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Cultura e spettacoli | 24 gennaio 2021, 10:23

La statua equestre di piazza Solferino, lontana dai "soliti" canoni artistici

Voleva rappresentare il valore e il coraggio di Duca Ferdinando di Savoia. Ma il cavallo è fatto così bene da oscurare un po' la figura del cavaliere

La statua equestre di piazza Solferino, lontana dai "soliti" canoni artistici

Passeggiando per la città si incontrano spesso monumenti equestri che ritraggono personaggi. E una piazza, a Torino, è sicuramente più ricca se al centro spicca un cavallo di bronzo.

Una delle statue più suggestive si trova in Piazza Solferino in asse con via Alfieri nello spazio compreso tra due aiuole rialzate; rappresenta il Duca Ferdinando di Savoia (fratello del re Vittorio Emanuele II) nel momento in cui incita i suoi soldati a riprendere la Bicocca durante la battaglia di Novara del 1849, episodio cruciale della prima guerra di Indipendenza. L’immagine dell’opera è di grande movimento, il cavallo stramazza piegando le zampe anteriori verso terra quella sinistra già poggiata al suolo, il duca, cercando di mantenere l’equilibrio, libera i piedi dalle staffe, la punta dello stivale destro a terra, con la mano sinistra regge le briglie.

Sprezzante del pericolo, tiene sollevata la spada continuando a incitare i suoi uomini. Il re Vittorio Emanuele II volle fortemente il monumento dopo la morte del fratello avvenuta nel 1855 a Torino e incaricò lo scultore della Casa Reale Alfonso Balzico.

Si dice che il sovrano disse allo scultore che se fosse stato necessario potesse ammazzare tutti i cavalli che voleva pur di rendere realistico quel momento. Ovviamente ciò non avvenne, ma questo aneddoto dice molto del legame che il re aveva con il fratello minore e il risultato non tradì le intenzioni iniziali. La cosa che sorprende di più della scultura è la novità del movimento immaginato dall’artista, un movimento complesso e arrischiato caratterizzato da linee che si urtano e si incrociano dando origine a un monumento strutturato su un’asse orizzontale, contrariamente a quanto definito dai canoni artistici della scultura che lo vedevano classicamente impostato su una linea verticale. Un riferimento speciale è sempre fatto al valore artistico del cavallo e in particolare alla sua testa che racconta dell’ultimo sforzo verso la vita con una convulsione di narici e bocca. Anzi la bellezza artistica del cavallo oscura un po’ quella dell’uomo. Ma ciò che voleva rappresentare era il valore e il coraggio del cavaliere: e certamente chiunque sosti anche solo per un istante fugace non può far finta di non accorgersene.

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