Risorsa, collaborazione o minaccia? La presenza dei macchinari sul luogo di lavoro da decenni è oggetto di timori e di dibattito. Ma la questione si è fatta sempre più di attualità da quando, in azienda, sono arrivati i cosiddetti "cobot", ovvero i robot collaborativi: pensati per semplificare e agevolare le attività ripetitive degli uomini, ma anche un possibile motivo per farne a meno, degli uomini.
Da Torino l'impulso per a una Carta nazionale
Ecco perché, da Torino, arriva la proposta di una "Carta delle Idee" sulla robotica collaborativa, una sorta di road map da condividere e da seguire nell'immediato futuro, quando la cosiddetta "tecnologia abilitante" sarà sempre più diffusa nel nostro Paese (e non solo). E che coinvolte, insieme alle aziende, anche i sindacati, così come i centri di ricerca e le istituzioni incaricate della formazione, scuole innanzitutto. Il manifesto che è stato redatto sulla base delle idee di alcuni dei maggiori esperti di automazione e robotica del Paese, intervenuti nel corso degli Stati Generali della Robotica Collaborativa dello scorso 26 novembre.
"Manifattura agile, agroalimentare, salute e ispezione alla manutenzione sono le quattro aree in cui è individuata la presenza di un robot, cui abbiamo aggiunto la guida autonoma e una nuova area applicativa di grande interesse come quella degli ambienti ostili e non strutturati, trasversale a tutte le aree precedenti", aggiunge Bruno Siciliano, docente di robotica presso l’Università di Napoli Federico II e coordinatore del team di lavoro sulla robotica all’interno del Ministero dell’Università e Ricerca. "Nel momento in cui si parla di distanziamento fisico e smart working - aggiunge - questo si può applicare anche attraverso l'utilizzo di macchine a distanza, insieme al computer. Veniamo da un ventennio di grande esplosione delle tecnologie di comunicazione e informazione: ora che diamo realtà fisica all'intelligenza artificiale, dando un corpo, stiamo dando futuro alle tecnologie dell'interazione".
I sindacati: "Inserire la formazione nei contratti nazionali"
Ma al di là del progresso e dell'innovazione, ciò che più da vicino preoccupa chi già fa parte del mondo del lavoro è l'impatto delle macchine sul luogo di attività. "La nostra proposta è inserire all'interno dei contratti nazionali di lavoro la formazione specifica per la robotica collaborativa - dice Francesco Messano, sindacalista Uilm -. Questo aiuterebbe i lavoratori ad arricchire il proprio profilo professionale, rendendoli più spendibili, ma al tempo stesso rafforzerebbe il patrimonio dell'azienda stessa. Inoltre, senza lavori gravosi, si ridurrebbero i rischi di infortunio per gli addetti, con un passo avanti in termini di sicurezza".
"Questa Carta è il contributo che Universal Robots offre al sistema Paese – commenta Alessio Cocchi, country manager Italia dell’azienda danese che ha la sua sede proprio a Torino – per supportarne l’evoluzione e la crescita, andando a incidere su diversi ambiti: dalla manifattura alla scuola, dalla contrattazione collettiva alla ricerca scientifica".