Gli Est-Egò sono una band alternative-psichedelica nata a Torino nel 2015. Nella loro musica tentano di ricreare a livello sonoro dimensioni oniriche e spaziali che si traducono in una ricerca sonora e concettuale inconfondibile.
Nel primo Ep omonimo, edito nel 2016, il mito e la fantascienza si fondono nei racconti di gesta di popoli sconosciuti, titani, alieni, profeti e semi-dei. Nell’ottobre 2020 pubblicano il nuovo singolo 'I Film Sui Samurai', brano che apre il nuovo ciclo creativo della band torinese che a dicembre 2020 entra nel roster dell’etichetta indipendente torinese Bunya Records. L’ultimo singolo “Vodka sui Cowboy” è uscito il 25 maggio.
Come si sono formati gli Est-Egò e perchè si chiamano così?
I presupposti per gli Est-Ego c’erano già ma mentre facevamo un “roccaccio” anni Novanta sotto il nome di Naked Party non lo immaginavamo neanche. Dopo l’ultimo concerto a distorsioni spiananti ci siamo guardati in faccia coi fischi nelle orecchie e ci siamo detti “Adesso basta”. Abbiamo provato a improvvisare qualcosa lontana da ogni nostra abitudine musicale e così è nato il primo brano del primo disco. Cercavamo qualcosa di pulito ed evasivo. Il riverbero naturale del luogo dove provavamo ci venne incontro iniziandoci a nuove direzioni senza che neanche ce ne accorgessimo. Ci chiamiamo così perché volevamo qualcosa che suonasse esotico e fresco ma non troppo dichiaratamente. Ogni nome di isola, città ecc suonava come un pugno in faccia. I nomi composti ci riportavano tutti a robe tipo Teatro Degli Orrori e via dicendo, cose che ci sembravano di un epoca conclusa. Così ci siamo inventati un nome che non volesse dire niente ma potesse suggerire cose.
Cosa ispira la scrittura dei vostri testi?
Prendiamo delle esperienze che abbiamo vissuto e proviamo a raccontarle come filtrate da uno sguardo psichedelico. Per cui le zanzare del lungo Po diventano dinosauri su rumorose moto da cross, i personaggi della notte torinese sono alieni e le ombre nella stanza esseri di un’altra dimensione tesi nella nostra. È un po’ lo sguardo delle suggestioni che si hanno da bambino. Dove tutto significa altro e ogni cosa cela un’anima segreta.
Nel vostro ultimo singolo “Vodka sui Cowboy” raccontate di una classica serata torinese tra cocktail e celerini (presunti), sono ricordi di episodi precisi o immaginazione reale?
Appunto. Si tratta di ricordi ben precisi come rielaborati da un sogno. Immaginiamo l’attacco dell’antisommossa cowboy nelle riserve indiane del divertimento notturno. O qualcosa del genere. Una controffensiva a colpi di pistole a vodka e una rimpinzata di pizza al trancio dopo la battaglia.
Il video del brano passa in rassegna i vizi umani, che rapporto c’è tra questi e la musica?
Nelle canzoni si raccontano spesso tutte quelle cose che hanno bisogno di essere affrontate ed esorcizzate. Scrivere è mettersi davanti al proprio demone, entrarci in profondità, accettarlo e andare avanti. Ogni volta che si ricanta una propria canzone si ritorna a una consapevolezza un po’ più lucida di quello che siamo.
Avete in cantiere nuovi pezzi o magari un disco/Ep?
Abbiamo alcune nuove canzoni, un sacco di bozze, frammenti, stralci di testi. Dobbiamo solo metterci a tavolino e organizzare questa matassa.
La vostra Torino musicale e non?
Durante la pandemia ci siamo sentiti un po’ sotto una campana di vetro. Con la sensazione di non saper bene dove tendere la mano e cosa aspettarci dal vuoto. Con l’arrivo del caldo è un po’ come se queste pareti si dischiudessero e iniziassimo a vedere i contorni di quello che avevamo lasciato. Torino, la nostra musica, le quasi normali abitudini sembrano esserci sempre, ma stiamo ancora mettendo a fuoco.
I live sono ufficialmente ricominciati, siete pronti? Potremo sentirvi dal vivo?
Molto presto, ma ancora non sveliamo nulla.