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Un Occhio sul Mondo | 23 marzo 2024, 09:00

Cosa succede nel Mar Rosso

Il punto di vista di Marcello Bellacicco

Cosa succede nel Mar Rosso

Nelle ultime settimane, gli elogi a Comandante ed equipaggio del Cacciatorpediniere lanciamissili Caio Duilio per l'abbattimento di tre droni nel Mar Rosso si sono sprecati. Presidente del Consiglio e vari Ministri, tra cui Difesa ed Esteri in prima fila, hanno espresso la loro gratitudine alla nostra nave da guerra, mentre un compito Capo di Stato Maggiore della Difesa descriveva enfaticamente tutte le fasi degli interventi. In realtà, si è trattato di normali attività operative, la cui enfatizzazione non solo è sproporzionata sotto l'aspetto tecnico, ma è probabilmente inopportuna, perché esasperare l'animo dell'avversario, non è mai una cosa conveniente, tanto è vero che dopo il primo drone, gli Houthi ci han riprovato con altri due e, forse, non la smetteranno sino a quando non riusciranno a creare un problema più serio.

E potrebbero anche riuscirci, perché questo gruppo politico-militare sciita è tutt'altro che un movimento terrorista di limitate capacità, perché è fortemente motivato, ben strutturato, con prolungata esperienza di guerra e ben rifornito di armamenti, che sa impiegare con una discreta efficacia.

Si fanno chiamare Houthi, dal loro fondatore Hussein al Houthi, ma Il vero nome del Gruppo è “Ansar Allah”, il cui significato “Difensori di Dio” la dice lunga sull'ispirazione di questo movimento che combatte dai primi anni '90, ma assurge alle cronache internazionali partecipando alla rivolta yemenita del 2011 e conquistando una buona parte del Paese e tutte le maggiori città, compresa la Capitale Sana'a nel 2015.

In questi anni, sostenuti dall'Iran, non hanno avuto problemi ad ingaggiare un conflitto anche con l'Arabia Saudita, che ha portato lo Yemen ad un disastro umanitario che coinvolge circa 20 milioni di persone.

Tra i territori controllati dagli Houthi c'è anche la costa occidentale yemenita, che comprende lo stretto di Bab el Mandeb, che mette in comunicazione l'Oceano Indiano ed il Mar Rosso, un passaggio di valenza strategica infinita, perché qualsiasi nave che utilizza lo stretto di Suez deve passare di li.

Per avere un'idea dell'importanza di tale area è sufficiente qualche dato statistico. Utilizza lo stretto il 12% del traffico mondiale, il 30% del trasporto con container, il 5% del greggio e il 10% dei prodotti petroliferi, per un totale di circa 25 mila navi all'anno.

Anche se godono della completa autonomia finanziaria e tendono a gestire la propria politica geo-strategica in maniera indipendente, tuttavia è possibile affermare che gli Houthi fanno parte di quella galassia medio orientale sotto l'influenza iraniana, al pari del movimento libanese Hezbollah, anche perché è stato provato che Teheran li rifornisce regolarmente di armamenti, soprattutto quei missili e droni in grado di colpire il naviglio, in transito nello Stretto di Bab el Mandeb.

E' necessario evidenziare che, prima dell'inizio della guerra tra Israele e Hamas, a parte qualche attacco e sequestro contro navi dei Paesi Arabi, gli Houthi non avevano creato grosse difficoltà al traffico marittimo nel Mar Rosso. Con l'avvio di questo conflitto, il Gruppo si è apertamente schierato a favore del movimento palestinese, dichiarando di voler colpire ogni nave diretta verso Israele e di voler creare problemi al traffico commerciale in generale, per indurre la Comunità Internazionale a perseguire la fine dell'attacco alla Striscia di Gaza.

Dopo le prime azioni di relativa rilevanza operativa, il 19 novembre 2023, gli Houthi hanno fatto il salto di qualità in quanto, impiegando anche elicotteri, hanno attaccato e sequestrato la nave Galaxy Leader di proprietà di una compagnia giapponese e della Ray Shipping, una società in parte controllata da un imprenditore israeliano.

Questa azione, seguita dall'intensificarsi di atti ostili contro naviglio internazionale – sinora sono state attaccate una quarantina di navi di una quindicina di Nazioni – hanno determinato una reazione internazionale, concretizzatasi in una Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU (N. 2722), che ha ribadito il diritto delle Nazioni di difendere i propri traffici commerciali. Sotto l'egida della decisione ONU, a cui non si sono sottratti neanche Cina e Russia, si sono avviate due distinte operazioni aero-navali.

