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Economia e lavoro | 03 luglio 2020, 10:18

Turisti zero, smart working e calo dei consumi: i locali pubblici torinesi dopo un mese restano al palo, ricavi dimezzati e rischio chiusura "di ritorno"

Tra chi ha riaperto, 8 attività su dieci accusano cali del fatturato anche del 50%, ma in alcuni casi si arriva anche al -70%. Resistono l'asporto e il delivery anche dopo il lockdown

Turisti zero, smart working e calo dei consumi: i locali pubblici torinesi dopo un mese restano al palo, ricavi dimezzati e rischio chiusura "di ritorno"

Riapertura sì, ripartenza no. A un mese dal riavvio (difficoltoso) del motore degli esercizi pubblici torinesi, il bilancio è ancora piuttosto pesante. Lo dice l'ultima indagine dell'Epat, che sancisce come per 8 attività su 10 che hanno rialzato le serrande i ricavi restino comunque inferiori alla metà del normale. Addirittura, c'è un 37% che deve fare i conti con cali anche del 70%.

“Purtroppo, anche se si poteva immaginarlo, ma la speranza che non fosse così c’era, i consumi in bar e ristoranti non ripartono - dichiara Alessandro Mautino presidente Epat Torino -. Mancanza del turismo, smart work di aziende ed uffici soprattutto pubblici, paura e difficoltà economiche dei consumatori son le cause che determinano questi tristi risultati”.

La metà dei locali sta ancora praticando l’asporto e vogliono continuarlo a fare, mentre solo il 33% continua con il delivery. Per questo secondo pur essendo la formula più moderna, si scontano le difficoltà logistiche, i costi delle piattaforme ed i vincoli igienico sanitari.

Si assottiglia al 5% il numero dei locali che ancora non hanno riaperto, ma vi sono già fenomeni di “chiusura di ritorno” con locali che hanno provato ad aprire per poi richiudere, mentre quasi tutti i chiusi proveranno ad aprire tra luglio e settembre.

Rimane fortissimo il dubbio di non poter rimanere ad organico pieno rispetto al passato e l’auspicio è che la Cassa integrazione utilizzata dal 75% delle imprese, (per quelle che non hanno osato farla cessare per tutti i propri dipendenti e son quasi la metà) continui sino a fine anno. 

Ottenuti i bonus e per il 60% dei richiedenti il credito bancario, un dato preoccupa: il 75% degli operatori teme fortemente il ritorno del virus in autunno. Per questo anche gli operatori, che pur con tutti i problemi, vogliono stare aperti per motivi di dignità del lavoro, intendono essere attenti alle esigenze sanitarie e criticano fortemente chi non le pratichi, invocando controlli.

“Sono tanti i timori degli operatori a dimostrazione che il virus ha picchiato duro -  precisa il direttore di Epat, Claudio Ferraro - dando la stura ad una vera incertezza per il futuro proprio e dei propri dipendenti, si attendono più drastici interventi di esenzione fiscale sia a livello statale che locale abolendo le accise, si auspica il ritorno ai consumi  pre-covid ma non s’intende correre il rischio di dover richiudere per motivi sanitari”.

Massimiliano Sciullo

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