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Eventi | 11 febbraio 2021, 14:37

Muti a Torino con il suo Mozart napoletano: "Città e orchestra straordinarie. Tornare? Perché no"

L'opera "Così fan tutte", per la regia di Chiara Muti, sarà trasmessa in streaming gratuitamente l'11 marzo, grazie al sostegno di Reale Mutua

Riccardo Muti

Il Maestro Riccardo Muti_ph Todd Rosenberg

"Con Mozart ci troviamo al cospetto del divino. Nelle sue opere si avverte la presenza del creatore. Quando le si tocca, si va verso l'impossibile". Così il Maestro Riccardo Muti presentando Così fan tutte, coproduzione del 2018 tra il Teatro San Carlo di Napoli e la Wiener Staatsoper, diretta dalla figlia Chiara, che lo vedrà per la prima volta dirigere l'Orchestra e il Coro del Teatro Regio di Torino. Le prove sono già partite da diversi giorni, il debutto (in streaming) è fissato per giovedì 11 marzo, alle ore 20, e sarà visibile on demand fino al prossimo 30 settembre.  

Uno spettacolo che si avvale del contributo di Reale Mutua e che sigla il grande ritorno in città della bacchetta italiana più celebre nel mondo dopo una prima apparizione alla fine degli anni '60. "E' un allestimento in cui credo molto - ha detto -, difatti ho accettato subito la proposta del commissario Purchia. Ero molto curiosi di scoprire cosa avrei trovato, tornando a Torino, non avendo più visto né sentito l'orchestra per per molti anni. E ho ritrovato prima di tutto un atteggiamento di grande partecipazione, oltre disciplina artistica, sia tra i musicisti e i coristi sia in tutto il personale tecnico. Una grandissima disponibilità, sempre un tratto gentile e collaborativo che non è cos scontato trovare nei teatri, in questo periodo".

"Orchestra e coro - ha continuato - hanno lavorato molto bene, in pochi giorni hanno subito colto il mio concetto di suono per interpretare un capolavoro così difficile. Mozart è un po' come le farfalle: quando si accarezzano loro le ali, muoiono. Bisogna saperlo trattare. Faccio quindi i complimenti a tutti i professionisti, che hanno raggiunto un risultato molto soddisfacente. Può essere, quindi, che, in futuri, ritorni qui per dirigere un’altra opera". 

Con Così fan tutte, ultima opera buffa scritta da Mozart e andata in scena a Vienna nel 1790, si conclude la trilogia di opere italiane composte su libretto di Lorenzo da Ponte dopo Le nozze di Figaro (1786) e Don Giovanni (1787). Vi viene messa in scena la crudeltà dei rapporti tra i sessi e la pretesa maschile del dominio fisico ed esclusivo sulla donna; ma, per la prima volta nei drammi giocosi, la fedeltà messa alla prova è quella di due dame della buona società. Nonostante l’originalità della vicenda, Da Ponte si concede un fitto intreccio di citazioni che spaziano da Ovidio a Boccaccio, Ariosto, Marivaux e Goldoni.

La Napoli del ’700 fa da sfondo alle avventure di due giovani ufficiali, Guglielmo e Ferrando che, per provare la fedeltà delle rispettive fidanzate Fiordiligi e Dorabella, le corteggiano sotto mentite spoglie. Le avances hanno successo, ma ognuna si lascia conquistare dal fidanzato dell’altra. Il cinico Don Alfonso e la cameriera Despina, per amore della burla, organizzano un finto matrimonio, poco prima del quale viene svelato l’intrigo. Le ragazze chiederanno perdono e le due coppie, finalmente riconciliate, si ricomporranno.

Nel cast, un sestetto tutto italiano di notevoli talenti: Eleonora Buratto (Fiordiligi), Paola Gardina (Dorabella), Alessandro Luongo (Guglielmo), Giovanni Sala (Ferrando), Francesca Di Sauro (Despina) e Marco Filippo Romano (Don Alfonso). Il Coro del Teatro Regio è istruito da Andrea Secchi. Le scene sono di Leila Fteita, i costumi di gusto settecentesco di Alessandro Lai e le luci limpide di Vincent Longuemare. Maestro al fortepiano è Luisella Germano, assistente alla regia Tecla Gucci.

"In quest’opera - ha spiegato la regista Chiara Mutil’illusione è più reale della realtà stessa, e la scena immaginata è come una lanterna magica fatta di specchi che riflettono ciò che siamo nell’immaginario di chi ci sta intorno. Così fan tutte è un’opera metafisica, una riflessione profonda sull’essenza del nostro essere. Noi siamo attraverso lo sguardo degli altri".  

Un evento straordinario, per Torino, città meglio conosciuta da Muti solo in questi giorni, che non ha perso l'occasione per ringraziare il "sindaco" - con la desinenza rigorosamente al maschile, da purista del bel canto quale è - e decantare le ricchezze artistiche della prima capitale d'Italia. "Il 2020 è stato un anno orribile sul fronte della cultura, per Torino come per tutte le altre città - ha ricordato la prima cittadina Chiara Appendino -. Penso che l’eccezionalità di questo evento debba renderci orgogliosi, infondendoci innanzitutto la speranza di ripartire e superare questa fase di resilienza. Negli ultimi mesi ho cercato di costruire modelli diversi, alternativi per non far crollare la filiera culturale, ma non si arriverà mai a raggiungere la stessa potenza di un teatro aperto. Avere qui il Mestro Muti infonde tuttavia coraggio per tornare a rivivere con una nuova normalità l’offerta culturale. E anche la forza, simboleggiata dalla scelta di puntare sui giovani in un momento così difficile. Il teatro è socialità e comunità: ci faremo quindi portatori dell’eredità che ci viene lasciata". 

Dramma giocoso del disincanto, per Muti il Così fan tutte è "un universo misterioso e colmo di ambivalenze, proiettato verso una fine disincantata e cinica", che è la lettura professata da Don Alfonso: nessuno è immune dal tradire l’amato o l’amata e con questo occorre saper convivere.

L'atmosfera che si respira, in questi giorni, nel darle vita, è senza dubbio festosa, entusiasta, energica. Ma mutilata. "Si prova una grande sofferenza interiore ad avere un teatro vuoto, senza quella forza che soltanto il pubblico trasmette; una prova di resistenza, da parte degli artisti, che fa loro onore".

Lo ha ricordato Chiara Muti, che ha ribadito: "Il teatro non è il cinema e non lo sarà mai; lo streaming è solo un aiuto, per ora, ma quello che facciamo non può essere rinchiuso in 30 per 40 cm di schermo. Lo spettatore deve vibrare assieme ai cantanti e ai musicisti. Dopo un’aria importante sulla scena, ora avvertiamo solo un grandissimo silenzio, ma dobbiamo continuare. Non riesco a comprendere come i teatri siano ancora chiusi, luoghi in cui non si parla, si sta zitti e si guarda tutti verso una sola direzione, ci si riempie solo del cibo dello spirito e non cibo del supermentcato. Ora promuoviamo una diretta sul web, sì, ma dev'essere anche un appello a tornare fisicamente a teatro, perché di streaming io non ne posso più". 

Manuela Marascio

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