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Economia e lavoro | 15 ottobre 2020, 09:56

La strada dei vigneti alpini fa tappa in Val Susa: “Qui noi giovani viticoltori vogliamo ripopolare la montagna” [VIDEO e FOTO]

L’Avanà, il Becuet e il Baratuciat: da Chiomonte a Exilles, sono questi i vigneti d’alta montagna lavorati ogni giorno da giovanissimi ragazzi che sognano di far rivivere i loro paesi d’origine

La strada dei vigneti alpini fa tappa in Val Susa: “Qui noi giovani viticoltori vogliamo ripopolare la montagna” [VIDEO e FOTO]

Può un acino d’uva cambiare il destino di un paese d’alta montagna? Solo il tempo potrà rispondere a questo quesito, ma è innegabile come oggi siano proprio il vino e la viticoltura la scintilla per innescare un processo di recupero del territorio e di ripopolazione di quei paesi che nel corso degli anni hanno visto una fuga, un calo demografico evidente.

E’ camminando tra i vitigni autoctoni, in compagna di due giovani agricoltori della Val Susa come Enrico Cibonfa (azienda agricola Isiya) e Lorenzo Croce (azienda agricola ‘l Garbin) che ci si rende conto come la passione per la natura e per questo mestiere che si consuma ogni giorno tra i vigneti alpini, possano essere il volano perfetto per invertire il trend e riportare la gente a vivere in montagna.

Il primo ad accompagnarci nel tour tra i vigneti eroici è Enrico: “Siamo esattamente sul confine tra Chiomonte ed Exilles, gli ultimi due paesi dove si fa viticoltura in Val Susa. Queste terrazze erano abbandonate, ma nel 2010 le abbiamo ripiantate, acquistano i terreni dagli anziani delle famiglie del posto”. Il vigneto è a metà in piano e metà in terrazza, con una parte di superficie trattorabile e lavorabile meccanicamente. Qui, accompagnati dal suono degli animali al pascolo e dal rumore del fiume, si coltivano solo vigneti autoctoni: Avanà e Becuet.

Il titolare dell’azienda agricola Isiya si apre come un libro e racconta le tante cose belle che lo spingono ad amare questo mestiere: “Il poter rimanere nel mio paese d’origine, Exilles: parliamo di un paese piccolo, scarsamente popolato, che non ha attività che possano permettere a un giovane di rimanere sul territorio. Ecco, l’opportunità di rimanere a popolare e vivere il paese, recuperando il territorio circostante, è una delle cose che mi rende felice”. Un anno scorre lento, contraddistinto dal lavoro in vigna, in cantina e a contatto con il pubblico: “La parte viticola è rilassante, ma ci sono annate in cui c’è da mettersi le mani nei capelli. Di certo lo metti in conto se decidi di lavorare la terra”. “Sto molto bene a contatto con il pubblico: la degustazione, la fiera. Il luogo dove raccogli il frutto dei tuoi sforzi: quando le persone vengono a dirti che il tuo vino è proprio buono, lì è il momento in cui sei davvero soddisfatto” spiega Enrico.

Nonostante la giovane età, l’agricoltore si imbatte ogni giorno in problemi e svantaggi del mestiere. Il più impattante? La frammentazione: “Dal dopoguerra in avanti, gli ultimi terreni coltivati a vite sono stati abbandonati. Questi spazi sono tornati a essere bosco che circonda gli ultimi vigneti rimasti. Il bosco crea una pressione molto forte da parte degli animali selvatici”. La vera lotta quotidiana è proprio quella contro la fauna, che arrivano dal cielo o dalla terra rischia di rovinare mesi e mesi di lavoro in vigna. Le soluzioni messe in campo per arginare il problema, ovviamente, sono le più disparate: “Qui in alta valle recintiamo completamente l’appezzamento, in modo da impedire l’accesso in primavera a cervi, caprioli e camosci e in autunno ai cinghiali. Oltre ai recinti utilizziamo le reti antigrandine, per gli uccelli. C’è poi il problema dei tassi che scava sotto la rete: abbiamo dei dissausori con le onde ad alta frequenza e i cannoni a gas, come quelli che si usano in acquacoltura. Funzionano abbastanza, ma alla lunga la fauna si abitua e bisogna sempre modificarne la posizione per non far si che si abituino”. 

Sebbene i suoi coetanei facciano spesso tutt’altro nella vita, Enrico Cibonfa si professa comunque ottimista per il futuro di questo mestiere in montagna: “Sono molto fiducioso per il futuro della viticoltura in Val Susa. Vedo una crescita, il prodotto di queste zone alte di montagna è apprezzato, sta avendo sempre più richiamo nel mondo dell’enologia: spero di poter vedere una crescita della mia azienda della quale ora vivo solo io, mi piacerebbe farci vivere una o due famiglie intere. Sarebbe un sogno aiutare il ripopolamento della montagna”. E chissà che proprio la sua esperienza nel mondo della viticoltura non possano ispirare altri giovani a percorrere questa strada.

Lo stesso percorso tra i vigneti eroici è quello percorso da Lorenzo Croce, azienda agricola ‘l Garbin: In questo caso ci troviamo a Chiomonte, in un terreno ancora più ripido e scosceso. Difficile da lavorare. Lorenzo è giovanissimo, ma animato da una grandissima passione: “Da parecchi anni mi occupo della viticoltura in Val Susa. Come azienda siamo partiti nel 2006 e poi pian pianino siamo cresciuti. Diversifico la mia vita in due campi: faccio il cuoco, portando avanti la passione della ristorazione, e allo stesso tempo il viticoltore, gestendo la vigna e curando la parte di vinificazione. Io mi occupo della parte gestione vigneto e vinificazione, tutto quello che riguarda la cantina”.

Anche lui, cresciuto in questi luoghi, a differenza di tanti coetanei ama stare in mezzo al verde: “Voglio dare un senso al tutto, cercando di inserirmi nella viticoltura: è un bell’ambiente, sei sempre a contatto con la natura. Ci sono giornate in cui piove e non puoi lavorare, ma quando c’è il sole sono grandi soddisfazioni”. Certo, lavorare in montagna non è per niente semplice, soprattutto a Chiomonte:  “Qui in valle la viticoltura è particolare, molte operazioni si fanno ancora manualmente mentre in pianura ci sono i macchinari”. 

La vendemmia dell’azienda agricola ‘l Garbin è iniziata con il Baratuciat, il bianco autoctono, proseguita con l’Avanà per poi concludersi con il Becuet. “Il più difficile da lavorare è il Baratuciat - racconta Lorenzo -. Un anno produce di più, un anno l’anno dopo di meno”. Quando si lavora la terra, meteo, stagioni e condizioni variabili condizionano enormemente il lavoro e la qualità dell’umore. Il giovane agricoltore si è già abituato a questi ritmi di vita e li accetta senza alcun problema: “La primavera è il periodo che mi piace di più, insieme alla vendemmia. I mesi estivi sono i più pesanti, a fine giornata arrivo molto stanco, dovendo poi io fare due lavori. Ma si va avanti e si tiene duro”.

E’ sempre un po’ una scommessa, ma è un mestiere meraviglioso” conclude Lorenzo, prima di tornare a occuparsi dei suoi amati vigneti eroici.

Andrea Parisotto

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