E' un film che parla, con molta originalità, del dolore intergenerazionale della perdita dei nostri cari, l'opera seconda della regista milanese Paola Randi, presentato in anteprima al Torino film festival.
Protagonista di "Tito e gli alieni" è uno stralunato, in tutti i sensi, Valerio Mastrandrea, astrofisico impegnato ormai da 6 anni in uno squinternato esperimento di ricezione e decodifica di messaggi dallo spazio profondo in una stazione autocostruita nel deserto del Nevada.
Il suo solo contatto con il mondo è Stella, una ragazza che organizza matrimoni per i turisti a caccia di alieni.
In questo luogo lontano da tutto e da tutti, a due passi dalla celebre base militare segreta di Area 51, è suo malgrado costretto ad ospitare i nipoti napoletani (Tito di otto anni e Anita di sedici), ingombrante lascito del fratello vedovo, improvvisamente defunto.
Saranno loro, pur spaesati e catapultati in una condizione a dir poco bizzarra, a cercare una via d’uscita all’apatia in cui il loro zio è caduto dopo la scomparsa della moglie ed a cercare un senso alle loro nuove vite, ora legate.
La storia è in realtà un pretesto per raccontare, con una trama surreale, diversi modi per elaborare il lutto delle persone amate, la difficoltà talvolta insopportabile di accettarne la definitiva assenza.
In modo commovente e strampalato il film alla fine riesce a rappresentare quel grumo di affetti, ricordi verso chi ci ha lasciato e senso del mistero dell’esistenza che ci accumuna tutti e con cui ognuno di noi, prima o poi, deve fare i conti.