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Cultura e spettacoli | 21 maggio 2017, 11:00

Perissinotto: «A quarant'anni dalla legge Basaglia, riporto la nostra storia recente all'attenzione di tutti»

Lo scrittore torinese, con l'ultimo romanzo "Quello che l'acqua nasconde", è intervenuto alle Lavanderie a vapore di Collegno per l'evento “Fabbriche di follia”, organizzato da Assemblea Teatro: il ricordo della chiusura dei manicomi nel luogo più simbolico di tutti. Insieme a lui, Renzo Sicco, Alberto Salza e Gabriele Boccaccini.

Perissinotto: «A quarant'anni dalla legge Basaglia, riporto  la nostra storia recente all'attenzione di tutti»

Un luogo di sofferenza che diventa spazio aggregatore di cultura, in tutte le sue forme. A quarant'anni dalla legge Basaglia, nelle Lavanderie a vapore di Collegno, struttura un tempo annessa al manicomio, proprio nel giorno delle sua promulgazione, lo scorso 13 maggio, Assemblea Teatro ha voluto ricostruire quel periodo con tutta la drammaticità e la verità delle testimonianze di chi lo ha vissuto in prima persona o per intercessione.

All'evento è anche intervenuto Matteo Cavallone, assessore alla cultura della cittadina, che ha ricordato quando, nel 1977, venne abbattuto il muro del manicomio, emblema di qualsiasi barriera alienante e disumana. E “Fabbriche di follia” sabato scorso è stato solo il primo dei tantissimi appuntamenti che verranno organizzati a Collegno fino al 13 maggio 2018 per celebrare la fine di quella lunga agonia.

Renzo Sicco ha dialogato con Alessandro Perissinotto, scrittore che si è ultimamente dedicato con grande attenzione alla storia torinese degli anni Settanta, Alberto Salza, illustre antropologo, e Gabriele Boccaccini, direttore artistico di Stalker, teatro civile e politico.

Tre voci per raccontare da diverse prospettive pagine amare della nostra storia, ancora troppo recenti per finire nel dimenticatoio, ma non abbastanza approfondite all'interno degli ambienti istituzionali. Contributi oggi fondamentali per addentrarsi in quegli spazi angusti entro cui si svolgeva la terribile esistenza dei malati di mente, reclusi per un nonnulla, dimenticati dal resto della società e puniti con crudeli e continue sevizie.

Non a caso si è parlato di “istituzione totale” per indicare quella summa di tutte le costrizioni e le imposizioni che rendono l'uomo homini lupus. A soli vent'anni dalla chiusura dei campi di sterminio, e qualche decennio prima delle cronache sui maltrattamenti nei campi profughi, i soprusi nei manicomi negli anni Sessanta costituivano il rovesciamento più tragico della liberalizzazione che allora stava coinvolgendo l'intera società.

A intervallare gli scambi tra gli ospiti, le letture di Stefano Cavanna tratte da Portami su quello che canta, libro di Alberto Papuzzi che raccoglie la documentazione relativa al processo a Giorgio Coda nel 1974, psichiatra amaramente noto come “l'elettricista”, che negli anni Sessanta, operando nel manicomio di Collegno e in quello infantile di Grugliasco, Villa Azzurra, praticò con sadica ostinazione l'elettromassaggio, una variante più dolorosa e crudele dell'elettroshock.

Perissinotto, da vent'anni collaboratore di Assemblea Teatro, ha da poco pubblicato il romanzo Quello che l'acqua nasconde (Piemme), un'inquietante immersione in un passato oscuro, denso quanto gli anni di piombo, che vede protagonista Edoardo Rubessi, genetista di fama mondiale, e prende spunto proprio dalla storia di Coda.
Ecco com'è nata l'idea di rendere quei fatti di cronaca un romanzo.

Alessandro Perissinotto, cosa significa, oggi, ricordare la legge Basaglia, e che importanza ha per la nostra società?
"Bisogna porre la legge in relazione al contesto storico a essa precedente. È importante capire cosa fossero all'epoca gli ospedali psichiatrici, luoghi prevalentemente di contezione. La legge arriva quarant'anni fa, ma non è un unico punto di svolta. La sua preparazione è stata molto lunga, e Collegno fu uno dei primi isituti ad aprire le sue porte alla sperimentazione ancora prima che venisse promulgata la legge".

Da dove deriva il suo interesse per questo argomento, e come è arrivato alla costruzione del romanzo?
"Il romanzo nasce grazie al mio interesse per la storia degli anni Settanta in generale, o meglio, per le vicende umane delle singole persone che hanno attraversato i grandi eventi di quel periodo. Ho voluto inserire nel libro spunti ricavati da individui che ebbero a che fare con il manicomio di Collegno e con Villa Azzurra, manicomio infantile di Grugliasco. E all'epoca furono propro le condizioni di questi bambini a essere documentate e mostrate pubblicamente per prime".

Lei spesso ambienta i suoi romanzi in periodo storici che, in un modo o nell'altro, hanno segnato un punto di svolta, uno spartiacque: gli anni Settanta che lei ha già indagato in Le colpe dei padri sono un esempio lampante. Li ripropone qui perché crede abbiano un peso particolarmente rilevante per i lettori?
"Gli anni Settanta non fanno ancora parte dei libri di scuola, purtroppo. Inoltre, non interessano più la cronaca, quindi possono entrare naturalmente nelle narrazioni. I romanzi riescono ad arrivare meglio della saggistica, ad esempio, perché raggiungono un maggior numero di persone".

Lei ha parlato, nell'introduzione al romanzo di un'ostinazione nel voler conservare la memoria...
"Sì, la memoria rimane uno dei patrimoni più grandi che abbiamo, oltre a essere una delle chiavi interpretative più importanti per il presente. Nella nostra storia recente ci sono fatti e situazioni che assomigliano molto a quelle che incontriamo oggi, e per le quali apparentemente non siamo preparati. Nel mio romanzo, ad esempio, non si parla solo dei manicomi, ma anche di terrorismo e dei profughi istriani del dopoguerra. Rievocare la storia significa quindi vedere con altri occhi il presente".

Ed è un aspetto legato anche al valore dei luoghi, a come si sono evoluti nel corso del tempo. Basti pensare alle Lavanderie a vapore, dove ci troviamo stasera, che in quegli anni contenevano i malati psichiatrici. Come ha concepito la dimensione spaziale nel suo romanzo?
"Il mio romanzo si gioca tra due epoche in dialogo tra loro. Lo spazio che un tempo era il manicomio di Collegno oggi è un luogo di cultura, con spettacoli di musica, teatro e danza. La continuità viene mantenuta, ma uno stesso luogo può assume una doppia valenza, rinascendo nel presente".

Manuela Marascio

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