La crisi ha eroso migliaia di posti di lavoro e la lunga fase recessiva non è ancora terminata, eppure a Nichelino, pur in un contesto di difficoltà, si può vedere il bicchiere mezzo pieno: tra il 2011 e il 2017 il numero delle imprese attive è sceso dell’8,2%, un numero significativo ma inferiore a quel 15% che è la media ponderata considerando Torino e gli altri comuni della cintura sud.
Un interessante studio della Facoltà di Sociologia dell’Università ha tracciato un quadro della situazione occupazionale a Nichelino negli anni della grande crisi. I risultati sono stati presentati nell’auditorium dell’Itis Erasmo da Rotterdam di Nichelino, alla presenza della preside Vittoria Bossolasco, del responsabile regionale delle Politiche Sociali Augusto Ferrari, in un incontro moderato dall’assessore Gabriella Ramello. Erano presenti anche tre dei componenti del gruppo di ricerca che ha svolto questo lavoro per conto dell’Università: Davide Caselli, Luca Storti e Sandro Busso.
Si è partiti molto da lontano, da quel 1971 quando il numero degli occupati in città sfiorava il 77%, subito dopo la fine del decennio d’oro dell’economia italiana e dell’industria meccanica in particolare. Quarant’anni dopo, complici le crisi di inizio anni Novanta e soprattutto quella devastante iniziata nel 2008, il tasso è drammaticamente sceso al 31,/% nel 2011. A far vedere in questo caso il bicchiere mezzo pieno è stato sottolineato come il numero degli occupati qualificati, salito dal 9,6% del 1991 al 18,5% di vent’anni dopo, in realtà ha visto molti di questi contratti solo di tipo precario e con una retribuzione ridotta, giustificata da un deficit di qualificazione da parte dei nuovi addetti ma anche un deficit di innovazione del sistema produttivo, che evidentemente va alla ricerca di personale poco qualificato con salari inferiori.
Di qui l’apparente controsenso di una Nichelino con un livello medio di istruzione più basso, a fronte dell’aumento del numero di laureati, ma d’altra parte veniva sottolineato come nel 2011 solo il 21% dei nichelinesi occupati lavoravano dentro i confini della città, a testimonianza di come la crisi che ha colpito Torino si è fatta sentire anche nelle realtà della cintura. Il numero delle imprese attive in città dal 2011 al 2017 è diminuito dell,8,2%, mentre il differenziale tra posti di lavoro persi e quelli nuovi creati (nel periodo 2008-2015) è stato negativo di quasi 1600 unità, ma la vera brutta notizia è che solo il 10% degli 8527 nuovi posti sono stati a tempo indeterminato.
Peggiora, insomma, la qualità del lavoro, con la maggioranza dei contratti che sono precari e più fragili. Una realtà purtroppo simile a quella di tanti altri comuni non soltanto dell’area torinese, che ha fatto dire all’assessore Ferrari che “la soluzione di questi problemi deve essere il pane quotidiano della politica, attraverso l’adozione di moderne politiche di welfare che tengano conto del tema della precarietà del lavoro e dell’invecchiamento della popolazione, ma anche del problema della partecipazione giovanile”.