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Calcio | 03 dicembre 2016, 11:27

Tanti auguri vecchio cuore granata: il Torino compie 110 anni!

Il Torino festeggia oggi il suo compleanno e lo fa in uno splendido momento

Tanti auguri vecchio cuore granata: il Torino compie 110 anni!

Da Hans Schoenbrod a Urbano Cairo. Storie di presidenti di ieri e di oggi. Il Torino festeggia oggi i 110 anni, essendo nato ufficialmente la sera del 3 dicembre 1906, quando decisero per la fusione i soci dissidenti della Juve e i dirigenti del Football Club Torinese. Dalla birreria Voigt, dove un corpulento signore svizzero di nome Alfredo Dick convinse i più riottosi e indecisi a dare vita ad una nuova società calcistica, quanta strada è stata percorsa fino ad arrivare alla odierna società che ha sede in via Arcivescovado. Soprattutto, quanti campioni hanno indossato la gloriosa maglia granata.

Sette scudetti, cinque Coppe Italia, per palmares il Toro fa parte dell’elite del calcio italiano, anche se troppe volte da metà degli anni Novanta in poi ha vissuto in posizioni di retroguardia o, peggio, ha dovuto convivere con l’anonimato della serie B. Il compleanno numero 110 cade in uno dei momenti migliori della società granata nell’ultimo ventennio. Ma riportando indietro le lancette della storia, se vogliamo citare il primo grande giocatore a indossare la maglia granata non possiamo che partire da Enrico Bachmann, il centrocampista svizzero che fu il primo capitano di un Toro eroico a cavallo della Prima Guerra Mondiale. La svolta per la società arriva a metà del decennio successivo, quando alla presidenza arriva il conte Ernesto Marone Cinzano, che fa costruire le tribune di quello che diventerà lo stadio Filadelfia e allestisce una squadra di prim’ordine, col celebre “trio delle meraviglie” Baloncieri-Libonatti-Rossetti. Il Toro conquista due scudetti, anche se il primo viene revocato per una presunta combine (il caso Allemandi) mai del tutto provata.

Poi, dopo un decennio di alterne fortune, nel 1939 sale alla guida della società Ferruccio Novo e dal 1943 si parlerà del Grande Torino. Di una squadra la cui formazione era diventata come la filastrocca che ogni bambino sapeva recitare, perché quei nomi erano noti a tutti: Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola. Cinque scudetti di fila, una pioggia di record tuttora imbattuti, il campo Filadelfia inespugnabile. Il tutto con la guerra in mezzo, e chissà quanti altre vittorie ci sarebbero state ancora, se non ci fosse stata la sciagura aerea di Superga e quel maledetto 4 maggio 1949, che consegnò alla leggenda quei ragazzi. Perché, come scrisse Indro Montanelli, solo il fato li vinse.

Poi anni di anonimato, la retrocessione in serie B quando sulle maglie granata apparve la scritta Talmone, il ritorno al Filadelfia e poi il definitivo trasloco allo stadio Comunale, il ritorno alla grandeur con lo scudetto del 1976 che fece ringiovanire intere generazioni di tifosi, grazie ai gol dei ‘gemelli’ Pulici e Graziani. Ancora bagliori di gloria a metà degli anni Ottanta, quando alla guida della squadra tornò Gigi Radice, il tecnico dell’ultimo trionfo tricolore, che trovò in Junior e Dossena i suoi alfieri. Dopo l’amara retrocessione del 1989, un nuovo fugace momento di gloria, con la Coppa Uefa sfiorata nel ’92 e il successo dell’anno dopo in Coppa Italia. Poi tanti, troppi anni ai margini del grande calcio. Complici presidenze dissennate, dal notaio chansonnier Goveani al ‘rapace’ Calleri, dai ‘genovesi’ alla coppia Cimminelli-Romero, che firmò la morte della società, con il fallimento del 2005.

Ad un passo dal centenario il Toro ha rischiato di sparire, se oggi è vivo e sta tornando a livelli degni della sua storia il merito va a Urbano Cairo. Non sarà più il ‘Papa’ dei primi anni di presidenza, quando era stato accolto da un entusiasmo senza precedenti, complice una miracolosa promozione conquistata appena nove mesi dopo la rinascita della società. Ha sbagliato e pagato dazio anche lui, con un doloroso triennio in serie B, ma dal 2011 il Toro è andato sempre in crescendo. Ha riconquistato l’Europa e vuole tornarci l’anno prossimo. I campioni di oggi sono Belotti, Ljajic e Iago Falque, in porta l’inglese Hart, capitano il giovane Benassi. Chissà se qualcuno di loro saprà scrivere pagine gloriose come hanno fatto Claudio Sala, Castellini, Lentini, Cravero e Fusi. A Cairo nessuno chiede di essere il nuovo Ferruccio Novo, forse neppure di essere un altro Orfeo Pianelli, il presidente dell’ultimo scudetto, ma di tenere sempre il Toro nelle zone nobili sì. E a Mihajlovic, che ha raccolto l’eredità di Ventura, l’uomo che ha riportato la squadra dalla B all’Europa League, auguriamo di essere tremendista come lo sono stati Giagnoni e (il primo) Mondonico, i due tecnici più amati dal popolo granata assieme a Radice, facendo sempre battere forte il vecchio cuore granata.

Soprattutto, i tifosi del Toro sperano di non dover versare altre lacrime. Superga, la tragedia di Gigi Meroni, il dramma di capitan Ferrini. La storia granata è stata costellata di troppi dolori, di troppe morti premature, al cospetto delle quali impallidiscono i ricordi di tanti trionfi e di molte delusioni. Ma l’essenza granata è proprio questa, spirito dei appartenenza, orgoglio e sofferenza. E allora, tanti auguri Toro.

Massimo De Marzi

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