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Economia e lavoro | 31 luglio 2018, 07:00

L'artigianato piemontese tiene botta e scommette sull'ottimismo, "ma serve che il Governo prenda provvedimenti necessari"

A metà 2018 il numero di imprese cresce, anche se di poco. E il terzo trimestre promette bene, anche se il settore critica il Decreto Dignità. "E serve più credito e una spinta all'export", dice Felici (Confartigianato Piemonte)

L'artigianato piemontese tiene botta e scommette sull'ottimismo, "ma serve che il Governo prenda provvedimenti necessari"

Due voci raccontano due volti dell'artigianato piemontese: il passato (ovvero il secondo semestre, che ha portato il settore al giro di boa del 2018) e il futuro, ovvero le previsioni che le aziende fanno per l'immediato futuro.

Il primo aspetto è immortalato dall'istantanea scattata da Unioncamere Piemonte, secondo cui - all'interno di una realtà che pesa in regione per il 27% totale delle imprese - il secondo trimestre del 2018 si chiude senza concedersi altro che una sostanziale stabilità. In particolare, a fronte di un tasso di crescita positivo, ma debole (+0,31%) registrato per tutte le imprese piemontesi, il comparto artigianoè cresciuto, ma ancora meno (+0,16%). “Il risultato che questo secondo trimestre 2018 ci consegna non è entusiasmante: le imprese artigiane continuano a non superare il guado della ripresa, in linea con il resto del tessuto produttivo regionale. Le aziende di questo comparto, per lo più piccole e poco strutturate, hanno bisogno di un’attenzione maggiore e di politiche ad hoc più incisive e focalizzate sulle loro necessità”, dichiara Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere Piemonte.

In particolare, tra aprile e giugno di quest'anno sono nate complessivamente 2.154 imprese artigiane. E al netto delle 1.959 cessazioni (senza le cancellazioni d’ufficio), il saldo appare finalmente positivo per 154 unità, dinamica che porta a 118.598 lo stock di imprese artigiane complessivamente registrate a fine giugno 2018 presso il Registro imprese delle Camere di commercio piemontesi. Sono soprattutto ditte individuali (quasi 8 su 10). E anche gli incrementi dei singoli settori si muove sotto il punto percentuale. C'è di positivo che finalmente anche le costruzioni si muovono con un segno più davanti (+0,19%). E tutte le province orbitano intorno allo zero. Solo Alessandria fa meno (-0,07% ovvero quasi nulla) e Asti è la prima della classe con un +0,86%.

Il futuro, invece, aiuta a tratteggiarlo l'indagine congiunturale di Confartigianato Piemonte. E non mancano alcuni spunti di ottimismo: le previsioni di produzione totale per il terzo trimestre dell'anno fanno registrare un aumento della positività del saldo che sale dall’11,97% al  13,11%. Al contrario, il saldo dei nuovi ordini, pur rimanendo positivo, peggiora passando dal  6,97% al 2,68%. Crescono però le ipotesi di carnet ordini superiore a tre mesi, dall’1,78% al 3,45%, mentre tornano negative le attese sulle esportazioni (da 3,39% a -0,06%).

Resistono e lievemente crescono le previsioni di investimento per ampliamenti (dal 5,35% al 5,98%), così come le previsioni di investimenti per sostituzioni, che salgono in maniera ancora più decisa, dall’8,68% al 24,76%.

Tra le luci, anche l'aumento della "fetta" di imprese che prevedono regolarità negli incassi (salgono dal 38,65% al 72,28%) e migliora anche l'occupazione (dal 7,20% al 9,03%). “Le imprese artigiane – osserva Giorgio Felici, presidente di Confartigianato Imprese Piemonte– continuano a lavorare con l’impegno e la determinazione di sempre. Tuttavia  per mantenere e consolidare la ripresa sono ora più che mai necessari provvedimenti adeguati da parte del Governo. Al riguardo, almeno per il momento, dobbiamo constatare che le misure sui contratti a termine contenute nel Decreto Dignità introducono rigidità e costi per le imprese. Se infatti sono certamente condivisibili la lotta alla precarietà del lavoro, il contrasto ai processi di delocalizzazione e la semplificazione degil adempimenti contributivi a carico delle imprese, l’irrigidimento nell’utilizzo dei contratti a termine è senz’altro negativo. Per creare nuova occupazione stabile occorre puntare sulla qualificazione dei lavoratori e fornire ai giovani le competenze necessarie per entrare nel mercato del lavoro”.
“Altro elemento di preoccupazione – prosegue Felici – è il progressivo calo del credito verso le piccole imprese. E tra le tante urgenze indifferibili dobbiamo segnalare la modifica del  nuovo Codice dei contratti pubblici, che non ha raggiunto l’obiettivo di favorire la partecipazione delle piccole imprese al mercato degli appalti, ma al contrario, la rende ancora più difficoltosa, anche a causa della mancanza di norme di attuazione”.
“Per quanto riguarda l’export – conclude Felici – occorrono azioni concrete per sostenere il Made in Italy che è da sempre sinonimo di qualità e che costituisce una componente essenziale della nostra economia”.

Massimiliano Sciullo

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