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Attualità | 26 febbraio 2021, 10:20

Quindici anni dopo la cerimonia di chiusura: cosa resta a Torino dell'eredità a Cinque Cerchi? [FOTO E VIDEO]

Alcune strutture come il Pala Alpitour, il PalaVela o l'Oval continuano a funzionare, ma zone come il Moi, i Mercati generali e alcuni simboli di quei Giochi sono ancora ostaggio del degrado. Neve, Gliz e Aster su tutti

Galleria di foto di Torino Olimpica

Una galleria di immagini della Torino Olimpica dopo 15 anni dai Giochi Invernali /Foto Daniele Angi, Andrea Parisotto, Massimiliano Sciullo

Quindici anni dopo, passata la sbornia del "Passion Lives Here", restano i dolori, le ferite aperte, i segni profondi che solo adesso qualche cantiere prova a riparare, ma il cammino verso la rinascita appare ancora molto lungo.

Se il 10 febbraio 2006 ha sancito l'inizio dell'avventura a Cinque Cerchi per Torino, il 26 febbraio, con la cerimonia di chiusura, ha spalancato le porte alla nostalgia, ma anche al degrado, agli interrogativi e alle occasioni sprecate.

[Video di Manuela Marascio]

L'eredità, tra la metropoli e le valli Olimpiche

In città, certo, ma anche nelle valli che da quell'anno sono diventate per tutti le Valli Olimpiche, ma che di quei giochi hanno conservato ben poco. Simboli e vecchie vestigia, ma non molto di più.


[L'insegna dei Giochi del 2006 all'interno di una rotonda]

Qualche impianto per lo snowboard, alcune migliorie per lo sci alpino, ma altri monumenti come i trampolini del salto o la pista da bob sono rimasti a testimoniare in maniera plastica il significato della parola "cattedrale nel deserto".


[Il vecchio impianto per lo snowboard a Bardonecchia]

E all'ombra della Mole? Il capoluogo piemontese - in ossequio ai Giochi invernali - rappresenta uno slalom tra ciò che ha trovato una sua seconda vita e ciò che invece ha fermato le lancette del tempo al 2006, cadendo ostaggio del degrado e dell'abbandono.

Lingotto: la ferita del Moi (ma non solo)

Una delle zone maggiormente segnate dal rinnovamento in vista dei Giochi e poi lasciate andare senza soluzioni che davvero gettassero le basi per un futuro è senza dubbio quella del Lingotto. Bastano tre lettere, per sintetizzare il concetto: M-O-I. L'ex villaggio diventato poi sede di abitazioni private, ma presto trasformato in rifugio per disperati, fino allo sgombero di poco tempo fa. Al momento è in funzione un cantiere per il risanamento, la parziale demolizione e il recupero, ma l'esperienza rimane impressa nella memoria dei residenti e dei torinesi tutti, simbolo di un fallimento complessivo che oggi nemmeno i blocchi di cemento collocati a murare gli ingressi e le finestre è in grado di coprire. 


[Le palazzine ex Moi con il cantiere di ristrutturazione]

Mercati generali, una zona in cerca di vocazione

Pochi isolati prima, invece, sono i Mercati generali a indicare quanto i percorsi di riconversione abbiano fallito. Qui la storia affonda a parecchi decenni prima delle Olimpiadi: lì dove era tutto un brulicare di commerci e scambi, fin dalle prime ore della mattina, dopo anni di stallo si insediò l'anima olimpica. Restauri, lavori di rilancio, ma dopo la cerimonia di chiusura quegli ampi spazi rimasero un enorme punto interrogativo sulla destinazione d'uso e sull'utilizzo. Ultima fermata, il 2013 con l'edizione di Paratissima. Poi più nulla.


[Le arcate degli ex mercati generali]

Anche qui, da mesi ormai, sono comparsi pannelli che sembrano presagire un cantiere, ma i lavori sono fermi, mentre all'interno degli spazi coperti si alternano macerie, rimasugli di presenze umane e bancali di legno. A testimonianza dei Giochi, solo due scritte (una per lato) di Torino 2006. Sono scrostate e dominano su quei pali colorati con la T in cima che una volta scandivano le strade della città olimpica e ora attendono mestamente un futuro.

Lasciandosi alle spalle i mercati generali, lo scenario cambia: ecco la Passerella olimpica: creazione ambiziosa ed elegante che ha davvero cambiato il volto a questa fetta di Torino, ma anche la viabilità e gli spostamenti, visto che ora è possibile in pochi passi superare la ferrovia e arrivare al Lingotto. Certo, non mancano i lati negativi, a partire da un ascensore che ha passato più tempo fermo che in funzione e che spesso è cornice di sporcizia e odori nauseabondi che poco lasciano di mistero sull'uso che se n'è fatto di quei pochi metri quadri.


[L'arco olimpico sopra la passerella]

Affacciandosi dalla Passerella, si scorge l'Oval, una delle costruzioni "nuove" che sorsero per le Olimpiadi invernali. Utilizzato adesso per eventi fieristici (Covid permettendo), si trova a pochi passi da un altro cantiere che - suo malgrado - è diventato storico e segna gli errori della Torino recente, il grattacielo della Regione.


