La manifattura piemontese all’alba della rivoluzione 4.0. Dove va il nostro territorio, nell’ambito della cosiddetta Quarta rivoluzione industriale? Di sicuro, si muove in una situazione di ritardo collettivo, ma cerca di tirare il gruppo, se non alla volata, almeno a un passo spedito. E può fare affidamento su una base solida e competitiva.
Lo dicono i numeri – presentati questa mattina in occasione del convegno “La manifattura in Piemonte. Dalla tradizione al futuro” – che raccontano di un’Italia quart’ultima in Europa se si parla di sviluppo digitale. Ampiamente al di sotto della media europea e dietro a Paesi quali Grecia, Bulgaria e Romania.
Il Piemonte, in questo contesto, con un comparto produttivo che pesa per il 20,6% del Pil regionale, conta su un 13% di copertura e investimenti in banda ultra-larga (contro l’11% in Italia). E nel quadro di un Paese in ritardo, la nostra regione ha il 77,2% delle imprese che ha un proprio sito internet, sopra la media italiana (71%) e leggermente sopra la media dei paesi Ue (77%), ma sotto la Germania (89%). Sotto il profilo delle imprese che utilizzano i canali online per la vendita dei propri prodotti, il Piemonte, con il 10,5%, è invece leggermente sotto la media italiana (11%).
A livello di infrastrutture telematiche, poi, il Piemonte conta su un 26,4% di popolazione raggiunta da banda larga a 30 Megabit per secondo, sotto la media italiana del 35,4%, con previsioni però di crescita al 56% nel 2018 e 100% nel 2020. Se si prende però in considerazione la banda ultra-larga di ultima generazione (oltre 100 Megabit per secondo), lo scenario cambia: il Piemonte è al 13% contro il 10% della media Italia. Anche in questo caso le previsioni di crescita sono al 24% per il 2018 e 37% per il 2020.
Questo va a innestarsi in una situazione in cui, soprattutto le filiere, continuano a vantare una forte competitività: le imprese all’interno di queste catene mostrano infatti una crescita elevata, superiore a quella espressa dal resto del tessuto produttivo italiano, a parità di specializzazione produttiva. Il differenziale è particolarmente elevato tra i soggetti più piccoli: tra il 2008 e il 2015, infatti, le micro-imprese piemontesi in filiera hanno registrato un aumento del fatturato pari all’8,1%; le imprese di pari dimensioni che non fanno parte delle 315 filiere analizzate hanno invece subito un calo delle vendite pari al 17%. Divari importanti emergono anche in termini di capacità di creare valore aggiunto: la produttività del lavoro è significativamente più elevata tra le imprese in filiera. Sempre tra le imprese più piccole, il valore aggiunto è pari a 50.800 euro per addetto nelle filiere piemontesi, 5.300 euro in più rispetto ai competitor regionali di pari dimensioni. La competitività delle filiere fa leva sulla qualità del capitale umano, dai lavoratori al management. Anche in prospettiva, l’intelligenza e la creatività italiane e piemontesi possono determinare vantaggi competitivi non facilmente imitabili e replicabili.
“È necessaria una trasformazione profonda, un cambiamento di mentalità delle imprese e delle persone e un rapporto sinergico tra gli operatori (banca-impresa-ricerca) che valorizzi chi produce e vuole internazionalizzarsi – ha detto Stefano Gallo, regional manager Nord Ovest di UniCredit -. In questo scenario, le banche devono dotarsi di capacità di valutazione dei progetti industriali 4.0, il sistema universitario dev’essere in grado di accompagnare una trasformazione delle competenze e il sistema politico essere parte attiva nell’incentivare e accompagnare il cambiamento”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere Piemonte: “I dati sulla produzione industriale piemontese del I trimestre 2017 sono confortanti: la nostra regione ha messo a segno buoni risultati in tutti i settori e in tutte le province. La vera questione è come cogliere, interpretare e rafforzare i segnali positivi. Come far crescere la nostra economia, puntando sul know-how e le competenze che ci caratterizzano. La risposta è l’innovazione, nel caso specifico applicata alla manifattura”.
E ha concluso Fabio Ravanelli, presidente di Confindustria Piemonte: “I segnali di crisi non vanno sottovalutati. C’è, soprattutto, un diffuso ritardo di innovazione e di investimento che ha reso meno concorrenziali segmenti importanti del nostro apparato produttivo. Ma esistono buone basi per un rilancio: sono molti gli esempi di imprese di eccellenza che, anche in anni di crisi, hanno rafforzato la loro posizione sui mercati globali. La manifattura è al centro di queste possibili trasformazioni: una ‘manifattura intelligente’ che integra le nuove tecnologie nelle produzioni tradizionali”.