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Economia e lavoro | 27 ottobre 2018, 12:28

L’Italia chieda scusa e si penta per il suo immenso patrimonio artistico e culturale

Non acquistato né deciso con un referendum a suffragio universale, dobbiamo sobbarcarci la gestione di una qualità e di una bellezza che crea solo turismo, sviluppo d’impresa ed affermazione internazionale. A nostra insaputa

L’Italia chieda scusa e si penta per il suo immenso patrimonio artistico e culturale

 

Ci lasciano toccare la Gioconda?  Ci fanno portare a casa un mattoncino del Colosseo da aggiungere alla collezione di Lego, oppure, possiamo prendere un pizzico di sabbia del villaggio berbero di Matmata alle porte del Sahara? Persino offrire alcolici agli alci in Alaska, morire nel Parlamento di Westminster in Inghilterra o raccogliere acqua nel Parco delle cascate Iguaçu, è vietato per preservare il patrimonio nazionale, le tradizioni, la cultura e l’ecosistema, tutte fonti di turismo, investimenti e sviluppo.

Che questi divieti evitino di folleggiare ad animali di 500 kg in cerca di una , oppure il diritto ad un funerale di Stato con tutti gli onori della corona, o ancora difendano la feroce sete dei giaguari della foresta pluviale, ha poca importanza. Sono regole, magari bizzarre (quando mai avremmo pensato di bere una birra con un alce), ma tradiscono, oltre al buon senso, l’amore per la protezione del patrimonio su cui si fonda una nazione.

 

In Italia non è così. Non passa giorno che non si leggano notizie di siti archeologici saccheggiati, pericolanti o utilizzati come murales, fontane in cui i turisti decidono di pucciare i piedi o addirittura di fare il bagno, angoli di città come Roma, Milano, Napoli e via dicendo invasi da spazzatura di ogni genere.

 

Ma tutto questo accade in altri luoghi del mondo? E se accadesse quali sarebbero le conseguenze per chi dovesse danneggiare quel patrimonio di cui tutti godono? Tralasciamo le conseguenze sul piano civile e penale all’ordinamento di ogni Stato e ragioniamo solo in ottica di perdita di autorevolezza e credibilità a livello internazionale.

Quale reputazione può vantare un Paese che non valorizzi e «» in tutto il mondo l’immenso asset di eccellenze che ha la fortuna di possedere? E quale rating territoriale può avere se non mette a bilancio sufficienti investimenti per gestire il patrimonio nazionale?

In fondo, basterebbe pensare all’insieme del patrimonio tangibile ed intangibile, musei, opere d’arte, città storiche, enogastronomia, e paesaggi, come ad un prodotto globale, come ad un iPhone, che, con una solida strategia di marketing e un piano di comunicazione globale, arriva in tutto il mondo e stimola interesse. Lo smartphone è diventato un prodotto che di anno in anno evolve, si aggiorna, aiuta a condividere emozioni e genera quell’innovazione che spinge gli utenti ad affezionarsi e a cambiarlo ogni due anni. Esattamente così dovrebbe essere l’offerta proposta agli stranieri in Italia per visitare la città X oppure il capolavoro Y: rinnovata almeno ogni due anni, tramite gli strumenti digitali a disposizione, dalla realtà aumentata, all’intelligenza artificiale, dalla stampa 3D per creare souvenir in tempo reale all’utilizzo di video immersivi.

 

Se prestassimo l’Italia ad un team di bravi professionisti scelti in tutto il mondo, probabilmente la prima loro decisione sarebbe scrivere un codice di condotta - con relative sanzioni - per tutti i visitatori delle bellezze italiane. Perchè il senso del gusto e dell’eterno che trasmettono ilCenacolo, laFontana della Barcaccia e gliscavi archeologici di Pompei sono più evidenti a chi, per innamorarsene, deve affrontare un viaggio di 10.000 km dal Giappone oppure di solo 6.500 dagli Stati Uniti.

Senza dubbio è una questione di competenza manageriale, di marketing e di capacità di consolidare relazioni internazionali, ma anche di senso pratico e di amore per l’economia locale.

 

Ah, dimenticavo, anche entrare in armatura nel Parlamento britannico è severamente vietato.

Nostalgici o semplicemente esagerati!

 

Enrico Molinari

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