La prima, denominata “Prosperity Guardian”, è sotto la guida degli Stati Uniti, peraltro già pesantemente presenti nell'area da anni. Pur se la missione ha una natura ufficialmente difensiva, l'adesione da parte dei maggiori Paesi europei è stata controversa. Infatti, Francia, Spagna e Italia hanno impiegato proprie unità navali, ma non le hanno poste sotto comando americano. Infatti, la nostra Fregata “Virgilio Fasan” è stata inviata nel Mar Rosso e posta sotto la Missione UE “Atalanta”, che agisce nel Corno d'Africa e ha funzione anti-pirateria.

La scelta nazionale, pur se un po' artificiosa, perché come visto, gli Houthi sono ben diversi dai pirati somali, ha consentito di disporre di una buona unità navale nella zona calda a protezione delle nostre navi ma, soprattutto, ha evitato al Governo il nostro inopportuno coinvolgimento, oppure un diniego sensato ma imbarazzante, nelle operazioni di bombardamento che gli aerei USA e UK hanno ripetutamente effettuato sulle postazioni Houthi in territorio yemenita. Azioni che hanno avuto l'effetto di radicalizzare ulteriormente le posizioni, in quanto il Gruppo sciita le ha considerate come un'ingerenza americana nel conflitto interno dello Yemen.

E' da evidenziare che anche altri Governi dell'area hanno espresso preoccupazione per un'escalation, tanto è vero che Gibuti, notoriamente propensa a collaborare con l'Occidente (anche l'Italia ha una base in loco), ha risposto negativamente alla richiesta americana di posizionare missili per colpire gli Houthi in Yemen.

Di diverso approccio è la missione Europea, a cui partecipa il nostro Cacciatorpediniere “Caio Duilio” unitamente a tre fregate di Germania, Belgio e Grecia, che ha una natura “realmente difensiva”, non prevedendo attacchi, preventivi o non, ad assetti nello Yemen.

L'Operazione ha nome “Aspides”, il cui significato “Scudi”, ne delinea perfettamente i compiti i quali, ispirandosi fedelmente a quanto sancito dall'ONU, sono quelli di proteggere le navi in transito nel Mar Rosso, in particolare, nello Stretto Bab el Mandeb, ma anche nello Stretto di Hormuz, nel Golfo di Aden e nel Mare arabico.

Il Comandante in Capo è un Ammiraglio greco, mentre quello “in mare” (Force Commander) è il Contrammiraglio italiano Stefano Costantino, imbarcato proprio sul Duilio.

Il costo dell'operazione è al momento stimato in 8 milioni di Euro, ma è prevedibile che costi e tempi si dilateranno, cosi come i rischi, che sono da prevedere anche in funzione di ciò che Israele intenderà fare prossimamente a Rafah.

Volendo fare una prima valutazione generale, si può dire che l'Operazione Aspides, contrariamente al passato, si è concretizzata abbastanza rapidamente, non solo per le impellenti esigenze operative nel Mar Rosso, ma perché ha goduto della spinta politica di Italia, Francia e Germania che hanno inteso dimostrare la volontà europea di costituire una Difesa comune. Il Ministro Antonio Tajani l'ha dichiarato esplicitamente “Un passo considerevole verso la Difesa europea”. Un argomento molto complesso, dibattuto da decenni, che comporta aspetti non solo militari, ma prevalentemente finanziari ed industriali, che presentano problemi di difficile soluzione e tempi lunghi. Pensare che un'operazione costituisca una “passo considerevole” è come costruire una casa cominciando dal tetto.

Con questa operazione, l'Unione Europea vuole quindi mostrare un volto interventista, che raramente le è appartenuto nel passato, ma che potrebbe coinvolgerla in una responsabilità generale di allargamento ulteriore del conflitto mediorientale.

Una domanda però rimane. Perché l'opzione militare è stata adottata in prima priorità senza minimamente considerare un'ipotesi negoziale? Indubbiamente gli Houthi non hanno una valenza statuale e possono apparire poco affidabili, ma le recenti esperienze degli Emirati Arabi e dell'Arabia Saudita, nemica dichiarata del Gruppo sciita, dimostrano il contrario, visto che, su un piano diplomatico, sono riusciti ad ottenere la fine degli attacchi houthi con missili e droni sui loro porti, aeroporti e impianti petroliferi.

Purtroppo, sembra che ormai i verbi trattare e negoziare siano stati cancellati dai dizionari di politica internazionale dei governanti europei. Non sono stati coniugati con la guerra Russia – Ucraina e non vengono considerati neanche nella gestione della profonda crisi mediorientale. E l'Italia risulta essere tra I Paesi più “facinorosi”, con le conseguenze che proprio gli Houti hanno cominciato ad evidenziare, dichiarando che la decisione di guidare l'Operazione Aspides potrebbe rivelarsi pericolosa. Una minaccia non troppo velata, pronunciata da gente che, in queste cose, ha spesso dimostrato di possedere un livello di affidabilità veramente elevato.

Marcello Bellacicco

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