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Eventi | 22 aprile 2019, 18:41

Il giornalismo che racconta la storia: in mostra a Torino i 135 anni della “Gazzetta del Popolo”

Fino al 19 maggio, un'esposizione a ingresso gratuito articolata in tre sezioni, al Polo del '900, a Palazzo Lascaris e al Museo del Risorgimento

Il giornalismo che racconta la storia: in mostra a Torino i 135 anni della “Gazzetta del Popolo”

Firme autorevoli e decorsi politici, pubblico popolare e lavorio incessante di tipografi: sono questi gli elementi che hanno dato vita, per 135 anni, a uno dei giornali più prestigiosi dell'Italia pre e post unità. Torino accoglie fino al 19 maggio una speciale mostra dedicata alla “Gazzetta dal Popolo”, curata dal giornalista Luca Rolandi, che illustra l'intero periodo di tiratura, dal 1848 al 1983, in tre distinte sezioni e a ingresso completamente gratuito. Un progetto che ha visto la collaborazione di diversi soggetti, tra cui il Consiglio Regionale del Piemonte, l'Ordine dei Giornalisti, il Centro Pestelli, il Museo della stampa di Mondovì, l'Archivio storico e l'Università degli Studi di Torino, e la raccolta del collezionista Giorgio Coraglia.

“È in primo luogo un omaggio al giornale in sé, ma soprattutto al valore del giornalismo”, ha commentato Stefano Tallia dell'Ordine. “Una mostra importante soprattutto nella contingenza storica e politica che stiamo attraversando, che raccoglie pagine importanti sui grandi eventi che hanno segnato la storia del nostro Paese e portano a riflettere sul ruolo delle voci dell'informazione. Perché quando una di queste si spegne, è la comunità intera a rimanere ferita”.

Se, citando Hegel, il giornale rappresenta la preghiera dell'uomo moderno, sicuramente questa si è espressa negli anni attraverso la Gazzetta del Popolo”, ha aggiunto il presidente del Consiglio Regionale Nino Boeti. “Oggi possiamo riscoprire l'identità di quei maestri che hanno indicato la strada trasmettendo ai giovani la passione per il mestiere”.

Fondato il 16 giugno 1848 a Torino da Felice Govean e Giovan Battista Botero, è stato uno dei più importanti e diffusi giornali italiani. Di taglio spiccatamente popolare, con un costo accessibile, durante il Risorgimento era il quotidiano più venduto tra quelli nazionali, rivolgendosi soprattutto ai ceti agrari della provincia piemontese e alla piccola borghesia cittadina. Interventista allla vigilia della prima guerra mondiale, sostenne con foga lo sforzo bellico dell'Italia, dando poi spazio, con la nascita dei fasci di combattimento, alle posizioni filo-nazionaliste e monarchiche. Dopo la piena svolta autoritaria del Paese, nel 1924, la “Gazzetta” venne rilevata dalla SIP (Società Idroelettrica Piemontese), che la mise a disposizione del fascismo in cambio di precise garanzie sullo sviluppo dell'industria elettrica della regione. Seguì una fortunata stagione di innovazioni tecnologiche per tutti gli anni Trenta. Ma, col passare dei decenni, la crisi della testata si acuì fino alla definitiva chiusura nel 1983, dopo un primo salvataggio negli anni Settanta grazie a a una cooperativa autogestita di giornalisti e lavoratori poligrafici.

La mostra è così suddivisa. Il Museo del Risorgimento ospita il periodo dal 1849 al 1915, anno dell'intervento italiano nella Grande Guerra. A Palazzo Lascaris sono in mostra le annate dal 1916 al 1945, quando il giornale era allineato col fascismo, fino alla nascita della “Gazzetta d'Italia”. Qui è possibile approfondire la storia del “Diorama letterario”, preziosa pagina su cui scrissero i più importanti intellettuali italiani ed europei, oltre alla vignette satiriche e altri supplementi tematici. Infine, il Polo del '900 propone l'ultimo periodo di vita della “Gazzetta”, dal 1946 al 1983, tra cui spiccano le prima pagine relative ai grandi eventi di quegli anni, oltre ai documenti che ripercorrono la crisi aziendale.

Inoltre, in tutte le sedi sono a disposizione documenti video con interviste a quindici giornalisti e tipografi, immagini storiche concesse dalla Teche Rai e dall'Archivio cinematografico della Resistenza sull'inaugurazione della sede in corso Valdocco nel 1930 e altro ancora.

Con questo lavoro – ha detto lo studioso e docente Mauro Forno – stiamo mettendo le basi per una storia. La digitalizzazione completa dell'archivio della Gazzetta è ancora lontana, ma è la strada giusta da percorrere. Merita di essere studiata come fonte ancora oggi”.

Manuela Marascio

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