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Attualità | 25 ottobre 2017, 13:31

Un giardino per Felicita Ferrero: nel segno di Gramsci, l'impronta femminile alla politica antifascista

Alla torinese militante è stata intitolata l'area verde di via Monteponi angolo corso Unione Sovietica. Da un'iniziativa dell'Istituto Salvemini

Un giardino per Felicita Ferrero: nel segno di Gramsci, l'impronta femminile alla politica antifascista

Si fece strada in un mondo predominato dagli uomini, arrivò in anticipo a sviluppare alcune intuizioni politiche vincenti, toccò con mano le svolte epocali del secondo Novecento: Felicita Ferrero non fu una donna come tante; o meglio, fu una donna che tra le altre seppe imporre saldamente i propri ideali e ambizioni, immergendosi nel pieno del flusso storico senza lasciarsi travolgere dagli eventi. Per questo, a testimonianza del suo impegno militante contro il fascismo e per l'uguaglianza dei sessi, oggi, a Mirafiori, il giardino di via Monteponi all'angolo con corso Unione Sovietica le viene intitolato con il massimo degli onori.

"La città di Torino vuole mantenere alta la memoria di Felicita Ferrero", ha dichiarato il presidente del consiglio comunale Fabio Versaci, aprendo la cerimonia, "una donna che si è fatta voce di una politica al servizio del bene comune". Assieme a lui, il vicepresidente dell'Istituto Salvemini, promotore dell'iniziativa, Marco Brunazzi, il senatore Lorenzo Gianotti, Germana Luraghi, amica della famiglia Ferrero, e Luisa Bernardini, presidente della Circoscrizione 2.

Nata a Torino nel 1889, da padre operaio e mamma pantalonaia, Felicita, dopo i primi exploit pacifisti contro l'intervento dell'Italia nella prima guerra mondiale, sviluppò ben presto una fervente passione per la lotta di classe. Eccola, allora, avvicinarsi al partito comunista in contrasto con il fascismo agli albori, passando attraverso minacce e arresti. Fondamentale l'influenza di Antonio Gramsci, con il quale collaborò alla redazione dell'Ordine Nuovo. Fino al rifugio in Unione Sovietica: qui, vicina di scrivania di tanti altri compagni, intraprese un fitto lavoro di traduzione di giornali esteri, fiutando a poco a poco le prime avvisaglie dell'imminente terrore stalinista con le sue grandi purghe. "Gramsci, di fronte alla rivoluzione di ottobre, disse che si trattava della rivoluzione contro il Capitale, ma non intendeva il capitalismo di Agnelli e della Fiat", ha spiegato Gianotti. "Quello che lui aveva in mente era il libro di Marx, che si illuse di vedere il socialismo affermarsi nei Paesi più sviluppati, e invece stava scoppiando in uno dei territori più arretrati d'Europa. Anche Felicita capì bene che l'Unione Sovietica, con Stalin, non avrebbe potuto essere il regno della libertà, ma, piuttosto, la sua negazione. Con la sua intelligenza ci ricorda ancora oggi che le utopie possono creare grandi speranze, ma se non sono supportate da una base di realismo danno spazio a demagoghi e tiranni".

Ed è importante la memoria di Felicita, oltre che per la sua pragmatica e coerente esperienza di attivista, anche, e soprattutto, per il fatto di aver agito come donna. "Ha lottato per i suoi ideali, facendo politica quando per una donna non era così facile", ha sottolineato Luisa Bernardini. "E ha combattuto perché altre donne in futuro potessero avere ruoli istituzionali, prendendo decisioni non facili in un momento in cui la politica era totalizzante nella vita delle persone. Ecco il senso che questa intitolazione ha per il nostro territorio: un doveroso omaggio e un messaggio per tutti, affinché un cartello faccia sì che le nuove generazioni si incuriosiscano e studino a fondo la storia di chi c'era prima di loro". 

Manuela Marascio

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