"Un boccale di birra fa meno male di un bicchiere d'acqua. Il vino? Ancora meglio". È iniziato con questa provocazione l'intervento di Sherri Mason (Penn State Behrend) al Festival del Giornalismo Alimentare di Torino, dove la scienziata è intervenuta al panel centrale della manifestazione: quello sulle micriplastiche negli alimenti, considerato il "caso del 2019".
"Le linee guida per il consumo medio di acqua del rubinetto (OMS) prevedono più di 5.000 particelle di plastica - ha spiegato Mason - L'80% delle microplastiche si trova infatti nell'acqua del rubinetto ed è per questo che le persone, dopo le prime notizie su questo tema, hanno deciso di orientarsi verso il consumo di acqua imbottigliata. C'è un problema però: abbiamo fatto una ricerca mondiale sull'acqua in bottiglia e abbiamo visto che anche il 93% delle bottiglie conteneva microplastiche".
"Le microplastiche - ha osservato Giorgio Gilli dell'Universitá di Torino - arrivano agli strati profondi dell'apparato respiratorio. Ma il punto è: possono danneggiare il corpo umano? E la risposta è sí".
"Acqua potabilizzata, minerale, la frutta, la verdura... - ha aggiunto Gilli - le microplastiche sono dappertutto. Come si risolve dunque questo problema? In teoria riuscendo a produrre materie plastiche con polimeri sicuri per la nostra salute".
A difesa dell'acqua, se così si può dire, si è schierata Lorenza Meucci del Centro ricerche Smat: "Quando nel 2017 è esplosa la bomba delle microplastiche abbiamo vissuto momenti complicati, ma ci siamo messi subito all'opera. E possiamo dire che al momento ci sono pochi studi che possano darci dati certi. Quello che è sicuro è che bisogna arrivare a metodi di campionamenti condivisi e standardizzati a livello europeo. Il 1 febbraio 2018 fu pubblicata la proposta di una nuova direttiva sulle acque potabili: sarà la nuova legge in materia. Quella vecchia è del 1998".