Da Torino a Venezia in bicicletta, lungo il Po: è il percorso della ciclovia VenTo, un progetto del Politecnico di Milano che è nelle ultime fasi di realizzazione. Antonio Borraccino, insegnante di Cumiana, l'ha da poco percorsa in un viaggio di dieci giorni - o almeno ci ha provato - e ha raccontato la sua esperienza, per capire qual è la situazione attuale dei 700 km di ciclovia e quali sono le problematiche maggiori. Antonio è stato ascoltato e premiato con una medaglia della Città di Torino dall'assessore allo sport Mimmo Carretta, per essere stato un "inviato speciale", un osservatore sul campo della lunga pista ciclabile che unisce Piemonte e Veneto.
Antonio, come mai questo viaggio?
"Sono andato a trovare un ex collega veneziano di quando lavoravamo a Londra. Visto che sono abituato ad andare in bici ho scelto quel mezzo: ogni giorno da Cumiana vado al lavoro a Torino con la bicicletta. O uso quella pieghevole che carico in macchina e parcheggio a Torino sud, oppure direttamente da Cumiana con una bici da gravel a pedalata assistita, per non arrivare a scuola troppo sudato".
Quanto è durato il viaggio?
"Ci ho messo 10 giorni, sono tornato il 15 settembre dopo aver trascorso qualche giorno a Venezia col mio amico. Ho usato una bici con un carretto dietro con cui trasportavo una tenda. Ho pedalato circa 1200 km, non sono sicuro perché lo smartphone si scaricava e non è sempre possibile fare la ciclovia".
Come mai?
"Ho cercato di seguire il più possibile il percorso della VenTo ma non è sempre possibile. A volte due tratti non sono ancora collegati oppure non conviene seguirla e conviene fare un altro percorso più breve. O, ancora, a volte passa da campi poco percorribili e ho dovuto cambiare strada. In alcuni punti non è segnalata bene e non è facile riconoscerla ma ho trovato tante persone disponibili per darmi le indicazioni".
Com'è il percorso?
"Da Cremona in poi è bellissimo. ci sono molti percorsi con un asfalto liscio come l'olio, dove puoi andare a velocità costante, con piste ciclabili ben illuminate. Qualche problema in qua e là con le radici ma la maggior parte del percorso è in sicurezza. Mancano però i servizi: c'è solo un "punto bici" con attrezzi e pompe per le gomme, e non ci sono posti dove dormire. Io ho dormito spesso in tenda a bordo pista ma non so se una donna l'avrebbe potuto fare. A parte a Torino, che ha i toret, non ci sono punti acqua: bisogna andare nei bar, dove mi fermavo per ricaricare lo smartphone e bere".
E il tratto piemontese?
"Io sono partito da Cumiana passando vicino Stupinigi e poi arrivare al Parco del Valentino, percorrere corso Casale e poi andare verso Settimo Torinese. Fino lì è un bel percorso, dopo è più complicato. In Piemonte molti tratti sono nei campi su strade poco percorribili e sterrate, però le parti lungo il Po qui nel torinese sono tra le più belle di tutto il percorso".
Hai avuto qualche difficoltà?
"Subito il primo giorno per un forte temporale mi sono dovuto fermare sotto un ponte, ma la pioggia si è interrotta dopo mezzanotte e ho dormito lì. Per il resto è andato tutto bene, ho incontrato pochi ciclisti lungo il percorso ma le persone nei bar erano interessate. Solo l'ultimo giorno, a Torino, un signore ha avuto da ridire sui ciclisti: è qui che serve un cambio di mentalità".
Come mai, secondo lei?
"Torino essendo stata la città dell'auto c'è ancora una mentalità legata all'automobile e si vede il ciclista come un pericolo e un fastidio e non come qualcosa di positivo. In questo modo ogni passo in quella direzione diventa una montagna".