Annunciazione. Dodici poesie intorno ad Auschwitz è la selezione di poesie di Primo Levi - scelte e introdotte dal critico e studioso Domenico Scarpa e interpretate dal regista, attore e direttore di TPE Valter Malosti - che questa sera, alle ore 21, inaugura online il ciclo Io so cosa vuol dire non tornare, progetto ideato e curato dalla Fondazione Circolo dei lettori assieme al Centro Internazionale di Studi Primo Levi.
TPE partecipa alla rassegna anche con un’altra nuova produzione, sempre a cura di Valter Malosti e prevista nelle prossime settimane: Protezione. Tre podcast per tre racconti di Primo Levi tratti da Vizio di forma e da Storie naturali (Protezione, Quaestio de Centauris e Ammutinamento).
I due titoli rappresentano le nuove tappe del percorso sull’opera e la figura dello scrittore intrapreso nel 2019 per il centenario della nascita, con il progetto Me, mi conoscete. Primo Levi a teatro. In quell'occasione, Malosti aveva diretto Fabrizio Gifuni nell’adattamento scenico de I sommersi e i salvati al Teatro Regio. Inoltre, aveva debuttato sul palco anche la prima versione scenica autorizzata dal 1966 del romanzo Se questo è un uomo, con 30.000 spettatori in tutta Italia, aggiudicandosi due nomination ai Premi Ubu 2019. Sempre di Malosti è la regia di Il sistema periodico, interpretato da Luigi Lo Cascio. E ancora TPE ha prodotto la versione scenica dei due "racconti minerali" Piombo e Mercurio interpretati da Nino D’Introna e Richi Ferrero.
Tutte le poesie di Annunciazione sono presenti nelle Opere complete, a cura di Marco Belpoliti, Einaudi Torino 2016, vol. II. I primi nove testi provengono da Ad ora incerta, raccolta pubblicata da Levi nel 1984; gli ultimi tre sono successivi, e saranno dunque una novità per quasi tutti gli ascoltatori.
1. Il primo Atlante
«Abissinia abissale, Irlanda iridata adirata»… Quando, al principio degli anni Trenta, Primo Levi era un ragazzo disponibile a ogni avventura, volle disegnare un suo Atlante pieno di colori, dove ciascun paese aveva forme bizzarre e suggeriva invenzioni di parole. C’era anche la Germania, «terra turchina di germi e di germogli». Il ragazzo Levi non poteva sapere che proprio da quel paese sarebbe germogliato un punto sulla terra chiamato Auschwitz e destinato a essere, qualche anno più tardi, la più memorabile delle sue avventure. Da quel «primo Atlante» del ragazzo Primo Levi si è scelto di cominciare una lettura delle sue poesie: dodici testi, che aprono Auschwitz e il Giorno della Memoria nelle direzioni più inattese.
2. Il tramonto di Fossoli
Quando Levi viene internato nel campo di Fossoli è già il presagio di un addio: all’Italia, alla vita, forse anche a un amore. Levi sceglie così di riproporre in italiano, traducendoli alla lettera, alcuni versi dalla più famosa poesia d’amore di Catullo, quella dei cento e mille baci a Lesbia.
3. Ostjuden
Al suo arrivo in Auschwitz, Levi incontra per la prima volta gli ebrei dell’Europa orientale, quelli che i nazisti chiamano con disprezzo Ostjuden, e per la prima volta sente parlare in yiddish. Con una poesia di pochi versi li descrive nella loro ostinata essenza morale.
4. Il canto del corvo
Scrivendo Se questo è un uomo Levi volle annunciare al mondo quella che definì «la mala novella» di Auschwitz. È un animale dal piumaggio nero, il corvo, a incaricarsi di cantarla in versi: versi che sembrano rivolgersi a noi lettori, e più ancora a eventuali orecchie tedesche, di ex aguzzini. Forse per questo Levi a un certo momento pensò di mettere in epigrafe all’edizione tedesca di Se questo è un uomo proprio questa poesia e non la celeberrima «Voi che vivete sicuri».
5. La bambina di Pompei
Levi ci presenta tre diverse incarnazioni di una vittima inerme nel corso dei secoli: la vittima di una violenza naturale, l’eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo, le vittime di una violenza umana, politica, deliberata, a Hiroshima o in un campo di sterminio.
6. Donna Clara, traduzione da Heine
Di Heinrich Heine, poeta tedesco dell’Ottocento di origine ebraica, Levi si divertì a tradurre, nel corso degli anni, molte poesie. Questa è una delle più ironiche, beffarde e sorprendenti: un dialogo, nel quale la lingua tedesca e lo spirito ebraico si stuzzicano a vicenda, fino a una conclusione imprevista.
7. Schiera bruna
Dopo la sua liberazione dal Lager, il 27 gennaio 1945, Primo Levi ha raccontato nel corso degli anni Auschwitz in modi diretti e indiretti. Qui una fila di formiche lungo un binario del tram gli ridesta un pensiero atroce: la voce e la mente gli si chiudono, mentre il Lager si riapre.
8. Pio
Il celebre sonetto T’amo, pio bove di Carducci diventa l’occasione per Levi per farne la parodia e nello stesso tempo la contestazione, dando voce a una vittima che altrimenti nessuno ascolterebbe: il bove. E non per niente la protesta del bove finisce con una esclamazione in yiddish, Ay gevalt!, che evoca altre violenze, e altre vittime ben conosciute e ricordate.
9. Annunciazione
Un’altra parodia, ancora più cupa, più sarcastica, più solenne, più secca. La scena è quella classica di un’infinità di dipinti antichi e moderni. Ma la nascita che qui viene annunciata – e non per niente l’intero progetto di letture deve il titolo proprio a questa poesia – è molto diversa da quella di Gesù Cristo.
10. Canto dei morti invano
Alla nascita di un uomo fatale corrisponde il destino delle vittime di tutti i tempi, e soprattutto di quelli più vicini a noi. A modo suo è un altro “atlante”, un elenco che Levi ha compilato nel 1985 e che non smette di essere aggiornato.
11. Il decatleta
Una poesia che è tutta una corsa, anzi, un complicato esercizio corporeo di distribuzione del fiato, delle energie. Ma alla fine è la stessa natura umana che si ribella, che protesta, e che interroga direttamente ciascuno di noi rivolgendoci un paio di domande essenziali.
12. Agli amici
Agli amici fu scritta alla fine del 1985 e fu consegnata in regalo appunto ai suoi amici più cari. È un augurio nel quale, insieme con la pace, si sente però la consapevolezza di tutto ciò che è accaduto, di tutto un passato da ripensare e da condividere.
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domenica 04 maggio
sabato 03 maggio