Cinque donne hanno inaugurato le Giornate della Legalità, e non è un caso. Il tema di questa edizione - la terza - è "Contro i luoghi comuni" e proverà a smontare stereotipi e pregiudizi, a partire dalla questione di genere. Per questo motivo, ad accogliere i quasi 800 studenti delle scuole superiori presenti nell'Aula Magna del Tribunale di Torino, c'erano cinque figure femminili a fare da esempio, primo passo verso una vera eguaglianza.
La vicesindaca di Torino Michela Favaro, la direttrice del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Torino e curatrice dell'evento Valeria Marcenò e le magistrate Flavia Panzano - presidente della sezione piemontese dell'Associazione Nazionale Magistrati -, Lucia Musti - procuratore generale Piemonte e Valle d'Aosta -, Chiara Canepa - sostituto procuratore di Torino - hanno anticipato l'intervento successivo dal titolo "È stato solo un raptus". Tra parole, teatro e musica, gli avvocati Anna Ronfani e Nicodemo Gentile, rispettivamente vice presidente dell'associazione Telefono Rosa Piemonte e legale della Fondazione Giulia Cecchettin, hanno dialogato sul femminicidio.
"È stato solo un raptus. Era un bravo ragazzo. Era il fidanzatino. Spesso sentiamo queste frasi, che sono una forma di giustificazione - ha commentato Valeria Marcenò -. Per questo è importante parlare di violenza. L'idea di queste giornate è partire dai luoghi comuni, smontarli e sentire chi ha qualcosa da dire".
Flavia Panzano ha parlato di "piano inclinato" nelle relazioni tra uomo e donna, invitando a comprendere a fondo da che parte ci troviamo. Chiara Canepa ha invece ricordato come anche durante l'assemblea costituente ci furono discussioni sul ruolo delle donne, da alcuni uomini ritenute inadatte a ricoprire il ruolo di magistrate per "differenze psicologiche".
"Il raptus non esiste - ha spiegato Musti -. La psichiatria parla di folle gesto ma è un qualcosa che ha altro dietro. Per questo siamo qui oggi, per sfatare i miti".
Tiziana Vaccaro e Michele Fagnani hanno accompagnato gli interventi con musica e teatro, raccontando le storie di donne, ragazze e bambine uccise dal marito o dalla famiglia. I ragazzi in sala hanno cantato "Albachiara" con loro.
"Parlare di significati profondi significa non fermarsi alla superfice, e in questa edizione si parla di luoghi comuni di cui il mondo della legalità ne è costellato", ha commentato Favaro.
"Il femminicidio - ha dichiarato Ronfani - non indica solo il sesso della vittima ma il motivo per cui è stata uccisa, cioè che la donna non faceva quello che l'uomo voleva che facesse".
"È una guerra quella che si sta combattendo, purtroppo da anni, nelle nostre famiglie - ha spiegato Gentile -. Il femminicidio nasce nelle famiglie, è una violenza democratica e trasversale: ci sono medici, militari, magistrati che hanno compiuto o sono vittime di femminicidi".
"Non devo aggiungere altro", ha concluso, dopo aver fatto ascoltare un audio inviato da Giulia Cecchettin a un'amica, in cui la ragazza raccontava di non sapere come dire a Filippo Turetta che a volte preferiva rimanere a casa.



















