La scuola del futuro? Bisognerà inventarsela. O meglio, re-inventarsela. Lo insegna l'attualità, così come la storia recente. E si chiamano "Patti Educativi di Comunità" il nuovo strumento che la Città di Torino vuole mettere in campo, in un contesto complesso come quello attuale. Un'azione che coinvolge le scuole, ma anche altri luoghi di apprendimento con le Università e non solo.
"L'obiettivo principale è condividere con il territorio una base comune di valori e obiettivi per costruire insieme in un momento così difficile - dice Antonietta Di Martino, assessora comunale all’Istruzione -. Tante le incertezze, ancora oggi, che ci portano a mantenere alta l'attenzione sui processi di apprendimento, soprattutto dopo le tante discontinuità dei mesi passati. Per questo è necessario creare alleanze tra gli addetti del settore, utilizzando il capitale sociale espresso dalle diverse entità formative, fino agli atenei e al centro di ricerca, ma anche tessuto sociale e volontariato".
Cinque gli obiettivi: individuare le necessità emergenti dei ragazzi, ma anche quelle formative del personale. Individuare le situazioni di povertà educativa (anche a causa del lockdown), sollecitare interventi delle istituzioni, attuarli e verificare la loro efficacia.
Il documento appena sottoscritto sarà mandato alle scuole cittadine sollecitando l'adesione, ma anche la promozione di progettualità legate ai propri, specifici territori. A gennaio, passate le Feste, una nuova riunione farà il punto della situazione per avviare l'accesso ai finanziamenti contenuti nel Decreto Agosto (in Piemonte 213mila euro).
Lo spazio di intervento è a 360 gradi: "L'obiettivo è innanzitutto non disperdere quelle iniziative che sono già state avviate e in corso - dice Di Martino - ma avanziamo anche proposte ed esempi come percorsi formativi, ma anche realizzazione di prodotti digitali per arricchire la didattica in aula o a distanza, ma anche la formazione di operatori museali digitali, figure in grado di trasformare la didattica in presenza a didattica a distanza. Senza dimenticare interventi specifici per le fasce più deboli".
"Il nostro primo obiettivo sarà quello legato ai docenti - aggiunge Giovanni Biondi, presidente di Indire, ente di ricerca di carattere nazionale, ma che ha anche sede a Torino - e vogliamo dare il nostro contributo per modificare e migliorare il modello di insegnamento secondo le nuove necessità".
"E' un progetto fondamentale - commenta Guido Saracco, rettore del Politecnico di Torino - che comprende i temi di sostenibilità, inclusività e nuove tecnologie. Principi a cui tutta la società italiana deve ispirarsi, così come l'Europa. L'emergenza Covid ci ha stimolato a creare nuove iniziative cercando di dare il meglio di noi stessi, lungo tutta la filiera della formazione. Ma mettere gli studenti al centro dell'offerta formativa prevede anche una revisione e un ripensamento degli spazi, a cominciare dalle aule".
Sulla stessa linea di pensiero anche Stefano Geuna, rettore dell’Università degli Studi di Torino che proprio nei giorni scorsi ha presentato i nuovi progetti per sostenere gli studenti con disabilità o difficoltà di apprendimento: "La rete tra enti formativi è l'unico modo per uscire da un momento così grande di difficoltà. Ma se già oggi ci stiamo sforzando di formare le nuove generazioni, anche di insegnanti, è chiaro a tutti che non si potrà tornare indietro e dovremo sfruttare - anche se in condizioni di maggiore normalità - le potenzialità delle nuove tecnologie. Inoltre, la prossimità dovrà essere una parola chiave per il futuro del nostro ateneo: un termine che non deve confondersi con provincialismo. Le radici sono qui ed essere prossimi a un territorio vuol dire continuare a coltivarle, per poterci proiettare sempre meglio su panorami internazionali".
"Il principio di sussidarietà pone nella Costituzione il fondamento di un coordinamento tra tutte le istituzioni - sottolinea Tecla Riverso, dirigente Ufficio Scolastico regionale per il Piemonte, ambito territoriale di Torino - anche perché la formazione e la didattica rappresenta un bene per la collettività. Questo momento di pandemia ha fatto emergere criticità che si possono superare con elementi che sono spesso già presenti nel nostro ambito, ma vanno valorizzati. Dobbiamo guardare ai ragazzi mettendo in campo tutto ciò che è necessario per poter intervenire".