[L'Oval, quasi nascosto dietro le macchine parcheggiate]

Il sorriso triste (e abbandonato) di Neve, Gliz e Aster

E proprio ai margini della zona Lingotto, già con entrambi i piedi a Mirafiori, uno degli angoli di parco Colonnetti è "vegliato" da quel che resta - anche in maniera piuttosto iconica - dei Giochi. Le tre statue che rappresentano Neve, Gliz e Aster: le tre mascotte (compresa quella per i Giochi Paralimpici), ma che ormai hanno solo il sorriso di quegli anni. Il resto è amaramente sporco, danneggiato, se non addirittura mancante: proprio Aster, infatti, attualmente è tagliata in due e ne resta soltanto metà. Un biglietto da visita (o cartolina di saluto) davvero imbarazzante per la città.


[Neve, Gliz e quel che resta di Aster in via Artom]

Mascotte decapitate nel parco che celebra il mito di Mennea

A qualcuno però è andato peggio. Basta infatti fare un giro dalle parti del nuovo parco Pietro Mennea, costeggiando la ferrovia, per imbattersi nelle sagome decapitate di Neve e Gliz. Le due mascotte giacciono sdraiate, dimenticate da tutti. I tanti ragazzini che poco distante si divertono sugli skateboard o giocano a ping-pong, nel 2006 forse avevano appena qualche anno e probabilmente non sono nemmeno in grado di riconoscere i due simboli delle Olimpiadi di Torino 2006. Certo, il fatto che non abbiano nemmeno più la testa probabilmente non aiuta, anzi. Dopo anni di abbandono, nessuno si è nemmeno degnato di rimuovere ciò che rimane delle due simpatiche mascotte.


[E' andata decisamente peggio a Neve e Gliz lungo via Tirreno]

Il PalaVela in cerca di consolazioni, ma con un vicino scomodo

Un altro impianto che aveva trovato nuova vita con i Giochi del 2006 fu il PalaVela, dall'architettura unica e suggestiva. Ristrutturato e riportato ai fasti di un tempo - venne realizzato per Italia 61 - così come l'Oval, negli anni ha trovato un suo utilizzo (basket, soprattutto), anche se mai una vocazione definitiva (come accade per esempio al PalaTazzoli, nel corso omonimo, diventato la casa degli sport su ghiaccio, hockey e pattinaggio).


[La storia che accompagna il PalaVela]

Più scomodo, accanto al PalaVela, un ospite che nulla ha a che fare con i Giochi, ma che rappresenta altrettanto bene l'idea di una città che non sa rinnovarsi. Si tratta del Palazzo del Lavoro, nato dall'ingegno di Nervi e oggi abbandonato a se stesso, nel cuore di Nizza Millefonti.

La zona del Grande Torino, tra Isozaki e il braciere: qui resiste lo spirito dei Giochi 

Un'altra testimonianza grandiosa dei Giochi Invernali del 2006 domina invece Piazza D'Armi. Là, lo stadio che oggi porta il nome del Grande Torino e che ospita le partite casalinghe dei granata, all'epoca fu la cornice delle cerimonie di apertura e chiusura, con fuochi d'artificio e celebrazioni. A pochi passi, il PalaIsozaki (oggi Pala Alpitour, con lo sponsor a coprire il nome dell'architetto giapponese che l'ha progettato), che si prepara a ospitare le gare delle ATP Finals dal prossimo autunno. Qui, con lo sport che non ha mai smesso di pulsare, sembra davvero uno dei (pochi) luoghi in cui lo spirito olimpico sembra essersi conservato intatto.



[Il braciere fa da muto testimone sopra lo stadio Olimpico, oggi Grande Torino]

Su tutta la zona, impossibile non notarlo, domina il braciere che fu costruito apposta per lasciare ardere la fiamma olimpica durante i giochi. Ma, spento al termine della cerimonia di chiusura, è forse lui l'unico testimone silenzioso di un tempo che è passato e che Torino non vuole scordare.

Corso Novara, là dove c'era la "casa" del Toroc

Se c’è un luogo che ha trovato nel tempo una nuova vita, è l’ex sede del comitato organizzatore delle Olimpiadi. Oggi, infatti, in corso Novara angolo via Bologna, a due passi dalla sede della polizia municipale, è sorto un nuovo centro per uffici ribattezzato “The Login”. Il progetto firmato Immo Group, Growth Design e FondoRho Plus è ormai pronto, quasi ultimato. Gli operai sono al lavoro per l’inaugurazione del centro uffici, con una caffetteria, un’autorimessa e spazi polifunzionali. Un mondo diverso da quel miscuglio di lingue provenienti da ogni angolo del pianeta che animò quelle settimane magiche del 2006, ma un esempio della trasformazione vissuta dall’ex Torino olimpica.


[La sede che fu del Toroc, in corso Novara]

Massimiliano Sciullo e Andrea Parisotto

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