ELEZIONI REGIONALI
 / Attualità

Attualità | 22 gennaio 2017, 10:30

Viaggio con un tappetino nei campi profughi di Karamanlis e Frakabor

La storia di due volontarie torinesi che hanno portato lo yoga nei campi profughi della Grecia

PH credit: Yogaround

PH credit: Yogaround

 

Oggi vi raccontiamo una storia. La storia di due volontarie che sono partite a dicembre per la Grecia, alla volta dei campi profughi di Karamanlis e Frakabor, per portare là lo yoga.

Il progetto, che ha il nome di Yogaround, nasce a Torino e raccoglie volontari e amanti dello yoga, con l’obiettivo di trasferire la meditazione e le diverse tecniche di questa disciplina tra gli adulti e i bambini dei campi.

La volontà è quella di vincere barriere linguistiche e differenze culturali e di intessere relazioni umane tramite l’uso di un tappetino, aiutando le persone che vivono nei campi a superare traumi, tenendo la mente salda quando ricordi dolorosi si fanno prepotentemente strada nel quotidiano, soffocandolo.

A Karamanlis e Frakabor, le volontarie sono arrivate insieme al freddo e il gelo invernali.

Le case, raccontano, sono tende distanti le une dalle altre di circa 20 centimetri: non c’è spazio per la privacy, c’è solo spazio per il freddo, per la speranza e necessità di provare a costruirsi un quotidiano. Un quotidiano che per ora, dicono le volontarie, è fatto di incertezza ed è proprio questa mancanza di sapere cosa accadrà, cosa ne sarà di loro tra qualche mese che “rende la mente più instabile e difficile il superare ogni momento presente.”

“Vivere qui,” dice una volontaria,“è come essere bloccati in ospedale a tempo indeterminato. Non è una vera prigione ma per le dinamiche che la determinano, ti contiene nelle sue mura. Il tempo scorre lento, ogni minuto un’ora e domani come oggi.”

Durante il loro periodo di permanenza nel campo, le volontarie si sono scontrate con una realtà difficile, che hanno provato ad affrontare con le pratiche dello yoga, che – per loro stessa ammissione – “da solo di sicuro non basta e non scalda le tende, ma crea momenti di serena e gioiosa tranquillità”.

Un percorso lento quello di rinascita e ricostruzione personale che avviene attraverso lo yoga e che non tutti accettano di fare, perché “molti preferiscono affogare nelle emozioni, nelle abitudini e nella commiserazione”.

Nonostante tutto, le volontarie di Yogaround credono che lo yoga sia un importante strumento per rafforzare la propria interiorità, aiutandola a meglio sopportare e provare a superare le avversità quotidiane della vita del campo.

Effetti positivi questi che il progetto Yogaround aveva già sperimentato nel marzo 2016, quando le operatrici, insieme al Centro italiano di scambio culturale Vik di Gaza City, avevano lanciato il progetto YoGaza, portando lo Yoga nella Striscia di Gaza.

Le volontarie sono andate via dalla Grecia nei primi giorni di gennaio, lasciando agli abitanti dei campi di Karamanlis e Frakabor le pratiche della meditazione e portandosi nel cuore e nella mente una realtà fatta di piccole cose e di grandi avversità.

 

Giulia Maccagli

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A MAGGIO?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare" su Spreaker.

WhatsApp Segui il canale di TorinOggi.it su WhatsApp ISCRIVITI

Ti potrebbero interessare anche:

Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore|Premium