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Eventi | 14 gennaio 2021, 08:29

"Voi che vivete sicuri": le poesie di Primo Levi ad Auschwitz interpretate da Malosti

Inizia questa sera il ciclo "Io so cosa vuol dire non tornare", organizzato dal Circolo dei lettori con il Centro Studi Primo Levi. TPE collabora con "Annunciazione" e "Protezione"

valter malosti direttore tpe

Valter Malosti porta in scena Primo Levi

Annunciazione. Dodici poesie intorno ad Auschwitz è la selezione di poesie di Primo Levi - scelte e introdotte dal critico e studioso Domenico Scarpa e interpretate dal regista, attore e direttore di TPE Valter Malosti - che questa sera, alle ore 21, inaugura online il ciclo Io so cosa vuol dire non tornare, progetto ideato e curato dalla Fondazione Circolo dei lettori assieme al Centro Internazionale di Studi Primo Levi

TPE partecipa alla rassegna anche con un’altra nuova produzione, sempre a cura di Valter Malosti e prevista nelle prossime settimane: Protezione. Tre podcast per tre racconti di Primo Levi tratti da Vizio di forma e da Storie naturali (ProtezioneQuaestio de Centauris Ammutinamento).

I due titoli rappresentano le nuove tappe del percorso sull’opera e la figura dello scrittore intrapreso nel 2019 per il centenario della nascita, con il progetto Me, mi conoscete. Primo Levi a teatro. In quell'occasione, Malosti aveva diretto Fabrizio Gifuni nell’adattamento scenico de I sommersi e i salvati al Teatro Regio. Inoltre, aveva debuttato sul palco anche la prima versione scenica autorizzata dal 1966 del romanzo Se questo è un uomo, con 30.000 spettatori in tutta Italia, aggiudicandosi due nomination ai Premi Ubu 2019. Sempre di Malosti è la regia di Il sistema periodico, interpretato da Luigi Lo Cascio. E ancora TPE ha prodotto la versione scenica dei due "racconti minerali" Piombo Mercurio interpretati da Nino D’Introna e Richi Ferrero.
 
Tutte le poesie di Annunciazione sono presenti nelle Opere complete, a cura di Marco Belpoliti, Einaudi Torino 2016, vol. II. I primi nove testi provengono da Ad ora incerta, raccolta pubblicata da Levi nel 1984; gli ultimi tre sono successivi, e saranno dunque una novità per quasi tutti gli ascoltatori.
 
1. Il primo Atlante
«Abissinia abissale, Irlanda iridata adirata»… Quando, al principio degli anni Trenta, Primo Levi era un ragazzo disponibile a ogni avventura, volle disegnare un suo Atlante pieno di colori, dove ciascun paese aveva forme bizzarre e suggeriva invenzioni di parole. C’era anche la Germania, «terra turchina di germi e di germogli». Il ragazzo Levi non poteva sapere che proprio da quel paese sarebbe germogliato un punto sulla terra chiamato Auschwitz e destinato a essere, qualche anno più tardi, la più memorabile delle sue avventure. Da quel «primo Atlante» del ragazzo Primo Levi si è scelto di cominciare una lettura delle sue poesie: dodici testi, che aprono Auschwitz e il Giorno della Memoria nelle direzioni più inattese.
 
2. Il tramonto di Fossoli
Quando Levi viene internato nel campo di Fossoli è già il presagio di un addio: all’Italia, alla vita, forse anche a un amore. Levi sceglie così di riproporre in italiano, traducendoli alla lettera, alcuni versi dalla più famosa poesia d’amore di Catullo, quella dei cento e mille baci a Lesbia.
 
3. Ostjuden
Al suo arrivo in Auschwitz, Levi incontra per la prima volta gli ebrei dell’Europa orientale, quelli che i nazisti chiamano con disprezzo Ostjuden, e per la prima volta sente parlare in yiddish. Con una poesia di pochi versi li descrive nella loro ostinata essenza morale.
 
4. Il canto del corvo
Scrivendo Se questo è un uomo Levi volle annunciare al mondo quella che definì «la mala novella» di Auschwitz. È un animale dal piumaggio nero, il corvo, a incaricarsi di cantarla in versi: versi che sembrano rivolgersi a noi lettori, e più ancora a eventuali orecchie tedesche, di ex aguzzini. Forse per questo Levi a un certo momento pensò di mettere in epigrafe all’edizione tedesca di Se questo è un uomo proprio questa poesia e non la celeberrima «Voi che vivete sicuri».
 
5. La bambina di Pompei
Levi ci presenta tre diverse incarnazioni di una vittima inerme nel corso dei secoli: la vittima di una violenza naturale, l’eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo, le vittime di una violenza umana, politica, deliberata, a Hiroshima o in un campo di sterminio.
 
6. Donna Clara, traduzione da Heine
Di Heinrich Heine, poeta tedesco dell’Ottocento di origine ebraica, Levi si divertì a tradurre, nel corso degli anni, molte poesie. Questa è una delle più ironiche, beffarde e sorprendenti: un dialogo, nel quale la lingua tedesca e lo spirito ebraico si stuzzicano a vicenda, fino a una conclusione imprevista.
 
7. Schiera bruna
Dopo la sua liberazione dal Lager, il 27 gennaio 1945, Primo Levi ha raccontato nel corso degli anni Auschwitz in modi diretti e indiretti. Qui una fila di formiche lungo un binario del tram gli ridesta un pensiero atroce: la voce e la mente gli si chiudono, mentre il Lager si riapre.
 
8. Pio
Il celebre sonetto T’amo, pio bove di Carducci diventa l’occasione per Levi per farne la parodia e nello stesso tempo la contestazione, dando voce a una vittima che altrimenti nessuno ascolterebbe: il bove. E non per niente la protesta del bove finisce con una esclamazione in yiddish, Ay gevalt!, che evoca altre violenze, e altre vittime ben conosciute e ricordate.
 
9. Annunciazione
Un’altra parodia, ancora più cupa, più sarcastica, più solenne, più secca. La scena è quella classica di un’infinità di dipinti antichi e moderni. Ma la nascita che qui viene annunciata – e non per niente l’intero progetto di letture deve il titolo proprio a questa poesia – è molto diversa da quella di Gesù Cristo.
 
10. Canto dei morti invano
Alla nascita di un uomo fatale corrisponde il destino delle vittime di tutti i tempi, e soprattutto di quelli più vicini a noi. A modo suo è un altro “atlante”, un elenco che Levi ha compilato nel 1985 e che non smette di essere aggiornato.

11. Il decatleta
Una poesia che è tutta una corsa, anzi, un complicato esercizio corporeo di distribuzione del fiato, delle energie. Ma alla fine è la stessa natura umana che si ribella, che protesta, e che interroga direttamente ciascuno di noi rivolgendoci un paio di domande essenziali.
 
12. Agli amici
Agli amici fu scritta alla fine del 1985 e fu consegnata in regalo appunto ai suoi amici più cari. È un augurio nel quale, insieme con la pace, si sente però la consapevolezza di tutto ciò che è accaduto, di tutto un passato da ripensare e da condividere.

Manuela Marascio

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