del commercio sabaudo? Il 46% degli intervistati conferma i piani di investimento già in programma per il 2024. In particolare, il 26% effettuerà regolarmente gli investimenti e il 20% pensa di rimodularli e di non rinunciare. Sono soprattutto le grandi imprese della ristorazione, del turismo e dei servizi alle imprese a trainare questa tendenza, mentre le attività più piccole, soprattutto del settore non food si vedono costrette a rimandare gli investimenti.
Per quanto riguarda, invece, le conseguenze dell’inflazione sull’occupazione, il 57% conferma che saranno effettuate regolarmente tutte le assunzioni previste. Anche in questo caso si tratta prioritariamente di grandi aziende con il primato del settore turistico.
Sul fronte dell’andamento dei ricavi, il 60% degli intervistati ritiene che vi saranno conseguenze nulle (39%) o marginali (21%). Similare la situazione sui timori di una diminuzione della clientela: il 58% si dimostra fiducioso; di questi il 20% dichiara che non vi saranno impatti negativi e il 38% che ci potrà essere qualche oscillazione. Non vi sono grandi scostamenti di risposta tra grandi e piccole aziende, mentre la bilancia pesa a favore della ristorazione e del turismo, con una penalizzazione del commercio sia food che non food.