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Economia e lavoro | 13 giugno 2019, 15:33

Bankitalia conferma, la frenata dell'economia è cominciata nel 2018. E i livelli pre-crisi sono ancora un miraggio

Anche se i bilanci complessivi dell'anno sono positivi, il secondo semestre aveva già mostrato quei segnali di debolezza che oggi sono evidenti. E rispetto al Nord Ovest e all'Italia siamo in ritardo già dal 2007 quando iniziò la recessione

Bankitalia conferma, la frenata dell'economia è cominciata nel 2018. E i livelli pre-crisi sono ancora un miraggio

Ora c'è anche la conferma di Banca d'Italia: la frenata dell'economia che oggi vede il Piemonte di fronte alla crisi (come dimostrano le ultime rilevazioni di Unioncamere sulla produzione e sull'export) è iniziata già parecchio tempo fa. E da quando è iniziata la crisi siamo anche stati gli ultimi della classe quanto a performance di ripresa.

Congiuntura negativa: i primi segni già a metà del 2018
I segni di gomma sull'asfalto risalgono alla seconda metà del 2018, come certifica l'ultima indagine che registra numeri complessivamente positivi, ma in netto calo da giugno in poi. E così, se il PIL è cresciuto dell'1%, insieme a un lieve recupero dell'occupazione e degli investimenti, la tendenza sembra piuttosto delineata. "I segnali dopo la prima parte del 2018 sono radicalmente cambiato rispetto al passato e siamo so fronte alla stagnazione. Un'attesa che non sembra proprio sbloccarsi", commenta Luigi Capra, direttore della sede di Torino di Bankitalia.

"Il quadro congiunturale si è indebolito a causa di un calo per produzione e fatturato, soprattutto per quanto riguarda le esportazioni. In termini reali e non a valori correnti sono addirittura scesi, lo scorso anno, in controtendenza rispetto agli andamenti generali", ammonisce Roberto Cullino. "E con un tono più debole per l'economia, è scesa anche la propensione a investire da parte delle imprese".

Per quanto riguarda il mondo del lavoro, invece, qualche segnale positivo arriva grazie alla stabilizzazione dei contratti a termine, come effetto di alcuni incentivi di legge. Il credito ha visto aumentare i finanziamenti alle aziende e alle famiglie, seppur con differenze tra le dimensioni di aziende e dunque il rating che ne modella la rischiosità. I mutui alle famiglie per acquisto di case toccano vette che non si conoscevano dal 2011, con un effetto sempre più ridotto delle surroghe: a spingere sono le dinamiche immobiliari con prezzi stabili e bassi tassi di interesse.

In totale, la qualità del credito è migliorata, superando i livelli pre crisi e lo stock di prestiti deteriorati è calato. Quel che preoccupa, però, è il domani: ristagna la produzione 2019, cala l'export e così l'occupazione (anche se di poco). Le imprese si attendono un lieve calo dei fatturati, rallentando anche i volumi di investimento per il prosieguo dell'anno.


I livelli pre-crisi: un gap mai colmato del tutto
Dove però il Piemonte dimostra di non essere inciampato, ma di zoppicare ormai da tempo, è osservando quel che è successo da quando è iniziata la crisi: il 2007-2008. Un punto di osservazione più distante, che rivela come in Piemonte la ripresa sia stata lenta, parziale e soprattutto più debole sia rispetto al nord Ovest che al dato medio italiano. Siamo gli ultimi della classe, per distacco: se il Nord Ovest è infatti quasi ai livelli precedenti il buio, l'Italia nel suo insieme sta più in basso, a circa 3 punti percentuali. Il Piemonte è ancora più staccato, a quasi 6 punti: il doppio.

A remare contro è sia un elemento demografico, con un calo di risorse e un invecchiamento medio evidente a tutti, ma anche un aspetto di produttività: qui sono i servizi a zavorrare un'industria che invece non ha fatto male, con livelli migliori rispetto al resto del Paese, anche se si rimane sotto il trend del Nord Ovest.

Preoccupa inoltre il dato della natimortalità delle imprese, calate anche nei periodi di ripresa e in maniera trasversale. Un fenomeno più pesante che nel resto del Paese. Certo non mancano le eccellenze, ma rappresentano il 7% del sistema, ad alta tecnologia, ma incidono di meno allo stato di salute dell'economia pur avendo quasi raddoppiato i loro fatturati dal 2007 al 2014. Siamo quindi ancora sotto i livelli pre-crisi e certi miglioramenti (come il grado di indebitamento) sono dovuti all'uscita dal mercato delle imprese più fragili. Quelle che si sono rafforzare, insomma, sono state quelle "superstiti".

Lo stesso discorso vale per il credito, tornato a crescere ma con un'offerta che si è fatta molto più selettiva. Tanto che la distanza tra imprese fragili e imprese considerate sicure è decisamente aumentata, anche in termini di tassi. Ancora basso il ricorso a canali di finanziamento non bancari, seppure in crescita. Un esempio arriva dal private equity, molto basso nel suo rapporto col Pil sia se confrontato all'Italia che al nord ovest (quasi quadruplo). E anche i PIR, fondi dedicati agli investimenti in società piemontesi, si sono fermati a 500 milioni. Crescono le aziende che emettono emissioni, ma il flusso resta negativo.

Massimiliano Sciullo

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