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Attualità | 01 novembre 2018, 15:48

L'Arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia in occasione della festa di Ognissanti

Le parole pronunciate durante l'omelia al cimitero Parco

L'Arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia in occasione della festa di Ognissanti

Si è svolta, nel pomeriggio di oggi, la celebrazione di Ognissanti e al cimitero Parco Mons. cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, ha detto parole significative durante l'omelia.

"Celebriamo oggi la festa di tutti i Santi e vogliamo  pregare e ricordare insieme a loro i nostri cari defunti. La santità non è un traguardo impossibile a ciascuno di noi e non è nemmeno un obiettivo che riguarda solo poche persone. L’apostolo Giovanni  ci ha parlato di una moltitudine immensa che nessuno può contare di ogni nazione, lingua e cultura o religioni diverse. La santità è la via normale e quotidiana  su cui ogni uomo e ogni cristiano può camminare e su cui impostare la sua vita. I Santi sono quelli  che vivono ogni giorno le loro concrete
esperienze e impegni con il cuore rivolto a Dio e al prossimo e non solo ai propri
interessi e tornaconti. Tante volte pensiamo che i santi siano persone che si staccano dalle cose della terra e dai loro doveri e si dedicano esclusivamente alla preghiera".

"Al contrario i santi sono persone che  si impegnano fino all’estremo della proprie forze per compiere onestamente il proprio dovere di sposo e di sposa,
di  padre o madre di famiglia, di nonna o nonna, di giovane, ragazzo o adulto,
di lavoratore o professionista, di  insegnante o di manovale, di commerciante o di agricoltore, di vigile o di ferroviere. Nessuno è escluso dalla santità  se agisce sempre per il bene non solo suo ma degli altri e se accoglie ogni situazione
anche la più difficile e faticosa come una opportunità che Dio gli offre per rinnovare la propria vita e aprirsi con maggiore fiducia al suo amore di Padre e amico: che vale all’uomo infatti guadagnare il mondo intero se poi perde se stesso. Che cosa potrà mai dare l’uomo in cambio della  propria anima?".

"Sì, la santità è una via possibile a tutti senza eccezioni. Essere cristiani significa dunque essere santi quando, però, sappiamo confortare e sostenere chi piange per una  malattia o una disgrazia, siamo capaci di perdonare anche chi ci fa del male, quando seminiamo attorno a noi pace e amore, quando cerchiamo la giustizia e  agiamo con misericordia verso il prossimo, quando sappiamo riconoscere un fratello o sorella in qualsiasi persona diversa da noi per stile di vita, per religione o nazionalità, per malattia o povertà, quando abbattiamo tutti i muri che ci dividono dagli altri diversi da noi e costruiamo dei ponti di amicizia, di incontro, rispetto e di  collaborazione. Allora costruiamo una rete di testimoni di speranza che non appariranno mai  in primo piano nei media o sulle piazze
perché è sempre meglio essere cristiani senza dirlo che dirlo senza esserlo".

"Papa Francesco ci ha provoca quando dice: se incontri una persona che vive e dorme sulla strada puoi avere diversi atteggiamenti: puoi considerarla un delinquente, un fannullone, un pungiglione molesto per la tua coscienza, una immondizia  che sporca lo spazio pubblico, allora non sarai mai né cristiano né santo... oppure  puoi riconoscere in lui una persona umana  che ha la stessa tua dignità, gli rivolgi un saluto, gli dai qualcosa, gli dimostri amicizia... allora sarai cristiano e santo  davanti a Dio. In ogni persona dunque c’è l’impronta di Dio che lo ama anche se la sua vita è  lontana dalla sua legge, succube di molti vizi e dipendenze  che conducono sulla via del peccato e di ogni male: anche  lui è pur sempre amato dal Signore  che ne inquieta il cuore perché cambi vita e ritrovi la gioia e la bellezza  della onestà e della santità".

"Così vediamo Gesù che afferma: sono venuto non per chi si crede giusto e buono rispetto ad altri, ma per chi si riconosce peccatore. Credo che tanti nostri parenti  e conoscenti che sono qui sepolti in questo cimitero sono santi nel cielo perché si sono sacrificati per la loro famiglia, hanno amato  e sofferto  e servito  con amorevolezza e impegno sia familiare che sociale. Per questo celebriamo la festa dei santi qui al cimitero, che  viene chiamato Camposanto perché coloro che lo abitano  sono figli di Dio e come tali chiamati alla santità che hanno espresso nella loro vita e attendono ora la pienezza  della vita eterna. Per questo oggi rivolgiamo al Signore la nostra preghiera di suffragio per tutti i defunti nessuno escluso".

"Il cimitero è luogo di silenzio  orante e di comunione. Per pregare nel cimitero bisogna sostare nel raccoglimento per ricordare e riascoltare quanto i nostri cari ci hanno lasciato in eredità di amore e di valori familiari, per questo non c’è bisogno di altro se non il silenzio per favorire questo atteggiamento interiore dell’anima. Oggi purtroppo si ha paura del silenzio e si tende a riempire tutti gli spazi della nostra vita anche quelli di stampo religioso con qualcosa da fare o da ascoltare o da vedere e sperimentare. Siamo in una società dove prevale il chiasso e il rumore, una esteriorità  frenetica che brucia la nostra esistenza in una continua corsa contro il tempo e rende vuoto il cuore o lo trasforma in un mercato".

"Il cimitero può essere ancora uno dei pochi luoghi che aiuta a comprendere il senso vero della esistenza e del tempo che passa repentinamente, offre uno spazio di libertà che invita a riflettere e a riscoprire la profondità  del nostro cuore, che ci permette di  ricuperare speranza e coraggio in Colui che solo può colmarlo di vera gioia e serenità anche di fronte alla perdita di persone care: il Signore  risorto che  ha vinto per noi la  morte e ci assicura che anche noi la vinceremo per sempre. La comunione dei santi che professeremo tra poco nel Credo vuole appunto  dirci che la vita di noi viventi, quella dei santi e dei defunti
è strettamente legata insieme, in una unità  voluta da  Dio che la morte non distrugge per cui essa non è che il passaggio doloroso certo, ma fecondo di una nuova vita  in Dio e di una gioia senza fine che si arricchirà della comunione con i nostri cari e con chiunque su questa terra ci ha amato o  noi abbiamo amato  e aiutato".

"Dove è o morte la tua vittoria  e  dove è il tuo pungiglione, afferma l’apostolo Paolo: siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del suo Figlio Gesù Cristo. Cari fratelli e sorelle,sorretti da questa fede eleviamo a Dio la nostra preghiera, quella del cuore che solo lui può sentire e accogliere e chiediamo la intercessione dei nostri santi protettori e dei nostri cari che vicini a Dio possono vedere e valutare le cose con maggiore verità e sostenerci perché non cadiamo nella sfiducia e nell’arrendevolezza di fronte al male e ad ogni avversità, ma sappiamo reagire con forza d’animo e volontà per vincere la dura battaglia della vita di ogni giorno".

r.g.

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