Un’estate qualsiasi a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80.
31 luglio. 10 di sera.
Quartiere Mirafiori.
FIAT. Corso Tazzoli. Porta 1.
Gli operai escono di corsa dal secondo turno. Sono uomini e donne pronti a godersi le meritate vacanze.
Alcuni trovano già la famiglia ad attenderli fuori. Gli uomini: il portapacchi carico di valige, i bambini che saltellano eccitati sul sedile posteriore, le mogli indaffarate tra panini farciti e uva già lavata. Le donne: i mariti pronti al volante con il termos pieno di caffè.
“Papà”, sbadiglia Marco in pigiama e scarpe da ginnastica. “A che ora arriviamo da nonna?”
“Domani” risponde il padre, già diretto verso la tangenziale.
“Ti ho preso anche il cuscino, dormi tesoro”, gli accarezza il viso la madre, sporgendosi in dietro senza l’intralcio della cintura di sicurezza, il cui obbligo è ancora da venire.
Altri vanno di corsa a casa, s'infilano a letto per poi svegliarsi all'alba, prendere le valige, i bambini, la moglie, la suocera e cercare di partire prima di tutti. Nascono allora le partenze intelligenti.
“Anche la mia mastra va in ferie?” chiede Lucia alla sorella maggiore, guardando il cielo che si fa rosa.
“Tutti, ci va anche Marco” risponde Maria con gli occhi sognanti.
“Maria è innamorata, Maria è innamorata, Maria è innamorata!”
“Zitta cretina!”
“Maria non dire a tua sorella che è cretina”
“Mamma…”
“Fate le brave!”
“Ma chi è questo Marco?” chiede il padre.
“Nessuno, caro, guida, attento alla strada”
Altri ancora salgono sui treni diretti al sud, pronti a portare le novità dal nord e a tornare con le leccornie del meridione.
“Quest’anno voglio portare su almeno due scatole di fic’andiani”
“E la salsa?”
“Venti buatte!”
Gli occhi dei bambini guardano oltre i finestrini la città deserta che sfila davanti a loro. La grande fabbrica ha chiuso anche quest’anno e così, di conseguenza, fa tutta Torino. I negozi con le saracinesche abbassate, le strade vuote, il sole cocente che brucia sui tetti, e tutti scappano altrove.
I migranti, attraversando tutta la penisola o la pianura padana da ovest ad est, tornano dalle loro famiglie. Gli altri scelgono le campagne vicine, per stare un po’ al fresco e dare un’occhiata ai luoghi in cui sono cresciuti prima di andare a stare nella grande città. Poi ci sono quelli che non cercano le origini ma il mare, il divertimento e il meritato riposo da un lungo di lavoro “in linea”, questi scelgono la vicina Liguria “che l’aria è tanto buona”, oppure, la Romagna con le sue balere e l’allegria nell’aria.
Torino, sdraiata intorno al Po, si assopisce al sole. L’elegante ex capitale con un animo proletario lascia partire i suoi figli, per poi riaccoglierli tutti a fine mese. Tutti coloro che le danno colore e vita.
La nostra città, come tutte le città del nord, tra gli anni ’70 e gli anni ’80 ogni agosto si svuotava completamente, orfana di tutti i suoi abitanti che passavano le vacanze altrove.
Ora le cose sono diverse, Torino non rimane mai completamente vuota, per fortuna. E restare ad agosto in città non vuol dire più non avere un posto dove comprare il pane o un amico con cui fare quattro chiacchiere. Ma quelle estate lì, quelle partenze lì, ce le ricordiamo ancora tutti, con quella nostalgia fatta di Riviera Ligure, autostrada del sole, utilitarie piene fino all’inverosimile ma, soprattutto, di un’ingenua infanzia.