Calano gli sfratti in Italia. Ma quelli che vengono effettuati hanno quasi un solo motivo alla base: l'incapacità dell'inquilino di far fronte all'affitto. In una parola: morosità. E Torino e il Piemonte non fanno grossa eccezione, quindi c'è di che preoccuparsi.
Lo racconta lo studio realizzato su scala nazionale dalla Uil, elaborando i dati forniti dal Ministero dell'Interno e riferiti al 2017. Il numero complessivo è legato a una flessione del 6,7% dei provvedimenti di sfratto (erano 61.718 e sono diventati 59.609). Ma l'incidenza della morosità arriva a toccare il 90% delle situazioni coinvolte. In Italia, dunque, un numero sempre crescente di famiglie ha difficoltà nel pagare l’affitto per l’abitazione, soprattutto nelle grandi città, dove i canoni di locazione hanno raggiunto dei costi elevatissimi.
Per quanto riguarda il Piemonte, in particolare, i numeri raccontano che gli sfratti sono calati del 28,2% e questo rappresenta il calo più significativo insieme a quelli dell'Emilia Romagna (-25%) e Liguria (-19,7%). All'estremo opposto tre regioni dove invece gli sfratti sono aumentati: Abruzzo (+80,2%), Friuli Venezia Giulia (+76,9%) e Molise (+49,5%).
Un buon segno? Non sembra. "Purtroppo non è così - spiega Domenico Paoli, della segreteria regionale della Uil - anche perchè l'aumento della morosità rischia di peggiorare nell'immediato futuro. Basti pensare a cosa potrà succedere con tante persone che hanno perso il lavoro, ora sono in cassa integrazione e gli ammortizzatori sociali stanno andando in alcuni casi a esaurirsi".
Torino, poi, fa storia a sé. "Nel capoluogo - prosegue Paoli - sono calate le esecuzioni di sfratto, ma non certo le domande. Un termometro evidente della sofferenza che prosegue, solo in parte arginata dalla posizione dell'amministrazione comunale per non andare contro ai bisogni delle persone più in difficoltà e anche dopo quanto promesso in campagna elettorale".
Sono ancora altri, tuttavia, i numeri che lasciano pensare. "A Torino ci sono almeno 50mila alloggi che risultano vuoti - dice il rappresentante della Uil -. Considerando la porzione di affitti in nero, il numero resta comunque allarmante e legato al fatto che i proprietari preferiscono tenerli vuoti per non depauperare il patrimonio. In molti casi sono alloggi ancora nelle mani dei costruttori".
Resterebbe sul tavolo la carta coperta delle case popolari. Ma anche in questo caso la nota che viene emessa è decisamente stonata. "In Piemonte ci sono 16-17mila domande per un alloggio popolare. Ma la potenzialità immobiliare è di soli 500-600 alloggi. Questo per carenza di risorse, che impedisce di ottenere nuovi spazi, ma anche di effettuare la manutenzione necessaria per renderne abitabili altri già in possesso, ma al momento non adatti".
E sempre in tema di case popolari un altro aspetto fa tremare i polsi: "La legge impone che la richiesta venga fatta nonappena l'avente diritto perde il lavoro. Invece, un po' per orgoglio, un po' per carenza di informazione, la gente molto spesso continua a pagare per qualche tempo con le risorse che magari ha da parte. Fino a ritrovarsi senza soldi e pure senza il diritto ad ottenere la casa, perché ormai la data di richiesta non collima più con quella in cui si è perso il lavoro".
"E’ evidente - commenta Ivana Veronese, segretario confederale della Uil – come l’offerta di immobili residenziali appare oggi del tutto inadeguata a far fronte a tale domanda quantitativamente e qualitativamente crescente, anche in considerazione del fatto che il numero di abitazioni in locazione, già da tempo di dimensioni limitate, ha subito un progressivo ridimensionamento. Si rende quindi oramai imprescindibile la ripresa di una strategia politica nazionale in assenza della quale è messo in pericolo il ruolo stesso delle città in termini di produzione di ricchezza e innovazione, offerta di lavoro e servizi avanzati. In sostanza il vero tema è come mettere sul mercato immobiliare un maggior numero di case ad un costo, soprattutto per l’affitto, compatibile con il reddito della maggioranza delle persone".