"Dalla nostra esperienza accanto alle donne in difficoltà nel portare avanti la gravidanza emerge che il vero problema non è facilitare l'accesso all'aborto, ma offrire loro un valido aiuto per rimuovere le cause che inducono all'aborto, così come stabilisce la stessa legge 194".
È il commento di Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII, all'ordine del giorno approvato l'altro ieri dal Consiglio Regionale del Piemonte, con cui l'organismo "si impegna ad aggiornare la legge regionale n.39 del 9 luglio 1976 al fine di esplicitare ancor più nettamente il divieto all'obiezione di coscienza per gli operatori consultoriali".
"Come associazione abbiamo più volte denunciato il fatto che il percorso verso l'aborto oggi viene spesso gestito come una normale pratica sanitaria – prosegue Ramonda –. La donna non solo non viene adeguatamente sostenuta ed aiutata nella scelta di proseguire la gravidanza, ma in un caso su tre le donne che si sono rivolte alla nostra associazione nel corso del 2015 hanno denunciato di aver subito pressioni per abortire. Al contrario, quando hanno ricevuto una vicinanza e un aiuto concreto, due donne su tre, tra quelle che stavano valutando di abortire, hanno invece scelto di tenere il bambino. Un risultato eccezionale che se proiettato a livello nazionale potrebbe salvare migliaia di bambini".
"Auspichiamo, dunque, un altro ordine del giorno del Consiglio Regionale"– conclude Ramonda – "volto a garantire sempre l'accompagnamento e l'aiuto concreto a sostegno della gravidanza e non vincolato alla disponibilità di qualche operatore sanitario o di qualche associazione"